Alberto Mattioli, La Stampa 30/9/2008, 30 settembre 2008
Quale grande eroina ottocentesca muore in stazione dopo una relazione andata a finire come finiscono tutte quelle delle eroine ottocentesche, cioè malissimo? Anna Karenina? Giusto
Quale grande eroina ottocentesca muore in stazione dopo una relazione andata a finire come finiscono tutte quelle delle eroine ottocentesche, cioè malissimo? Anna Karenina? Giusto. Ma, almeno questa volta, anche Violetta Valéry, benché, come da libretto, sia la tisi a non accordarle che poche ore e non il fatale tuffo sotto la locomotiva (quanto ad Anna, poveretta: si fosse suicidata con Trenitalia, sarebbe morta in ritardo...). Insomma, la notizia è che stasera La traviata del maestro Verdi va in scena alla stazione, per la precisione quella di Zurigo. E non è che negli ampi ambienti dell’Hauptbahnhof vengano ricostruiti il boudoir di Violetta o la festa chez Flora. La stazione resta stazione, con il suo look tardoottocentesco, le statue a maggior gloria del traforo del Gottardo, il bellissimo buffet e gli schermi di arrivi e partenze. Stavolta, i laceranti addii fra Violetta e Alfredo si svolgeranno quando lui se ne andrà, prendendo il treno. Binario triste, ma non solitario, perché durante Traviata la più importante stazione di tutta la Svizzera continuerà naturalmente a funzionare con il via vai dei convogli e gli annunci dell’altoparlante come sottofondo a cabalette e concertati. Alfredo liba e parte l’Intercity per Berna, Violetta spira e arriva il Cisalpino da Bellinzona. Raccontato così, il progetto sembra folle (e, in qualche misura, effettivamente lo è). Tuttavia, c’è del metodo in questa follia. Intanto, l’opera non è destinata al pubblico dei pendolari ma ai telespettatori, quelli della tivù svizzera ma anche del raffinatissimo canale satellitare franco-tedesco Arte, che trasmette l’opera in diretta e anche su Internet (per informazioni, www.artetv/traviata). E poi il regista dell’operazione, Felix Breisach, spiega che il senso non è solo di mettere l’opera «in un posto che non è mai stato utilizzato per ospitarla», ma anche «dove la gente passa tutti i giorni». Insomma, desacralizzare l’opera, portarla fuori dai suoi presunti templi e metterla a mollo nella quotidianità. Resta la sfida delle difficoltà tecniche del progetto. Ancora Breisach: «L’orchestra suona nella grande hall della stazione, i cantanti l’ascoltano con un auricolare e cantano in microfono. Le distanze che il suono dveve percorrere fra l’orchestra, l’orecchio dei cantanti, il microfono e il camion regia provocano uno scarto che dev’essere compensato per la trasmissione». E, naturalmente, i cantanti non vedono il direttore (e viceversa). Il dubbio privilegio di fare da cavie all’esperimento tocca a un cast tutto italiano dominato dalla Violetta di Eva Mei. La quale, prima dubbiosa, ammette di essersi fatta conquistare dal progetto binario facendo. «Sì, è vero, più provo e più mi piace. Nonostante tutti i problemi». Tipo? «L’elenco è lungo. Non vedi il direttore. Sei circondata dai rumori, ci sono gli annunci, i treni che passano, la gente che parla. C’è anche un gran freddo perché qui in Svizzera è già autunno. In compenso, intorno hai le guardie della security perché la gente non deve avvincinarsi troppo. All’antigenerale una signora di colore mi ha visto stesa per terra (stavo morendo di tisi) e si è precipitata a soccorrermi». A proposito: come si risolve il problema delle varie scene? Traviata è opera d’interni, e Francesco Maria Piave piuttosto preciso quanto a didascalie di saloni e salotti e camere da letto... «La festa del primo atto si svolge a ”Les Arcades”, il bellissimo ristorante della stazione. Poi Alfredo se ne va in treno e io vado a cantare la mia aria al binario. Nel secondo atto, canto il duetto con Germont padre e ”Amami Alfredo” al bar e la festa di Flora nella grande hall d’ingresso. Alla fine muoio su una barella del Pronto soccorso». Non si può nemmeno dire: su il sipario. Ma: l’Eurostar Traviata parte alle 20.05. Stampa Articolo