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 2008  settembre 29 Lunedì calendario

Tropea Marco

• Milano 2 novembre 1942 (?). Editore • «[...] è cresciuto frequentando suo zio, il direttore storico dei Gialli Mondadori e traduttore Alberto Tedeschi. A casa sua conobbe mezzo mondo editoriale, da Vittorini a Sereni. Si parte [...] dai primi anni 70, quando ”politicamente ero abbastanza cattivo”, scherza Tropea ricordando la militanza nel Movimento Studentesco. Si parte con le traduzioni dall’inglese, il giornalismo, l’insegnamento nelle scuole medie, le collaborazioni per la Mondadori. Si continua con un’amicizia-sodalizio destinata a durare una vita, con Laura Grimaldi. Con lei Tropea scriverà due libri, sceneggiature radio e tv, sarà autore di Giallo, l’ultima trasmissione di Enzo Tortora, fonderà Interno Giallo. Si sarà capito qual è il colore dominante della carriera di Tropea, o almeno della prima fase: ”Nei momenti di crisi, a quei tempi, gli stipendi alla Mondadori li pagavano i Gialli e Topolino”. L’abbandono della casa madre avviene nell’89, quando Leonardo decide di mettersi in proprio dando il suo nome a una nuova impresa editoriale. Tropea lo segue e fonda Interno Giallo in società con il nipote di Arnoldo: ”Leonardo aveva delle sue fisime che non potevo condividere: se si incapricciava per un libro che gli piaceva, riusciva a spendere cifre assurde”. Un esempio? Doctorow. Quando la Mondadori finisce nelle mani di Berlusconi, Tropea lascia: ”Tre anni molto belli: il proposito di fare noir di qualità anticipava le tendenze di oggi. ”Stile libero’ lo facevamo già noi”. Tra gli autori, c’è James Ellroy: ”Sempre cupo, accigliato, appena lo vedi ti preoccupi. Un uomo di atteggiamenti opposti: o la chiusura totale con risposte a monosillabi, oppure l’euforia al grido ”sono il cane pazzo della letteratura mondiale’. In uno di questi momenti, una notte è arrivato a fare pipì sul portone della Chiesa di San Nazzaro a Milano”. Ellroy consegna a Tropea cinque romanzi: ”Amo il mio lavoro per i rapporti di amicizia con gli scrittori, ma con Ellroy non è possibile”. Chiusa la stagione Interno Giallo, entra in scena Mario Spagnol, che propone a Tropea di diventare suo assistente nella direzione del gruppo Longanesi: ”Spagnol era temuto da tutti, non te ne lasciava passare una: ho assistito con imbarazzo a scenate pesanti. Se litigava con qualcuno, gli sbatteva il telefono in faccia e non voleva sentirne parlare per mesi”. Dopo l’esperienza della libertà decisionale con Leonardo, l’approccio con Spagnol deve essere stato uno choc: ”Sono arrivato alla Longanesi pensando di non avere più niente da imparare, invece lì ho capito come si conduce un libro dall’inizio alla fine: Spagnol riusciva a individuare il bestseller prima di tutti. Eravamo diversi in tutto. Ricordo che avevo grossi dubbi sul Mondo di Sofia di Jostein Gaarder, ma ha avuto ragione lui, come quasi sempre”. Un giorno, il direttore della Guanda, Luigi Brioschi, tira fuori dal cappello uno scrittore cileno sconosciuto ai più: Luis Sepúlveda. Appena Tropea lo conosce, nasce un’amicizia indissolubile: ”Era la gallina dalle uova d’oro, ma di recente gli stanno venendo fuori i fantasmi di una vita. Da anni, con un giro di quattro o cinque amici (tra cui Taibo), ci incontriamo dove capita, ai festival, a Saint-Malo, alla Semana negra di Gijon... stiamo svegli fino al mattino senza stancarci”. E Sepúlveda? ” un po’ incupito, ma continua a impegnarsi nel sociale e a scrivere di politica. Si è risposato con la sua prima moglie, la poetessa Carmen Yanez: si erano persi di vista dopo aver subìto le persecuzioni in Cile. Lei fu buttata in una discarica legata con il fil di ferro. Finirono tutti e due in esilio: Carmen in Svezia, Luis in America centrale con la guerriglia, poi in Germania. Si sposarono separatamente, poi si sono rivisti, si sono risposati e ora vivono a Gijon”. La Tropea nasce al tavolo di una pizzeria con Luca Formenton: ”La faccenda di Interno Giallo mi era rimasta qui e mi piaceva l’idea di ricominciare”. Così, quando Formenton si prende sulle spalle il Saggiatore, il suo amico Marco si associa e diventa vicepresidente del gruppo. Nel giugno del ”95 nasce la Tropea che, con la narrativa, avrebbe integrato l’impianto saggistico della casa madre. Oggi la Tropea si è sganciata dal Saggiatore, di cui Marco rimane però vicepresidente. Ne viene fuori un catalogo di tutto rispetto specialmente grazie agli stranieri: Taibo, Fuentes, Joyce Carol Oates, De Lillo, Chomsky, Pérez-Reverte. ”Abbiamo ripescato autori che nessuno in Italia considerava più: De Lillo era nostro. Arrivò anche a me Underworld, ma l’Einaudi fece un’offerta che io non riuscivo a sostenere. De Lillo mi scrisse una letterina: ”Ho saputo, mi dispiace, ma non capisco’”. L’amico Paco: ”Per un dollaro, Taibo ha firmato con la Tropea un contratto a vita”. Ottimo affare. Tropea racconta di un suo rocambolesco viaggio a Yalta nell88, in piena perestrojka. Lì conobbe Taibo: ”Fino a qualche anno fa facevo una ventina di viaggi l’anno in giro per il mondo, e ormai ho solidi amici ovunque”. Sono amici che leggono e che consigliano gli autori da tradurre. L’editoria vive di amicizie: ”Paco riesce a smuovere masse di lettori come pochi, anche quando parla in pubblico da giornalista, da storico o da scrittore”. Un uomo che consuma sei litri al giorno di Coca-Cola: ”Da sempre. Al mattino, invece di accendere la macchina del caffè, si attacca alla bottiglia di Coca. In compenso non tocca alcol. Se qualcuno gli fa notare che è un paradosso, per un antiamericano come lui, Paco risponde che in Messico c’è una grande fabbrica della Coca-Cola che dà da mangiare a migliaia di operai. E poi, aggiunge, le lattine sono comodissime da tirare in testa ai poliziotti”. La sua casa nel centro di Città del Messico è ”un polo d’attrazione” per amici e studenti: ”In un angolo c’è la sua scrivania sovrastata dai suoi protettori: il Che, Trotskij e Pancho Villa. Paco dice che dall’alto lo guardano e lo sgridano se necessario”. Arturo Pérez-Reverte è un’altra sua scoperta: ”Nel ”93 a Francoforte quando uscì Il Club Dumas mi buttai a capofitto anche se non lo conoscevo. Diventammo amici: Arturo è un tipo che si porta dietro i suoi fantasmi, che sono tutti i cadaveri che ha visto da inviato di guerra”. Mandò al diavolo il giornalismo quando si accorse che dalle redazioni chiedevano sempre più immagini truculente: ”Ha un carattere da lupo solitario. Passa cinque o sei mesi l’anno in barca a vela sul Mediterraneo con sua moglie. Una sera, un po’ imbarazzato, mi disse: ”Dimmelo se ti dà fastidio. Vorrei il tuo numero di cellulare ma non chiedermi il mio’. Nessuno ha il suo numero”. In Italia Il Club Dumas è un bestseller da quasi 200 mila copie: ”Da noi è venuto poche volte: al ristorante ci facciamo lunghe chiacchierate fino a notte fonda. un gran mangiatore di pastasciutta, spesso rinuncia al secondo per mangiare due primi”. Un tipo difficile anche nelle scelte editoriali? ”Esigente come pochi. Vuole controllare le traduzioni e chiede di vedere prima le copertine. Sceglie lui”. Amicizie e qualche delusione. La più dolorosa per Tropea viene da un mito della sua giovinezza. ”Non ho mai amato i politici che scrivono, ma per Pietro Ingrao avrei fatto un’eccezione. Una decina d’anni fa andai a trovarlo a Roma per proporgli di scrivere un’autobiografia. Diceva: ”Sono vecchio, non ce la faccio’, ma riuscii a convincerlo affiancandogli la sua amica Chiara Valentini. Firmarono un contratto. Un’estate mi chiamò per dirmi che aveva scritto 150 pagine. Nel frattempo gli pubblicammo le poesie per il Saggiatore». Dunque? ”Un giorno mi dice: ”Senti, scusami ma sono troppo vecchio, è una fatica improba, ho deciso di lasciar perdere e ti restituisco l’anticipo’. Gli rispondo: ”Tienilo, magari ci ripenserai’”. In effetti ci ripensò: ”Provai a sentirlo, ma rifiutava. Figurarsi come sono rimasto male quando ho visto il suo libro-intervista uscire da Sperling e poi l’autobiografia da Einaudi. Non voglio pensare che sia stato un calcolo, però...”. Ingrao è rimasto un mito? ”Mah, non so dirlo, in questi anni sono molto cambiato”» (Paolo Di Stefano, ”Corriere della Sera” 29/9/2008).