Corriere della Sera 2/10/2008, pagina 45, 2 ottobre 2008
Ogni tanto in famiglia discutiamo della vicenda di Edoardo VIII e Wallis Simpson, ma non sappiamo rispondere alla domanda: Edoardo VIII fu indotto (costretto) ad abdicare perché voleva sposare una pluridivorziata o invece si prese a pretesto ciò per fargli abbandonare il trono per le sue simpatie filonaziste? Vittorio e Franca Ragaini vittorio
Ogni tanto in famiglia discutiamo della vicenda di Edoardo VIII e Wallis Simpson, ma non sappiamo rispondere alla domanda: Edoardo VIII fu indotto (costretto) ad abdicare perché voleva sposare una pluridivorziata o invece si prese a pretesto ciò per fargli abbandonare il trono per le sue simpatie filonaziste? Vittorio e Franca Ragaini vittorio.ragaini@unimi.it Cari lettori, Quando Giorgio V morì nel 1936 e il figlio Edoardo salì al torno, molti sapevano che il nuovo re aveva un’amante nella persona di una signora americana alta, magra, non bella, ma dotata di grande fascino e di quella che Ovidio aveva definito «ars amatoria». E quando la signora Simpson, pochi mesi dopo, divorziò dal suo secondo marito, molti si chiesero come Edoardo avrebbe organizzato da quel momento la sua vita amorosa. Pochi sospettavano tuttavia che il re avesse deciso di sposarla. Edoardo sapeva che le tradizioni non avrebbero permesso a Wallis Simpson di essere regina d’Inghilterra, ma era convinto che un matrimonio morganatico (vecchio istituto medioevale che non riconosce alla moglie lo status nobiliare del marito) avrebbe soddisfatto le ragioni dello Stato e quelle del cuore. Trovò sulla sua strada, tuttavia, il premier conservatore Stanley Baldwin e il vertice della Chiesa Anglicana, egualmente convinti che il matrimonio del sovrano con una donna due volte divorziata e, per più, molto chiacchierata, avrebbe nuociuto alla credibilità della Corona e all’immagine della Gran Bretagna nel mondo. Per la verità vi furono uomini pubblici importanti come Winston Churchill e grandi editori (Lord Beaverbrook, proprietario del Daily Express, e Lord Rothermeere, proprietario del Daily Mail) che erano pronti ad approvare e a sostenere la decisione di Edoardo. Ma Baldwin poté contare su una parte importante del partito conservatore, sul leader dell’opposizione laburista e, naturalmente, sui vescovi. Con una di quelle manifestazioni di forza che sono tipiche degli uomini deboli, il re s’impuntò. L’11 dicembre del 1936, dai microfoni della Bbc, disse ai suoi connazionali: «Dovete credermi quando vi dico che mi è impossibile portare il pesante fardello delle mie responsabilità e assolvere le mie funzioni reali senza l’aiuto e il sostegno della donna che amo». Quando parlò al Paese aveva già firmato l’atto di abdicazione a favore del fratello Giorgio, duca di York. Poche ore dopo, alle due del mattino del 12 dicembre, lasciò l’Inghilterra. Il matrimonio con Wallis fu celebrato sei mesi dopo nel castello di Candé, a Monts, vicino a Tours, da un compiacente ministro della Chiesa Anglicana. Le simpatie per la Germania di Hitler, professate occasionalmente da Edoardo quando era principe di Galles, non ebbero quindi nella vicenda alcuna parte. Assunsero una certa importanza invece negli anni seguenti. Nell’ottobre del 1937 il Duca di Windsor, come fu chiamato dopo l’abdicazione, andò a Berlino con sua moglie ed ebbe una lunga conversazione con Hitler. L’episodio acquistò un particolare significato quando Hitler, dopo la rottura del fronte francese nella primavera del 1940, cominciò a programmare l’invasione della Gran Bretagna. Si disse che fra i suoi progetti vi fosse quello di usare Edoardo contro il governo britannico e di farne un Quisling incoronato. L’invasione non ebbe luogo, ma si sparse la voce, non meno inquietante, che i tedeschi volessero rapire Edoardo, allora a Lisbona, per portarlo in Germania. Era soltanto una voce, ma bastò perché Churchill persuadesse Edoardo a lasciare l’Europa per divenire governatore delle Bahamas nelle Indie occidentali. Fu così che il re del più grande impero del mondo fu per qualche anno viceré di uno staterello caraibico: una versione caricaturale della grande avventura di Napoleone. Sergio Romano