Margherita Belgiojoso, L’espresso 9/10/2008, pagina 100, 9 ottobre 2008
L’espresso, giovedì 9 ottobre Nella baia ucraina di Balaclava un grande tunnel entra nella montagna: scavata dentro la roccia c’è una cittadella intera di corsi d’acqua, passaggi segreti, ponti e stive, gallerie di cemento armato anti-atomiche profonde 20 metri rifugio perfetto per Capitano Nemo
L’espresso, giovedì 9 ottobre Nella baia ucraina di Balaclava un grande tunnel entra nella montagna: scavata dentro la roccia c’è una cittadella intera di corsi d’acqua, passaggi segreti, ponti e stive, gallerie di cemento armato anti-atomiche profonde 20 metri rifugio perfetto per Capitano Nemo. Vent’anni fa questo era uno dei luoghi più segreti dell’impero sovietico, qui venivano immagazzinati e riparati i sottomarini della gloriosa flotta russa del mar Nero. Oggi questo è solo un museo, visitato ogni anno da migliaia di nonni e bimbi ucraini. A Sebastopoli c’è la base della flotta russa del mar Nero, e questa spettacolare città di mare, dalle colline punteggiate di palazzi neoclassici di un bianco accecante, continua a essere la sede della più importante delle tre flotte militari russe: la città fu costruita dai russi 250 anni fa, e oggi la popolazione locale è per il 90 per cento russa, il 35 per cento lavora per i marinai russi ed è convinta che siano i russi, e non gli ucraini, i responsabili della sua difesa. Mosca a Kiev paga per l’affitto della base 98 milioni di dollari all’anno, scalati ogni dicembre dal debito complessivo dell’Ucraina verso la Russia, e 6 milioni di dollari versati da Mosca a Sebastopoli per l’utilizzo di strade e servizi comunali. Il contratto di locazione scade nel 2017, e il presidente ViktorYushchenko ha detto di non volerlo rinnovare: vuole entrare nella Nato, ed è difficile che l’Ucraina possa farlo continuando a ospitare sul suo territorio la flotta di uno Stato nemico. La passione di una (piccola) fetta di ucraini per la Nato ha subìto un’accelerazione dopo l’8 agosto e la guerra in Sud Ossezia ha fatto un’altra vittima: la coalizione arancione, quel fragile sodalizio tra Yushchenko e Yulia Tymoshenko che governa faticosamente Kiev dalla rivoluzione del 2004. Il giorno dopo la guerra tra Mosca e Tbilisi, Yushchenko si è schierato al lato del presidente georgiano, condannando Mosca, imponendole misure durissime per i movimenti della flotta del mar Nero (che i russi hanno del tutto ignorato) e facendo dell’adesione di Kiev all’alleanza politico-militare occidentale un obiettivo ancora più urgente. Subito dopo è stata sollevata anche la questione dei passaporti russi: a Kiev si teme che Mosca cominci a distribuire passaporti in Crimea. Ufficialmente la legge ucraina vieta la doppia nazionalità, ma quanti passaporti di Mosca ci siano veramente tra Evpatoria e Yalta è un’incognita. "Chiedetelo a loro quanti passaporti hanno distribuito in Crimea. A noi certo non vengono a dirlo, e neppure chi ce l’ha ce lo dice, lo tengono nel cassetto e lo usano soltanto per attraversare la frontiera, e a noi esibiscono quello ucraino per ricevere pensioni e stipendi", dice il rappresentante del partito di Yushchenko, Nash Ucraina, a Simferopoli, capitale amministrativa della Crimea. La posizione fortemente anti-Mosca di Yushchenko ha irritato il Cremlino, ma anche gli stessi partner del presidente ucraino, in primis la Tymoshenko. Che ha proposto misure per diminuire i poteri del presidente, generando una crisi che ha portato in una settimana allo scioglimento del governo con rischio di elezioni anticipate. Ancora una volta l’Ucraina è ostaggio dello scontro tra i suoi due leader e delle loro ambizioni in vista delle elezioni per la carica più alta: se Yushchenko, che gode appena del 6 per cento della simpatia nazionale, gioca la carta Nato, la Tymoshenko (che conta oggi sul 25 per cento dei consensi) prova per la prima volta ad adottare toni filo-Mosca per accattivarsi i voti dell’Est e il sostegno sottobanco della Russia. Ufficialmente non retrocede dalla posizione di ingresso ucraino alla Nato, ma smorza i toni e allunga i tempi. Molti analisti sono convinti che se Mosca è stata pronta a far la guerra per due regioni caucasiche, lo sia sicuramente per la sua Crimea, regalata, e mai dono fu più rimpianto, da Kruscev all’Ucraina nel 1954. "La leadership politica russa sta prendendo in considerazione l’idea di poter usare la forza militare per proteggere i suoi interessi vitali e per fronteggiare quello che considera un rischio alla propria esistenza, ovvero l’ingresso ucraino nella Nato", scrive il politologo Georgy Bovt sulla rivista ’Russia Profile’: "Non importa quanto sembri esagerata questa prospettiva. Solo qualche anno fa, l’idea che la Russia avrebbe un giorno litigato con la Georgia sembrava assurda.". In Crimea vivono ’russi dal sangue puro’, come vengono definiti gli abitanti della penisola sul mar Nero, gente che Leopoli non sa dove sia e che in ucraino non conosce neppure l’inno nazionale. In Crimea sono nati scrittori russi, in Crimea ci sono i monasteri degli ortodossi. A Mosca molti sono convinti di un pregiudizio internazionale verso la Russia, e quasi di un piano globale per indebolire Mosca: "La Russia non può sentirsi a suo agio se basi militari nemiche le vengono costruite intorno. Ci ripetono che non sono contro di noi, ma come crederci? Certo che lo sono", ha spiegato il presidente russo Dmitry Medvedev l’altra settimana nell’incontro annuale con giornalisti e analisti. E ha aggiunto: "La prospettiva dell’adesione alla Nato ha diviso la popolazione, in particolare dell’Ucraina. Non capisco come questo possa essere di beneficio alla Nato: aumenta soltanto il rischio di separatismo. Qual è l’obiettivo di tutto questo? Tornare a essere alle porte della Russia? La Nato non ci guadagna, non migliorano le relazioni internazionali e aumentano le tensioni". Parole diplomatiche. Invece battendo le strade della Crimea se ne ascoltano di più robuste. Da Port Kavkaz a Kerch ci sono solo quattro chilometri di mare blu, verde e marrone, solcati dalle chiatte basse e pesanti che trascinano su per il Volga i container imbarcati nel porto di Istanbul. un tratto di mare largo poco più dello Stretto di Messina, incuneato laggiù dove finisce l’Europa e inizia la grande Russia. "Durante la Seconda guerra mondiale i nazisti in quattro mesi ci costruirono un ponte. Basterebbe rifarlo, e la Crimea sarebbe collegata alla Russia anche via terra", dice Alexander Morozov, il presidente dell’organizzazione della Federazione Russa di Sebastopoli. domenica mattina, e a Sebastopoli un gruppo di persone si stringe sventolando le bandiere imperiali attorno al monumento della zarina Caterina conquistatrice della Crimea. Il rito avviene ogni domenica alle 11, ma Marozov assicura che non è soltanto una tradizione, e che l’intera Crimea sarebbe pronta a mettersi sotto Mosca se l’occasione si presentasse. E l’occasione sembra meno lontana di quanto sembri. Viacheslav Makovijchuk, 18 anni, è il rappresentante dei giovani di Nash Ucraina a Sebastopoli. Dice: "Avevo dei dubbi, ma dopo la guerra in Georgia non ne ho più: l’unico modo per assicurare la pace dell’Ucraina è l’ingresso nella Nato". Andrei Merkulov, deputato al Parlamento locale e membro del partito filorusso Russki Blok, disegna al contrario uno scenario apocalittico: "Se Kiev dovesse entrare nella Nato, l’Ucraina si frantumerebbe in diverse parti. L’Est pro Russia, l’Ovest pro Bruxelles, la vicina Romania pretenderebbe la Bukovina, e la Crimea vorrebbe l’indipendenza o l’annessione alla Russia". Nella piazza principale di Sebastopoli la gente ha attaccato decine di poster fatti con matite colorate: c’è Hitler con la faccia di Yushchenko, ci sono i carri armati e pioggie di bombe. Su tutto una grande rosa dei venti sbarrata di rosso: "No Nato". Il politologo Georgy Bovt osserva: "La questione è formulata in maniera molto rigida: o noi, o loro. O i russi, o gli ucraini. Non c’è nessuna opzione accettabile e nessuna per cui l’Ucraina possa entrare nella Nato e la Russia guardare con calma". Le bombe su Tsinkhvali hanno fatto una grande impressione, se ne parla in autobus e in piazza: "Ma l’Ucraina non è la Georgia", rispondono a chi fa il paragone: "L’Ucraina saprà difendersi, e se esplode, esplode tutto il mondo". C’è un fondo di verità in queste parole, visto che Kiev è cruciale nelle vie di trasporto di mezz’Europa e per l’arrivo del greggio e del gas russo alle cucine di Parigi, Berlino e Roma. "L’Ucraina sarà l’arena centrale nel confronto tra la Russia e l’Occidente nel prossimo decennio", conclude Bovt. La battaglia è alle porte. Margherita Belgiojoso