Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  ottobre 02 Giovedì calendario

Simone Parola, 39 anni, ex fantino che da qualche anno si guadagnava da vivere facendo il maniscalco, proprietario di cinque cavalli che allenava per gare di galoppo, sposato quindici anni fa per la prima volta con una donna da cui ebbe una figlia oggi dodicenne

Simone Parola, 39 anni, ex fantino che da qualche anno si guadagnava da vivere facendo il maniscalco, proprietario di cinque cavalli che allenava per gare di galoppo, sposato quindici anni fa per la prima volta con una donna da cui ebbe una figlia oggi dodicenne. Presto fallito quel matrimonio, si innamorò poi di Sara Palla, più giovane di lui di nove anni, e con lei mise al mondo Rachele, 7 anni, e Tommaso, 3. Circa tre settimane fa la compagna gli annunciò che la storia era finita, che lui avrebbe dovuto lasciare la casa comprata insieme e tornare a vivere a Pisa dalla madre, che avrebbe potuto vedere i bambini un giorno a settimana. Due venerdì fa, come stabilito dalla donna, prese Rachele e Tommaso per andare a fare una passeggiata in macchina con loro, per farli stare buoni comprò del cioccolato, poi li portò in un prato fra l’argine dell’Arno e un gruppo di case popolari dove li portava spesso per giocare. Dal bagagliaio dell’auto tirò fuori un grosso martello da muratore e con quello spaccò la testa ai bambini, quindi li stese a terra uno di fianco all’altra, con una tanica portata apposta li cosparse di benzina. In quel momento lo chiamò al cellulare la sorella per ricordargli di portarle quella sera a cena un paio di occhiali che aveva dimenticato da lui. Ma quello le rispose: «Sono all’alberone. I bambini sono già andati, adesso tocca a me» e mise giù il telefono. Si rovesciò un po’ di benzina addosso e accese un fiammifero con cui bruciò se stesso e i cadaverini. La sorella arrivò pochi minuti dopo, proccupata per la telefonata, e proprio nel posto indicato dal fratello potè vedere un grande falò. Venerdì 26 settembre, intorno alle otto e mezzo di sera, in via dell’Argine a Pisa, su un prato accanto all’Arno, sotto un albero tagliato in mezzo a vecchi copertoni, poltrone abbandonate, bottiglie di plastica.