Francesco Battistini , Corriere della Sera 27/9/2008, pagina 17, 27 settembre 2008
Corriere della Sera, sabato 2 settembre A Skopje hanno capito che la querelle è ormai una zavorra e per la prima volta accettano di ribattezzarsi Che pasticci, che macedonie
Corriere della Sera, sabato 2 settembre A Skopje hanno capito che la querelle è ormai una zavorra e per la prima volta accettano di ribattezzarsi Che pasticci, che macedonie. L’altro giorno, una signora di Skopje ha scritto una lettera furiosa al giornale Nova Makedonija: aspettava documenti importanti da un avvocato greco di Salonicco ma la busta, una volta superata la frontiera, era stata rispedita al mittente perché in fondo all’indirizzo c’era scritto «Fyrom, Former Yugoslavian Republic of Macedonia», e con quel nome non c’era postino macedone che accettasse di recapitarla. Quest’estate, il comandante d’un aereo Macedonian Airlines (Mat) ha chiesto alla torre di controllo greca il permesso di sorvolo, ma via radio s’è sentito rispondere che uno Stato macedone non esiste, dunque nemmeno una compagnia di bandiera, e che insomma se ne andasse a sorvolare altrove. Su quei 130 chilometri di frontiera, i dispetti sono quotidiani: doganieri macedoni che bloccano commercianti greci, ferrovie greche precluse ai treni macedoni, e poi liti storiografiche sulle origini di Alessandro il Grande, monumenti contesi, qualche anno fa persino le proteste per il kolossal di Oliver Stone, Alexander, che i greci vedevano troppo filomacedone e i macedoni troppo filogreco... «Basta», ha detto giovedì Branko Crvenkovski, il giovane presidente della piccola repubblica balcanica: «Sono assurdità». E così ha aspettato il suo turno a New York, in una sede solenne come l’assemblea dell’Onu, e un po’ a sorpresa è salito sul podio a concedere finalmente quel che molti gli chiedevano: un nuovo nome. «Siamo pronti a raggiungere un equo compromesso e una ragionevole soluzione con la Grecia», ha detto, purché questo non sia umiliante e non neghi «la nostra identità nazionale e culturale». un piccolo passo, ma un passo. Sorpassati da Croazia e Albania, tenuti fuori dalla Nato e dall’Unione europea – e tutto ciò per i veti di Atene ”, a Skopje hanno capito che la querelle è ormai una zavorra e per la prima volta accettano di ribattezzarsi: via quell’orrendo «Fyrom» che sembra la sigla d’un nostro sindacato autonomo, ma via pure quel «Repubblica di Macedonia» che nel 1991 si diedero assieme all’indipendenza... Via, ma in cambio di che? «Il tango si balla in due», dice il vicepremier Ivica Bocevski, e la risposta greca per ora è gelida. Nessuno si scopre. Per Crvenkovski – l’uomo che quattro anni fa prese il posto di Boris Trajkovski, morto in un incidente aereo mai del tutto chiarito – siamo a «un punto molto importante e decisivo» del negoziato e tutto può sbloccarsi in poche settimane, o restare congelato un altro anno. Condoleezza Rice, segretario di stato Usa, incontra la ministra degli Esteri greca, Dora Bakoyannis, e dice che la questione «vorremmo risolverla il più presto possibile», «stiamo provando a trovare una soluzione che soddisfi tutti». Escluse scelte come «Slavomacedonia » (irriterebbe gli albanesi), «Pirin Macedonia» (nome troppo filobulgaro) o «Vardar » (il nome prima di Tito), si sa che sul tavolo del mediatore Onu, Matthew Nimitz, le preferite sono «Nuova Macedonia » o «Macedonia del Nord»: Skopje manterrebbe il nome che ama; Atene, la precisazione che la prima, antica, grande Macedonia è la regione dove vivono i greci di Salonicco. «Uno dei migliori esempi in assoluto di odi antichi», come l’ha definito il politologo John Agnew, paralizza da quasi vent’anni questo pezzo d’Europa. Negli anni ’90, la Grecia ha ottenuto una correzione alla bandiera che raffigurava la stella imperiale di Filippo il Macedone. Ma oggi sono 118 i Paesi, Italia compresa, che riconoscono alla Macedonia il nome che s’è data. Se è venuto il momento del tango, o del sirtaki, questo non significa che l’odio diventerà amore. Ne sa qualcosa Goran Pandev, il calciatore laziale, fischiato regolarmente sulle tribune greche. Ne sanno qualcosa i manager di Skopje, che devono rimodernare l’aeroporto e s’erano trovati in gara un’impresa di Atene: perfidi, le hanno preferito i turchi. Il nemico del mio nemico è il mio più grande amico. Francesco Battistini