Adriana Cerretelli, Il Sole-24 Ore 25/9/2008, pagina 1, 25 settembre 2008
Il Sole-24 Ore, giovedì 25 settembre In piena bufera finanziaria, l’Amministrazione Bush agli sgoccioli che fatica a governarla senza la spalla del Congresso, Nicolas Sarkozy è andato a New York e all’assemblea delle Nazioni Unite per sparare contro le perversioni del capitalismo americano, contro il dio-mercato, la libertà senza responsabilità, le banche che finanziano la speculazione invece dello sviluppo economico
Il Sole-24 Ore, giovedì 25 settembre In piena bufera finanziaria, l’Amministrazione Bush agli sgoccioli che fatica a governarla senza la spalla del Congresso, Nicolas Sarkozy è andato a New York e all’assemblea delle Nazioni Unite per sparare contro le perversioni del capitalismo americano, contro il dio-mercato, la libertà senza responsabilità, le banche che finanziano la speculazione invece dello sviluppo economico. Dalla tribuna globale per eccellenza, il presidente francese ha fatto scintille parlando però non a nome del suo Paese ma dell’Europa di cui è presidente. Ha invocato un «capitalismo regolare e regolato», la riforma di istituzioni internazionali che risalgono al secolo scorso. Ha convocato un G-8 straordinario ma allargato per discutere della crisi. E agire. Insomma ha parlato da leader di un’Europa forte, tra l’altro, di un mercato finanziario che in 10 anni ha raggiunto le dimensioni di quello americano e, almeno per ora, sembra più stabile. Come aveva già fatto in agosto, nel pieno della guerra russo-georgiana, Sarkozy si è lanciato nell’occhio del ciclone per provare, se non a fermarlo, almeno a controllarne la furia. Sarà il futuro a dire se le sue precipitose missioni a Mosca e Tbilisi sono state la prima manifestazione di una nuova leadership politica europea su scala continentale o più semplicemente la concitata reazione di un’Unione-pompiere, ansiosa di contenere i danni, salvaguardare i rapporti con Mosca, energetici in primis, a qualsiasi prezzo, compresa l’integrità territoriale della Georgia. Di sicuro Sarkozy a Mosca è approdato quasi a mani nude, debole perché privo del retroterra di una solida unione politica europea che non c’è, zavorrato piuttosto dalle troppe divisioni intracomunitarie. A New York invece ha potuto ostentare un blasone di tutto rispetto dove brilla l’Europa dell’euro, che si afferma e incalza sempre più da vicino la supremazia del dollaro, e si coniuga con un’unione economico-monetaria che non sarà perfetta ma si alleva in seno, invece di squilibri crescenti, conti pubblici in marcia verso il pareggio, inflazione e tassi sotto controllo, riforme lente ma costanti, cioè fondamentali sani. Certo, la crescita economica resta un po’ smorta. Guardando in questi giorni ai contraccolpi dell’invidiata effervescenza americana, a molti potrebbe però venire la voglia di rivalutare la prudente e sonnolenta cultura europea, forse troppo allergica al rischio come ai piani troppo garibaldini di espansione economica. Forse anche troppo social-moralistica. Ma tutto sommato torpidamente solida, faticosamente credibile perché storicamente vaccinata contro tutti gli estremismi. Da qui a dire che per questo il sistema finanziario europeo è al riparo dal contagio americano e che la sua governance funziona bene sarebbe azzardato, una conclusione inesatta. Perché il mercato finanziario europeo ancora non c’è. Anzi, finora ha stentato a farsi strada per l’eterna conflittualità di interessi, le strutture nazionali eterogenee, lo scontro culturale tra le scuola di pensiero anglosassone e continentale. Ora però sembra che le cose stiano cambiando. L’elettroshock americano, la plateale crisi di credibilità del modello Usa alimentano molti ripensamenti. Nel braccio di ferro tra liberisti inveterati e regolatori sono questi ultimi che stanno guadagnando terreno in Europa con il risultato che la legislazione in fatto di sorveglianza, trasparenza e regole prudenziali promette di farsi più stringente e coordinata. Insomma, Angela Merkel e Sarkozy che l’anno scorso al G-8 erano soli a invocare più regole per i mercati finanziari stanno diventando all’improvviso i grandi saggi purtroppo inascoltati in casa come fuori, sulla scena globale. E questo il principio della rimonta, di una credibile leadership europea in economia, moneta e finanza mondiali? Diversamente dalla crisi georgiana, in questo caso le premesse per un polo europeo sempre più forte e solido ci sono tutte. Aspettando il nuovo presidente americano, Sarkozy ha schierato in tavola le sue carte. Che sono buone. Il resto si vedrà con il tempo. Adriana Cerretelli