Monica Ceci, Gioia, 4/10/2008 (n.39), pp. 82-86., 4 ottobre 2008
Mamme di plastica. Lo strano parto di miss Eaton. Neonati perfetti ma di silicone, dipinti a mano, cotti nel forno e venduti a tutte le donne che hanno nostalgia di un bebè
Mamme di plastica. Lo strano parto di miss Eaton. Neonati perfetti ma di silicone, dipinti a mano, cotti nel forno e venduti a tutte le donne che hanno nostalgia di un bebè. Un’ex poliziotta inglese dai nervi d’acciaio ha messo in piedi un business che sfrutta il malessere del nostro tempo. Soprattutto ci vuole pazienza: la nursery non riceve nuovi ordini per i prossimi sei mesi, causa lavoro in eccesso. Del resto, se doveste fare da sole, di mesi ce ne mettereste nove e avreste molti fastidi di più. Nella casa-laboratorio di Jaime Eaton, una giovane mamma dello Staffordshire, nascono quelle cose che possono fare solo gli inglesi: falsi neonati in plastica e silicone, morbidi e stropicciati come bambini veri, con i pugni stretti, con le unghie dei piedi finemente cesellate, con quei capelli da pulcino che ogni genitore alle prime armi ha sfiorato con dita esitanti, temendo di rovinarli. Dormono con le loro faccine spiegazzate e chiazzate di rosso e risvegliano all’istante tutti gli istinti primordiali di chi li guarda, compresi i peggiori. Toccare, accarezzare, stringere, proteggere. Fuggire in un posto qualunque dove non essere angosciati dalla loro vulnerabilità. Liberarsene. Jaime Eaton, incontestabilmente, fabbrica bambini perfetti. Ex poliziotta, trentenne ma con tutti gli hobby che starebbero benissimo in un romanzo di Jane Austen – il punto croce, l’acquerello, i biglietti di auguri decorati a mano – madre di quattro figli tra i sei e i dodici, due maschi e due femmine, racconta nel suo sito di avere incominciato a fabbricare bambole per giocare con i figli, poi di essersi accorta che i finti bebè le venivano molto realistici, di avere cominciato a venderne qualcuno, infine di avere capito che il suo originale passatempo poteva diventare un lavoro. E’ nata così la Babybuntins Nursery Ltd (www.babybuntinsnursery.com), con sede nella casa di famiglia e orari da working mum: si riceve solo su appuntamento, si risponde al telefono dalle 9 alle 17 e soltanto se Jaime ha tempo. Le creature adesso si vendono anche all’asta su Ebay, a prezzi variabili poiché i bambini finti – come quelli in carne e ossa – non sono tutti accattivanti allo stesso modo, ma comunque alti perché ognuno di essi richiede quattro settimane di lavoro. A MarieClaire Francia Jaime Eaton ha spiegato alcuni segreti di fabbricazione: si comincia importando all’ingrosso le membra sparse di bambolotti asiatici da assemblare, le si svernicia, si riempiono arti e tronco con qualche chilo di silicone, si dipinge il tutto con totale realismo, si applicano le ciglia, si incidono nella plastica la bocca e le narici (sempre un po’ larghe, per suggerire l’idea della respirazione), ma non è ancora il peggio. Dopo, è necessario cuocere in forno la testa del bebè, per il fissaggio definitivo. E poi piantare nel cranio uno a uno, con l’ausilio di un punteruolo, gli impalpabili fili di lana mohair ai quali si deve quel tenero effetto piumino. Il resto è facile: bastano un pannolone, un set di vestitini, una carrozzina traboccante di trine. Al momento ci sono in catalogo un centinaio di modelli, ma la nursery produce anche su commissione, riproducendo ritratti e fotografie. La strategia di marketing one-to-one sconfina nell’horror: Jaime va a prendere a scuola i bambini (quelli veri) portandosi un bebè di silicone nel seggiolino, va al supermercato con un neonato di plastica in carrozzina. L’incauto che sorrida è perduto: Jaime afferra il fagotto, lo mette in braccio al malcapitato, gli chiede se ne vorrebbe uno uguale. Lì, a volte, succede il miracolo. Perché qualcuno scappa gridando cose come ”E’ morto!”, ”E’ pazza”, ma altri e altre si fermano, scrutando nei lineamenti della bambola il ricordo o il desiderio di chissà quale bambino vero. Le clienti di Jaime Eaton sono donne che non hanno avuto tempo di fare un figlio o che non hanno trovato l’uomo giusto. Sono nonne che hanno i nipotini lontani e non riescono mai a tenerli un po’ in braccio. Sono madri che hanno nostalgia della maternità perché i figli veri sono ormai grandi e distratti. Sono bambine di tutte le età che curano la solitudine. Non è così strano, in fondo, che siano così tante da doversi mettere in coda.