Federico Rampini, la Repubblica 2/10/2008, 2 ottobre 2008
Il calo dell´euro sotto la soglia simbolica di 1,40 dollari, in perdita del 4% in una settimana, fotografa il barometro della fiducia
Il calo dell´euro sotto la soglia simbolica di 1,40 dollari, in perdita del 4% in una settimana, fotografa il barometro della fiducia. Segnala che l´Europa è investita dalla crisi finanziaria almeno quanto l´America, ma la risposta del Vecchio continente è ancora più titubante e contraddittoria che a Washington. L´Ocse ha lanciato ieri l´allarme: l´Europa ha bisogno di un piano unico di intervento per arginare il dissesto delle sue banche. E questo piano non c´è. «Considerando l´esposizione delle istituzioni finanziarie europee - ha detto il capo dell´Ocse, Angel Gurria - bisogna pensare a un piano sistemico. L´approccio caso per caso non può funzionare». Con tutti i difetti enormi del piano Paulson, esso nasceva dalla lezione di una catena di insuccessi collezionati in pochi mesi. Dopo avere impegnato risorse pubbliche considerevoli nei salvataggi di Bear Stearns, Fannie Mae, Freddie Mac, Aig, le autorità americane si erano accorte che stavano rincorrendo un crac dopo l´altro affannosamente, ed erano sempre in ritardo di una crisi. E´ esattamente lo spettacolo offerto nei giorni scorsi dai salvataggi e nazionalizzazioni di banche inglesi, franco-belghe, belgo-olandesi, tedesche ecc. Interventi in ordine sparso, imposti dall´emergenza, senza una strategia di prevenzione per bloccare il contagio a nuovi focolai. Ieri l´attivismo dispiegato dai governi e dalla Commissione europea non ha dissipato la confusione. Perfino di fronte a una minaccia così grave e incombente, con i depositanti di tutto il continente impauriti per la sicurezza dei loro risparmi, le classi dirigenti non hanno trovato la compattezza necessaria. Emblematica è la vicenda del vertice «d´urgenza» che Sarkozy sta organizzando in qualità di presidente di turno dell´Unione. Prima si era sparsa la voce che il summit si sarebbe tenuto venerdì. Poi si è parlato di sabato. Ma ancora ieri sera i francesi esitavano a confermare una data certa. La lentezza della reazione già di per sé accentua la fragilità europea. Proprio quando il presidente della Commissione Barroso invoca la «necessità che sia credibile la risposta dell´Europa», il balletto sulla convocazione del vertice è un autogol. C´è di peggio: i tempi lunghi per riunire i leader nascondono il disaccordo tra loro sulle soluzioni. Si dice che i francesi stessero elaborando la bozza di un progetto «alla Paulson», un fondo di emergenza da 300 miliardi di euro per aiutare le banche europee. Si dice che Parigi abbia dovuto rinunciarvi perché la Germania è contraria. Vere o false, queste voci ripropongono la consueta cacofonia politica dell´Unione, e non placano le angosce dei risparmiatori. Nel frattempo ogni paese si muove per conto suo, con rimedi la cui efficacia è aleatoria. In Italia la Consob ha vietato le vendite di azioni allo scoperto, operazioni di speculazione al ribasso. E´ l´eterna illusione che il calo della Borsa si possa fermare per «editto governativo». (Curiosamente la speculazione viene attaccata solo quando fa scendere le quotazioni: mai negli anni precedenti in cui ha gonfiato al rialzo le «bolle» che oggi paghiamo). Va ricordato che un divieto analogo fu varato dall´autorità di Borsa americana dieci giorni fa, e non ha impedito il «lunedì nero» di Wall Street in cui il Dow Jones ha perso 777 punti. L´episodio più tragicomico è la tensione tra Irlanda e Gran Bretagna. Per calmare il panico dei risparmiatori l´Irlanda ha varato un´assicurazione statale che garantisce tutti i depositi bancari dell´isola. Questo ha provocato fughe di capitali dalla Gran Bretagna - dove i correntisti sono meno tutelati - e vibrate proteste di Londra contro la «concorrenza sleale» di Dublino. L´America è certo in condizioni pessime, ma starebbe perfino peggio se in questo momento la California e il Texas giocassero allo sfascio usando la crisi di Wall Street per varare leggi diverse da quelle dello Stato di New York. E´ significativo che in questa fase il piano Paulson sia l´unico salvagente immediato a cui guardano con speranza molti istituti di credito europei. Infatti quel fondo di 700 miliardi di dollari sarebbe destinato ad acquistare titoli-spazzatura non dalle sole banche americane, ma da tutte quelle che operano sul mercato Usa. Tra i principali beneficiari figurerebbero - per la loro immensa esposizione ai titoli «tossici» - la svizzera Ubs, la Barclays inglese, e altre. Nei quartieri generali dei colossi del credito in Europa l´attesa verso le votazioni parlamentari americane è trepidante. Nel bene e nel male, da Washington almeno si possono prevedere decisioni in tempi rapidi. L´attenzione dedicata al piano Paulson - e ai suoi macroscopici difetti - non deve occultare il rischio che anche l´Europa prenda decisioni sbagliate, passibili di peggiorare la situazione. Sarkozy, per esempio, dice di voler «dare tempo alle banche» allentando alcune regole contabili perché possano «spalmare» le loro perdite gradualmente. Ma questo è proprio ciò che hanno fatto finora: hanno ritardato l´operazione-verità, col risultato di alimentare sospetti anziché rassicurare i mercati. La riforma della vigilanza bancaria proposta ieri dalla Commissione europea è positiva. Per la prima volta nascerebbero strumenti di controllo sovranazionali; e le banche verrebbero obbligate a una maggiore solidità patrimoniale. Anche la Commissione però ha dovuto fare un passo indietro: ha ridotto il capitale di riserva obbligatorio che voleva imporre per l´emissione dei famigerati titoli «strutturati». Bruxelles ha ceduto alle pressioni della lobby bancaria. Nonostante i disastri che hanno compiuto, sulle decisioni politiche ancora oggi i banchieri pesano più dei risparmiatori.