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 2008  settembre 03 Mercoledì calendario

Corriere della Sera, venerdì 3 ottobre «Non è stata una sceneggiata napoletana, né la recita di un canovaccio scritto da Berlusconi o da altri

Corriere della Sera, venerdì 3 ottobre «Non è stata una sceneggiata napoletana, né la recita di un canovaccio scritto da Berlusconi o da altri. Trovo fuori luogo le polemiche sull’attribuzione dei meriti. La trattativa Alitalia è stata un pezzo di storia. Una cosa vera, alla luce del sole, sotto gli occhi degli italiani». Dal finale già scritto, professor Fantozzi? «No. Il finale è rimasto in dubbio sino all’ultima sera. A mezzanotte e mezza ho chiamato mia moglie dicendo: è finita, hanno rotto, vengo a casa. Colaninno aveva rinunciato, diceva: a queste condizioni i miei non mi seguono. Alle tre di notte, dopo che il sindacato era venuto incontro, hanno firmato». Colaninno come si è comportato? «Mi ha colpito molto il suo discorso a Palazzo Chigi. Un uomo capace di coraggio e di sopportazione. All’interno della Cai non tutti la pensavano come lui». La Cai non era compatta? «Lo era, ma non tutti sopportano di prendersi monetine e insulti come "assassini" e "banditi". Per me non è stato un problema: ho fatto il ’68 dall’altra parte della barricata, da professore». Diceva di Colaninno. «Non l’ha fatto per fare un piacere a Berlusconi. Certo, neppure per la gloria. La cordata punta a fare profitto. Gli investitori l’hanno capito, e mi risultano parecchie richieste di entrare». Fare profitto rivendendo? «Non prima di cinque anni, e forse neppure dopo. Se la nuova Alitalia sarà redditizia, perché venderla? Se l’intenzione fosse quella, non sarebbero stati così stringenti nelle trattative». Aperte da un ultimatum. Lei e Sacconi parlaste di poche ore di tempo. Non è stato un errore? «Io non ho posto ultimatum. Ho sempre detto la verità: con il crollo delle prenotazioni, che l’8 settembre erano 124 mila e il 22 erano scese a 42 mila, con le richieste di rimborsi, con l’American Express che ci bloccava l’operatività, i margini erano strettissimi». E Sacconi? «Sacconi ha spinto, com’era comprensibile. Il governo aveva bisogno di accelerare i tempi della partita. Forse l’ha fatto troppo bruscamente». Ed è sceso in campo Gianni Letta. «Gianni Letta è sempre stato in campo fin dall’inizio. L’artefice». In assenza di Berlusconi. «Non è così. Siamo stati da lui a Palazzo Chigi. Berlusconi non era al tavolo, ma la sua presenza si è sempre sentita». Veltroni fa bene a rivendicare meriti? «Sì. Quando ci fu la rottura, ha contribuito a riportare al tavolo Epifani». Epifani è stato troppo rigido? «Epifani si è trovato di fronte a una serie di chiusure successive. Su un punto Sacconi ha ragione: i sindacati avrebbero potuto chiudere tutti assieme. Persa la chance, è finita con un epilogo significativo: i primi a firmare all’inizio, Bonanni e Angeletti, sono stati gli ultimi a chiudere». D’Alema ha avuto un ruolo? «Credo proprio di sì». Il bel tenebroso Berti? «Ha saputo accettare un ridimensionamento del potere eccessivo che avevano i piloti nella vecchia Alitalia. Facendo alla lunga l’interesse dei piloti stessi». E paventando incidenti aerei. «Un errore, da non drammatizzare ». Maruska e le hostess che esultano? «Stesso discorso. Non ne sono rimasto affatto turbato. Esultavano per un risultato. Erano in gioco vite, carriere. Altre hostess piangevano».  vero che il creditore più esigente è stato l’Eni? «Sì. Ancora oggi firmo ogni giorno un bonifico da un milione e 400 mila euro, altrimenti l’Eni non ci dà il carburante». Quindi non era il governo a fare pressione? «Lo chieda a Scaroni». Schlesinger e altri grandi civilisti l’hanno esortata a non trattare solo con Cai. «Non voglio entrare in polemica, ma è stato come dire: "Piove, apri l’ombrello". Eccesso di zelo. Apprezzo i consigli degli illustri colleghi, ma fin dall’inizio sono sempre stato aperto ad altre offerte. Che però non c’erano. E, con tutto il rispetto, non dipendeva da un’inserzione sui giornali». Ma da quando ha pubblicato il bando sono arrivate 58 offerte. «Ora sono 59, di cui alcune c’erano già prima. Tutte però riguardano singoli asset. Nessuna macro-offerta per Az Fly, per l’azienda di volo. Vede questi numeri di telefono? Sono di Spinetta, Air France. Mayrhuber, Lufthansa. Maynard, British. Ho parlato con tutti e tre. I primi due mi hanno risposto: siamo interessati, ma non senza la Cai, e non prima che si risolva la trattativa sindacale. La British era meno interessata ». Air France era disposta ad accollarsi pure i debiti, e ora non fa un’offerta per aerei e slot? «In questo stesso ufficio, Spinetta mi ha detto: "Non mi infilerei mai più in quel ginepraio"». Qual è secondo lei il partner migliore? «Non sta a me dirlo. L’Air France lavora più sulle masse, sui turisti, e manterrebbe l’assetto attuale. Lufthansa punta alla clientela business. Che è al Nord». Quanto pagherà Cai per Alitalia? All’inizio dovevano essere 400 milioni. C’è chi dice che saranno meno. «Il mio vero lavoro comincia adesso. Cai non potrà pagare meno del prezzo che il perito nominato dal governo indicherà. Io ho affidato un’altra perizia a Rothschild. Se vogliamo consegnare la cloche a Cai il primo novembre, senza lasciare gli aerei a terra, i tempi sono stretti». Cioè? «Devo ricevere una proposta vincolante fra il 13 e il 15 ottobre, e il contratto definitivo entro il 20». Ma quanto vale Alitalia secondo lei? « una valutazione complessa. Alitalia è una compagnia che viaggia al ritmo di cinquecento voli al giorno, di cui il 95% puntuali: meglio di un anno fa. Ma, più vola, più perde. Dipenderà anche da quanti aerei chiederà di comprare Cai: mi risulta che potrebbero essere più del previsto». L’italianità per lei conta? «A giudicare dalle reazioni, da chi mi ferma per strada, dalle telefonate di gente che organizza la colletta - 5 mila euro a testa per salvare Alitalia -, l’italianità conta. Penso che faccia piacere, arrivando in un aeroporto straniero, vedere gli aerei con il logo tricolore ». Fa piacere anche scegliere l’offerta migliore tra Alitalia e Air One. Ora non sarà più possibile. «Non è detto. L’Antitrust ha gli strumenti per intervenire. Anche sui prezzi». Nulla da rimproverarsi? «No. Io sono un indipendente. Non sono il tappetino del governo. Repubblica ha scritto che non devo fare il ministro delegato. Questo pericolo non c’è mai stato, e non c’è». Aldo Cazzullo