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 2008  settembre 26 Venerdì calendario

TOTO-DRAGONI

Il Sole-24 Ore 13/2/2007, pagina 33
Intesa-Sanpaolo ha messo a disposizione di Carlo Toto le munizioni per muovere alla conquista di Alitalia. Il gruppo bancario guidato da Corrado Passera ha concesso una linea di credito a breve di 105 milioni di euro al proprietario di Air One. Il contratto di finanziamento è stato stipulato domenica 28 gennaio, il giorno precedente la scadenza del termine per presentare le manifestazioni d’interesse al ministero dell’Economia per l’acquisto del 30,1% dell’aviolinea pubblica.
A garanzia del credito, Toto ha dato in pegno a Intesa il 100% delle quote di Ap Capital Srl, una società costituita pochi giorni prima a Chieti, il 22 gennaio, con capitale di appena 10mila euro, diviso tra Carlo Toto (45%) e il nipote Paolo (55%). La minuscola «newco» Ap Capital risulta essere socia, con 300 azioni pari allo 0,001% del capitale, di Ap Holding Spa, la società con la quale Toto si è presentato alla privatizzazione di Alitalia.
Ap Capital e Holding sono state nelle ultime settimane al centro di operazioni straordinarie, che comprendono una maxi-rivalutazione di Air One, portata da 55 milioni a circa 870 milioni di euro alla vigilia di Capodanno, predisposte da Toto per avere le carte in regola per la privatizzazione. A fine 2005 il bilancio consolidato del gruppo Toto presentava un capitale netto negativo (-45 milioni), la Toto Spa aveva un patrimonio di 19,7 milioni: troppo poco per partecipare alla privatizzazione di Alitalia, per la quale il Tesoro ha fissato l’asticella ad almeno 100 milioni di patrimonio.
Secondo una ricostruzione delle mosse del gruppo, fatta dal Sole-24 Ore consultando documenti societari, verbali di assemblee e altri atti redatti dal notaio Giuseppe Tragnone di Chieti, Toto ha adeguato i "ratio" patrimoniali senza versamenti in denaro, prima rivalutando la partecipazione in Air One, poi stipulando un finanziamento con Intesa da 105 milioni. Vitale & Associati ra gli advisor di Toto.
Il veicolo Ap Holding deriva dalla trasformazione di una scatola vuota, costituita il 14 luglio 2005 dalla Toto Spa. In origine si chiamava Sub Holding 1 Srl, con 10.000 euro di capitale. Il 21 novembre 2006 è stata trasformata in Spa e il capitale è salito a 120mila euro. Il 30 dicembre 2006 il grande salto e il nuovo nome. L’assemblea degli azionisti, socio unico era Toto Spa, ha deliberato un aumento di capitale fino a 300 milioni, con sovrapprezzo di 569,772 milioni, «da liberarsi mediante conferimento in natura da parte di Toto Spa dell’intera partecipazione detenuta nella società Air One». È la seconda compagnia nazionale, nel 2005 ha fatturato 492 milioni con un utile netto di 16 milioni, beneficiando di 15 milioni di proventi extragestionali (liberazione di fondi rischi).
Secondo una perizia giurata il 29 dicembre da Andrea Mennilli, che era stato nominato dal Tribunale di Chieti il 17 maggio 2005, la partecipazione del 99,77% in Air One della Toto Spa vale 1.075,54 milioni. Un valore elevato che, secondo fonti vicine al gruppo, è basato sulla capacità di trasporto, gli slot, la rete, il piano industriale. Nel conferimento, la Toto Spa ha "contenuto" il valore di Air One a 869,652 milioni, per prudenza.
Il 26 gennaio 2007 l’assemblea di Ap Holding, presenti Toto Spa (99,999%) e la neonata Ap Capital Srl (0,001% del capitale), delibera un nuovo aumento, in denaro, per 100 milioni, pari al 10,3% del nuovo capitale. Alfonso Toto, 30 anni, figlio di Carlo e amministratore unico della società, spiega che «l’operazione risulta necessaria per rafforzare ulteriormente il patrimonio sociale, per l’eventualità dell’esito favorevole della procedura competitiva» per l’acquisto del 30,1% dell’Alitalia.
La Toto rinuncia ai diritti di opzione a favore di Ap Capital, che dovrà sottoscrivere l’aumento «entro 15 giorni dalla data di eventuale aggiudicazione» del 30,1% di Alitalia. Ap Capital, che ha 10mila euro di capitale, stipula due giorni dopo il contratto di finanziamento con Intesa per 105 milioni e dà in pegno le sue quote, che potenzialmente valgono il 10,3% di Ap Holding.
Gianni Dragoni
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Il Sole-24 Ore, 26 giugno 2007
Carlo Toto presenta ai sindacati il suo piano industriale per la privatizzazione Alitalia. Il patron di AirOne ha convocato le nove sigle, dai piloti dell’Anpac ai confederali, per domattina all’hotel Sheraton dell’Eur, a Roma, mentre alla Magliana si riunirà l’assemblea dei soci per approvare i rovinosi conti del 2006, con una perdita consolidata di 636 milioni.
Una coincidenza emblematica. Sembra una staffetta tra il passato da dimenticare dell’aviolinea statale e la possibile svolta che potrebbe essere impressa dalla futura gestione privata.
Ma Toto ha già avuto contatti con i sindacati, ai quali ha lanciato messaggi considerati rassicuranti nel milieu politico. Secondo indiscrezioni, Toto avrebbe detto che Malpensa (dove AirOne non ha mai voluto portare i suoi voli) deve stare in piedi perché interessa al Paese; i salari di Alitalia non sarebbero un problema, ma ci vuole più produttività del personale navigante, mentre ci sarebbero 1.500 esuberi a terra. Gli esuberi non sono confermati da fonti ufficiali.
Un problema a parte è la manutenzione degli aerei, affidata ad Az Servizi, posseduta in condominio da Alitalia insieme a Fintecna: Toto ha detto ai sindacati che i costi andrebbero ridotti per allinearli al mercato. Secondo la cordata Aeroflot i costi della manutenzione sono del 30% fuori mercato.
La mossa di Toto conferma la sua tranquillità nella gara. Il 12 luglio devono essere presentate le offerte vincolanti per l’acquisto di almeno il 39,9% (ma Toto intende comprare tutto il 49,9% posseduto dallo Stato) della compagnia.
In gara ci sono ancora, seppur con tentennamenti, la russa Aeroflot con Unicredit, infine il fondo americano MatlinPatterson. Ammantato del sacro principio dell’«italianità», Toto ha l’appoggio di larga parte del Governo, in particolare dei Ds con Massimo D’Alema e di Antonio Di Pietro. Il premier Romano Prodi è più freddo verso l’imprenditore di Chieti. Ma il fronte prodiano trova un’altra copertura nell’operazione, quella di Intesa Sanpaolo, la banca guidata da Giovanni Bazoli e Corrado Passera.
Intesa, che ha aperto una linea di credito da 105 milioni ad Ap Hoding, la società di Toto che ha presentato la manifestazione d’interesse, è il vero pivot. Intesa che ha promosso la ricerca di altri partner finanziari. Sono pronte a intervenire quattro banche, Mps, Lehman Brothers, Morgan Stanley e Nomura. Hanno già firmato gli accordi di confidenzialità. Alcune potrebbero entrare con Intesa nel capitale di Ap Holding, con quote di minoranza, altre limitarsi a prestare i soldi.
Toto non metterà denaro nell’offerta per Alitalia, ma il 99,99% di Air One, che la capogruppo di Chieti, la Toto Spa, ha conferito ad Ap Holding il 30 dicembre 2006, previa rivalutazione da 55 a 876 milioni di euro, secondo una perizia di Andrea Mennilli, nominato dal tribunale di Chieti.
Secondo fonti vicine alla cordata, il valore rivalutato di Air One sarebbe stato sostanzialmente confermato da una primaria società di consulenza scelta da Toto e dall’advisor incaricato da Intesa, Price Waterhouse. Non è comunque ancora disponibile il rapporto conclusivo di questi due soggetti, né il documento è di pubblico dominio.
Queste indicazioni non dissipano tuttavia i dubbi, raccolti in vari ambienti dal Sole 24 Ore, che il valore di 876 milioni per Air One sia elevato rispetto alle dimensioni dell’azienda e alla sua redditività (è pari a 109 volte l’utile netto del 2006, pur non essendo l’utile l’unico criterio del valore). Il valore attribuito da Toto a Air One è circa il 20% in meno della capitalizzazione di Alitalia, pari a 1,15 miliardi (ieri -1,7% a 0,848 euro).
Gianni Dragoni
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Il Sole-24 Ore, 6 luglio 2007
È ritmato dall’incertezza il finale dell’asta Alitalia: asta dei misteri e dei colpi di scena. Non tanto - com’è ovvio - per l’esito della gara ma per il dubbio che, a causa anche della rigidità della procedura, i due pretendenti rimasti riescano a formulare un’offerta accettabile per Alitalia.
In corsa c’è un fondo statunitense dai contorni misteriosi, MatlinPatterson. Appare più come una lepre per tenere all’erta l’altro concorrente, che un serio pretendente.
L’attenzione, quindi, è concentrata sulla cordata Air One-Intesa. il pretendente favorito: è l’unico italiano e quindi, se saprà formulare un’offerta affidabile, con un progetto industriale credibile, potrebbe coniugare il tentativo di risanare la Cenerentola dei cieli mantenendo in Italia il centro di direzione. L’italianità non è una condizione necessaria. Tuttavia, può essere un fattore di sviluppo per il Paese.
Carlo Toto, il patron di Air One, è l’unico imprenditore italiano che ha resistito fino al termine della procedura di privatizzazione, resa più difficile dai paletti piantati dal Governo. Toto, 63 anni, è un imprenditore coraggioso che nel 1995 ha osato sfidare il monopolio dell’Alitalia sulla Roma-Milano. riuscito a non farsi travolgere dai debiti (che pure sono lievitati), conquistando il 33% del mercato italiano. Con l’imprenditore di Chieti è schierata Intesa Sanpaolo.
Un piccolo campione dell’aviazione e un campione nazionale del credito. In assenza di Air France o Lufthansa, questa combinazione sembra perfetta per centrare il risultato, anche sul versante politico. Toto è ben visto in quasi tutto l’arco costituzionale. In prima fila i Ds con Massimo D’Alema, ma anche Antonio Di Pietro, Margherita, An. Toto conosce i politici, da decenni lavora nelle costruzioni con gli appalti Anas. Dal 2003, in società al 40% con il gruppo Autostrade nella Strada dei Parchi, ha la concessione per i 300 km di autostrade abruzzesi. Il bilancio 2005 della Toto Spa stima che, in 28 anni, Strada dei Parchi incasserà 4,5 miliardi di pedaggi.
Toto non è nel cuore di Romano Prodi, ma qui c’è la copertura di Intesa Sanpaolo. Perché la superbanca presieduta da Giovanni Bazoli si sia messa a cuore l’Alitalia, con i rischi anche per i suoi bilanci, non si sa. Una moral suasion da Palazzo Chigi? Oppure Corrado Passera, dopo il successo alle Poste, ha sentito il richiamo di un’altra "impresa impossibile"?
Toto e Intesa sono a un passo dal traguardo. Devono però dimostrare che - problemi Antitrust a parte - il piano industriale è affidabile, l’operazione finanziaria è trasparente e sostenibile.
Punto di partenza è la rivalutazione di Air One, da 55 milioni a 869 milioni, fatta a fine 2006. Per comprare Alitalia Toto conferisce la sua società, non mette soldi: chiede a Intesa e altre quattro banche di mettere 1,5-2 miliardi di euro, con l’acquisto di quote di minoranza di una società veicolo che contiene Air One, la Ap Holding, e di altre a cascata.
Le banche hanno dei dubbi. Il sistema proposto, un po’ macchinoso e con una struttura che ricorda le scatole cinesi, si presta a interrogativi anche per la valutazione di Air One. Il valore è pari a 109 volte gli utili della compagnia nel 2006. Air One ribatte che sono comprese quote di mercato, prospettive di crescita e di redditività. Toto valorizza anche il contratto di acquisto di 40 aerei Airbus 320 più 50 opzioni, ottenuto a condizioni vantaggiose: ha pagato ogni jet sei milioni di dollari meno del valore di mercato.
Tuttavia, se si eccettua l’Alitalia in agonia, le compagnie europee hanno un rapporto tra capitalizzazione di Borsa (del 4 luglio) e utili (nel 2006) molto più basso: Air France-Klm 10,75, Lufthansa 11,9, British Airways 17,5, Ryanair e Air Berlin circa 19,5. Oltre questo valore solo Iberia (30) perché sotto possibile Opa e easyJet (24).
Qualche informazione in più sui conti e sui bilanci di Air One, sarebbe opportuna. Tra l’altro, se l’operazione risanamento dovesse fallire, Intesa e le altre banche si troverebbero azioniste non solo di Alitalia, ma anche di Air One.
Gianni Dragoni

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Il Sole-24 Ore 14/07/2007, pagina 36
In forte crescita i debiti di Toto
Intesa Sanpaolo ha in pegno il 35% del capitale di Ap Holding (Aph), la società veicolo con la quale Carlo Toto è in gara per la privatizzazione Alitalia. Lo rende noto il bilancio consolidato 2006 della Toto Spa, precisando che il pegno è «a garanzia di un finanziamento concesso ad una società correlata».
Il bilancio di Aph precisa che la società ha presentato la manifestazione di interesse all’acquisto del 49,9% di Alitalia «dopo aver avviato trattative con Banca Intesa Sanpaolo che si è dichiarata disposta a finanziare l’operazione». I contatti sono in corso, anche con altre banche, non c’è ancora accordo. L’offerta va presentata il 23 luglio.
La Toto, società di costruzioni dell’imprenditore di Chieti, è la capogruppo di tutte le attività. Tra queste, Air One e altre aziende del trasporto aereo, conferite ad Aph a fine 2006, il 40% della Strada dei Parchi (autostrade abruzzesi), l’attività nel trasporto ferroviario, avviata da pochi mesi nelle merci con Rail One.
I dati principali del gruppo mostrano un elevato indebitamento (nel 2006 i debiti totali lordi sono saliti da 515,7 a 829,2 milioni di euro), un patrimonio netto che resta negativo (-43 milioni), una bassa redditività (l’utile netto è salito da 1,1 a 3 milioni).
Da pochi giorni sono disponibili, attraverso la banca dati Infocamere-Cerved, i bilanci 2006 del gruppo Toto e di Aph. Questa è la scatola vuota alla quale il 30 dicembre 2006 la Toto ha conferito il 99,77% di Air One, rivalutandola da 55 a 869,6 milioni, secondo una perizia di Andrea Mennilli, nominato dal Tribunale di Chieti.
Non è ancora disponibile, nell’archivio camerale, il bilancio 2006 di Air One. Tre mesi fa l’aviolinea ha annunciato per il 2006 un utile netto di circa sette milioni e un valore della produzione di 611,5 milioni (+24%). Air One, che secondo il consolidato Toto ha un utile netto di 6,9 milioni e un Ebitdar di 94,3 milioni, non rappresenta tutta l’attività nel trasporto aereo di Toto: ci sono anche le controllate nella manutenzione (Technic, Alitec) e nell’handling (Eas, in rosso per 1,39 milioni), City Liner, infine un grappolo di società irlandesi. A queste, sia per ragioni fiscali sia per le garanzie date alle banche finanziatrici (pegni sulle azioni e ipoteche sui velivoli), Toto conferisce gli aerei. I jet vengono poi noleggiati alle sue aviolinee.
Alla Challey di Dublino si sono sommate nel 2006 quattro nuove società irlandesi, contenitori dei sei Crj 900 e dei due Airbus 320 consegnati nel 2006. Il gruppo ha ordinato 40 A320, ha opzioni per 50 e - si apprende dal bilancio - ha versato un acconto di 1,8 milioni di euro a Boeing «per l’opzione di acquisto di 15 aeromobili tipo B787». La crescita dell’indebitamento è in gran parte dovuta agli impegni per la flotta.
Air One non pubblica il suo bilancio consolidato, dal quale si potrebbe capire meglio come va il settore aereo. Il consolidato 2006 di Aph, la nuova subholding del settore aereo, contiene solo i valori patrimoniali e i debiti. Non c’è il consolidato Aph del conto economico, perché Air One e le altre società sono state entrate in Aph solo un giorno prima di San Silvestro.
Questo fatto viene segnalato dalla società di revisione, Kpmg, che ha certificato il bilancio Aph senza rilievi. Lo stesso revisore ha certificato il consolidato Toto, senza rilievi, ma con richiami di informativa. «Il bilancio consolidato - fa notare il socio di Kpmg, Salvatore Sanna - evidenzia un patrimonio netto negativo. (...) gli amministratori riportano le motivazioni di tale situazione, riconducibili all’eliminazione di rilevanti operazioni effettuate in passato all’interno del gruppo e indicano che i valori espressi nei bilanci delle singole società (che espongono patrimoni netti positivi e a larga maggioranza risultati economici positivi) non sono superiori a quelli determinabili a valori correnti».
Il gruppo fa notare che, se avesse predisposto il consolidato a principi Ias, valutando i cespiti al fair value, il patrimonio netto sarebbe positivo di circa 8 milioni.
Il valore della produzione del gruppo Toto è salito da 703 a 834 milioni nel 2006. Tra gli «altri» ricavi «sono inclusi 23,5 milioni che si riferiscono ad incentivi che Air One ha ricevuto dai fornitori di aeromobili a sostegno degli oneri e delle spese sostenuti per il rinnovo della flotta».
Il consolidato della subholding Aph dichiara debiti complessivi per 554,8 milioni, di cui 245 verso banche, compresi 161 milioni di mutui per finanziamento flotta, ulteriori 112 milioni di debiti verso «altri finanziatori», 154 milioni di debiti verso fornitori.
Aph ha un patrimonio netto consolidato di 870 milioni, effetto della rivalutazione di Air One fatta il 30 dicembre. La rivalutazione (con pluvalenza di 799 milioni per la Toto Spa) è stata eliminata dal consolidato della Toto, perché l’operazione è infragruppo.
Nelle immobilizzazioni è iscritto un valore di 230 milioni per il marchio Air One, «quantificato dall’amministratore avvalendosi del supporto di esperti indipendenti». Viene indicato un avviamento (da consolidamento) di 594 milioni, che sarà ammortizzato in 20 anni. Tra le immobilizzazioni un valore di aerei per 226,8 milioni (il costo storico è 290 milioni) e 70,4 milioni di «immobilizzazioni in corso e acconti», per lo più anticipi flotta. C’è una liquidità di quasi 26 milioni. Ma, in conclusione, il gruppo Aph ha debiti finanziari netti per 316 milioni.
Gianni Dragoni

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Il Sole-24 Ore, 28 giugno 2008
È pronto il piano di Intesa Sanpaolo per la nuova Alitalia. La banca scelta come advisor della privatizzazione si appresta a lanciare un ultimatum al Governo, perché decida entro pochi giorni se la ricetta è accettabile, altrimenti rimetterà il mandato.
Secondo indiscrezioni di autorevoli fonti finanziarie, il piano dell’amministratore delegato, Corrado Passera, prospetta la separazione in due tronconi del gruppo Alitalia, con la creazione di una nuova società, la salvifica «newco», aperta all’ingresso di nuovi soci privati (guidati da Air One e Roberto Colaninno) e ripulita dalla zavorra degli esuberi e delle maggiori passività finanziarie, che resterebbero nella bad company.
Questo piano dovrebbe essere realizzato attraverso un fallimento pilotato, ma senza ricorrere alla legge Marzano. Nella «nuova Alitalia» entrerebbero nuovi soci e capitali freschi. Carlo Toto conferirebbe l’Air One, il secondo vettore italiano,per rafforzare – ma c’è l’alea dell’Antitrust – le quote sul mercato interno, nel quale Alitalia è scesa al 42% nel 2007. Toto apporterebbe i contratti di acquisto di nuovi Airbus 320: ha ordini fermi per 60 jet, di cui 17 già consegnati, idonei a sostituire i 75 vecchi Md80 dell’Alitalia che consumano troppo.
Altri soci apporterebbero i capitali necessari a dotare di liquidità la società. Oltre a Roberto Colaninno, ci sarebbero altri investitori. Non è confermata l’ipotesi che entrino il gruppo Ligresti o imprenditori del settore autostradale premiati dalla recente legge che rinnova le concessioni a condizioni vantaggiose (Gavio, Benetton e qualche altro).
La dotazione di capitale della nuova Alitalia sarebbe intorno a 1,5 miliardi. Ma è da chiarire quanta sarebbe l’effettiva liquidità. Air One apporterebbe solo il valore patrimoniale riconosciuto all’azienda, ma anche i debiti del gruppo, piuttosto elevati. Non sarebbe prevista la confluenza di Meridiana.
L’aspetto più delicato del piano Intesa è la bad company, il contenitore di debiti, passività e migliaia di esuberi. Secondo i piloti Anpac, l’unione tra Alitalia ed Air One creerebbe almeno 4mila disoccupati nelle attività di volo, a causa delle sovrapposizioni. Ma ulteriori esuberi si annidano nei servizi di terra, tra gli 8mila addetti di Alitalia Servizi. il punto più delicato per il premier Silvio Berlusconi. Anche per l’impatto su Roma, dove c’è un sindaco della sua coalizione, Gianni Alemanno.
Intesa prevede la cessione di attività di terra, tra cui la manutenzione dell’Atitech di Napoli: il Governo potrebbe fare pressioni sulla Finmeccanica, che è contraria, ma potrebbe cedere. Si pensa anche alla Fintecna.
Secondo il piano di Intesa, solo a queste condizioni Alitalia, che viaggia quest’anno con una perdita tendenziale superiore a 800 milioni, potrebbe essere salvata. Una decisione sostanziale potrebbe essere presa entro l’inizio della prossima settimana. Se il Governo non accetterà queste condizioni, Passera potrebbe rinunciare all’incarico di advisor che ha avuto due settimane fa.
Nell’assemblea degli azionisti Alitalia, che oggi approverà il bilancio 2007, con 495 milioni di perdita netta, il ministero dell’Economia reintegrerà a cinque componenti il consiglio di amministrazione, ridotto a tre. prevista la nomina, anticipata dall’Ansa, di Nunzio Guglielmino (62 anni) e Tommaso Vincenzo Milanese (61 anni). Il ministro Giulio Tremonti aveva annunciato due componenti «di elevato profilo e competenza». Guglielmino, ex dirigente del ministero del Tesoro, è vicepresidente di Poste Italiane da una decina d’anni, consigliere della Cassa depositi e prestiti, inoltre ha un incarico dorato a Parigi: vice governatore delegato della Banca di Sviluppo del Consiglio d’Europa. Milanese è stato direttore centrale finanza dell’Iri, già nel cda Alitalia, condirettore generale della Fincantieri.
Non ci saranno quindi amministratori esecutivi e resterà presidente del cda, senza deleghe, l’avvocato Aristide Police. Appena reintegrato nella sua pienezza, il consiglio perderà però un pezzo. Sta per dimettersi Carlo Santini, ex Banca d’Italia, che ha altri incarichi: è nel cda di banca Sella, presidente di Carife Sim, vicepresidente di Sviluppo del Mediterraneo Spa. Il toto-nomine è pronto a ripartire per la sua sostituzione.
Gianni Dragoni
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Il Sole-24 Ore, 17 luglio 2008
Il piano di Intesa Sanpaolo per la nuova Alitalia è ormai pronto. Il progetto potrebbe essere esaminato oggi dal consiglio di amministrazione della compagnia. Non sono previste comunque decisioni definitive.
Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha lanciato ottimismo sulla soluzione della difficile vicenda. «In tempi abbasta brevi presenteremo la nuova Alitalia con un piano industriale che le consentirà di tornare in attivo», ha detto. Secondo il premier il capitale «sarà sottoscritto da molti imprenditori italiani». «Dovremo dire dei no – ha puntualizzato – perché c’è un’offerta per oltre il doppio del necessario».
Una privatizzazione in overbooking, stando a Berlusconi. Ma non è ancora chiaro come sarà la soluzione. Già in marzo, durante la campagna elettorale, dopo aver bocciato il progetto Air France, Berlusconi aveva sostenuto che c’era una «cordata italiana» per l’Alitalia.
Questa ipotetica compagine però non si è materializzata. C’è l’interesse di Air One. La compagnia di Carlo Toto razionalizzerebbe le attività con l’integrazione, ottenendo un miglioramento dei margini operativi grazie al sostanziale monopolio sulla Roma-Milano.
Air One è molto indebitata, ha conti fragili, mentre gioca il jolly degli ordini di 60 nuovi Airbus 320 per rinnovare la flotta del vettore pubblico. Toto però non apporterebbe denaro. Conferirebbe debiti e il suo attivo, rivalutato. Banca Intesa e almeno alcuni dei possibili nuovi soci non riconoscerebbero il valore che Toto ha dato al suo gruppo, rivalutato a 870 milioni a fine 2006.
I capitali per far ripartire l’Ali-One dovrebbero quindi metterli altri. Questa è una delle incognite del piano Intesa. La nuova società sarebbe ripulita dai debiti, dalla zavorra e dagli esuberi (almeno 6mila lavoratori, secondo stime ufficiose, ma forse di più): le scorie resterebbero nell’attuale Alitalia, che diventerebbe la bad company.
Le indiscrezioni sui tagli creano divergenze nel Pdl, il partito di Governo. Il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, annuncia battaglia: «Fiumicino e Alitalia non si salvano con le chiacchiere e con gli atteggiamenti ideologici. Appena sarà pronto il piano industriale lo visioneremo e difenderemo i livelli occupazionali di Roma e l’hub di Fiumicino». E secondo Altero Matteoli, ministro dei Trasporti, è stata temporanemaente accantonata l’ipotesi di ricocrere alla legge Marzano.
 forte l’interesse per il ramo trasporto merci di Alitalia. La Miro Radici Finance ha raggiunto un accordo con la Equinox, società di investimento lussemburghese guidata da Salvatore Mancuso, per rilevare le attività cargo del vettore pubblico. I due gruppi hanno inviato una «manifestazione d’interesse» a Intesa Sanpaolo, advisor della privatizzazione.
Nel cargo Alcide Leali ha reso noto l’ingresso nella sua nuova compagnia Alis di Intesa Sanpaolo, «recentemente entrata nel capitale della società con una quota di minoranza pari a circa il 33% del capitale». L’imprenditore ha siglato ieri un memorandum of understanding con Airbus per l’acquisto di 5 A330-200F e ulteriori 3 in opzione, per il trasporto merci verso NordAmerica, India, Cina, Giappone. L’inizio dei voli è previsto nel 2010 con ulteriori aerei nuovi in leasing.
Gianni Dragoni

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Il Sole-24 Ore, 24 luglio 2008
Alitalia vicina al capolinea. Capolinea per la situazione economico-finanziaria della società, che l’8 agosto presenterà i conti semestrali al consiglio di amministrazione e potrebbe essere costretta a dichiarare che il capitale è stato divorato dalle perdite. Capolinea anche per il lavoro di Intesa Sanpaolo, l’advisor scelto dal Governo che deve completare entro una decina di giorni il piano per l’ingresso di una «cordata italiana» nella società.
«Credo che si sia vicini ad una conclusione che potrà rilanciare una compagnia a capitale italiano significativa, utile per il rilancio di un Paese che è una delle grandi potenze mondiali», ha detto Claudio Scajola, ministro dello Sviluppo economico. E lo stesso Silvio Berlusconi, nell’incontro serale con i senatori Pdl, avrebbe riferito che la soluzione per Alitalia «è vicina», ma «serviranno sacrifici». Per sabato è convocato il consiglio di Alitalia. Se ci fossero novità dall’advisor il Cda potrebbe esaminare il piano. Ieri sera il presidente dell’aviolinea, Aristide Police, ha incontrato a Palazzo Chigi il sottosegretario Gianni Letta. Alla presidenza è arrivato anche Bruno Ermolli, il consulente incaricato da Silvio Berlusconi, in campagna elettorale, di organizzare la cordata italiana per bloccare il progetto di Air France-Klm. Anche se in serata Palazzo Chigi ha dovuto smentire che la sua visita fosse legata alla vicenda Alitalia.
Sulla conclusione del lavoro per la nascita di una «nuova Alitalia» ci sono però ancora diversi punti interrogativi. Il principale riguarda l’effettiva disponibilità di imprenditori a versare i capitali necessari a ripartire. Il fabbisogno è indicato da fonti finanziarie in una somma tra 800 milioni e 1,6 miliardi di euro.
Tutti gli interpellati, tra cui il più interessato è Carlo Toto, patron di Air One, condizionano l’adesione alla nascita di una nuova società, la salvifica "newco", nella quale entrerebbe la parte buona della compagnia, con gli slot, gli aerei, ma non i debiti né gli esuberi, che sarebbero almeno 5-6mila. Dopo un lungo silenzio, si stanno allarmando i sindacati, dall’Anpac all’Ugl. Fabrizio Solari, della Filt-Cgil, ha rilevato che «se queste notizie fossero reali si peggiorerebbe addirittura la situazione proposta da Air France». Proposta al cui affossamento la Cgil ha dato un contributo determinante. La zavorra dovrebbe restare nella vecchia società, l’attuale Alitalia che finirebbe in amministrazione straordinaria o liquidazione. Sarebbe la bad company, piena di scorie, con un indebitamento finanziario netto superiore a un miliardo. Perché questo disegno si possa compiere gli advisor, Intesa con i legali dello studio Bonelli Erede Pappalardo, hanno chiesto al Governo una profonda modifica della legge Marzano. La prima ragione è accelerare la procedura ed evitare al commissario l’obbligo di fare una gara per cedere (o affittare) i rami d’azienda. Questi verrebbero invece pilotati verso la nuova società.
La seconda ragione è che la modifica legislativa dovrebbe creare uno schermo per evitare che i soci della "newco" vengano chiamati a rispondere dei debiti del passato. Una modifica di questa portata non appare semplice, tenendo conto dei rapporti con i creditori e con la Ue (per gli aiuti di Stato). Il Governo non è unanime. contrario a una nuova Marzano il ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli.
Scajola ha escluso che al Consiglio dei ministri di domani venga varata una modifica della Marzano. «Ritengo di no», ha risposto, osservando però che «gli strumenti devono essere definiti, e quando qualcuno lavora bisogna lasciarlo lavorare in silenzio e rispettando il suo lavoro». Anche sui nomi dei partecipanti alla nuova società restano incertezze. Toto non conferirebbe liquidità ma Air One, una compagnia indebitata e con ordini per 60 jet Airbus 320. Dovrebbero entrare nella società Salvatore Ligresti e i concessionari autostradali Benetton-Atlantia e Gavio, premiati dalla recente legge che regala aumenti tariffari annuali pressoché automatici. Il veicolo per l’ingresso dovrebbe essere Igli, la società che controlla il 29% di Impregilo (a cui il Governo peraltro intende restituire l’appalto per il ponte di Messina) e riunisce, con quote paritetiche, Atlantia-Autostrade, Gavio, l’Immobiliare Lombarda di Ligresti. Ma questi soci non bastano. E sugli altri papabili ci sono ancora diverse incertezze.
Gianni Dragoni

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Il Sole 24 Ore, 25 luglio 2008
Il tempo sta per scadere per l’Alitalia. Tenuta in vita con l’iniezione "bipartisan" di 300 milioni di euro di pubblico denaro fatta il 2 maggio (il prestito "ponte", ma nessuno sa verso quale approdo), la compagnia esaurirà entro poche settimane le ultime gocce di liquidità. Anche ieri 2 milioni sono stati bruciati nelle fornaci della Magliana.
Il contatore delle perdite, aggiornato quotidianamente da Radio 24, procede nel suo ticchettio.
Non tiene conto delle liturgie di una politica che stenta a trovare una soluzione a una calamità nazionale, che coniughi il risanamento dell’aviolinea con l’offerta di voli efficienti, sicuri, puntuali, a prezzi che non siano da boutique dei cieli.
Si parla di soluzione vicina, sulla base del lavoro di Intesa Sanpaolo, per una «nuova Alitalia» con l’ingresso di imprenditori italiani. La vecchia società dovrebbe essere commissariata e tenersi la zavorra di debiti ed esuberi.
Ma ci sono ancora troppi punti interrogativi, almeno dieci.
Le ricette che oggi si profilano appaiono perdenti nel confronto con la proposta di Air France-Klm, respinta in marzo dai sindacati e da Silvio Berlusconi.
1) La nuova Marzano
Il piano Intesa presuppone una revisione del diritto fallimentare. Con una nuova legge Marzano si vorrebbe creare uno schermo per evitare che i soci della nuova Alitalia rispondano delle passività attuali, scaricate nella bad company. Ma è complicato varare una legge simile, sia perché la Ue potrebbe contestare aiuti di Stato alla nuova società, sia per problemi di opportunità nel momento in cui lo Stato imporrebbe un sacrificio ai creditori. Il Governo è diviso.
2) La stangata
Tra i creditori ci sono i possessori dei bond convertibili, emessi per 715 milioni nel 2002. Una quota, 445 milioni, è del Tesoro, 270 milioni sono dei risparmiatori. In caso di rimborso solo parziale, per costoro, come per altri creditori, ci sarebbe una fregatura come fu per i possessori dei bond Cirio, Parmalat, Argentina. Ma stavolta a tirare la stangata sarebbe lo Stato.
3) Imprenditori riluttanti
Scarsa la disponibilità di imprenditori a mettere capitali nel l’Alitalia. Probabile solo la presenza – con 100 milioni ciascuno – dei concessionari autostradali Atlantia (controllata dai Benetton) e Gavio, premiati dalla legge che regala aumenti tariffari automatici, oltre al costruttore Salvatore Ligresti, che potrebbe ottenere compensazioni con i piani per l’Expo 2015 a Milano.
4) Air One
Punto fermo del piano è l’integrazione con Air One, nata per fare concorrenza all’Alitalia, ma indebitata e bisognosa di sostegno. Tornerebbe il monopolio sui cieli nazionali, cioè biglietti più cari. Si discute anche sul valore di Air One: per il proprietario, Carlo Toto, circa 500 milioni, per altri tra 100 e 250 milioni. Toto, ricevuto ieri da Gianni Letta a Palazzo Chigi, non metterebbe denaro.
5) Antitrust
L’Antitrust nazionale, severo in altri tempi per piccole operazioni, come il passaggio di Volare ad Alitalia, non manda segnali di guerra contro quest’unione. C’è però anche la competenza dell’Antitrust Ue, meno duttile alla moral suasion politica.
6) Confronto Air France
L’offerta dei francesi conteneva l’impegno a ricapitalizzare con almeno un miliardo l’Alitalia in giugno. Denaro che oggi farebbe comodo. Senza spezzatino e senza sacrifici per i creditori. Gli esuberi sarebbero stati 2.120. Altri 3.300 lavoratori sarebbero rimasti in Az Servizi-Fintecna, con cinque anni di lavoro garantito. Con il piano Intesa si prevedono almeno 5-6mila esuberi secchi, forse 7-8mila.
7) L’equivoco Malpensa
La rivolta guidata dalla Lega contro i francesi era basata sull’abbandono dell’hub di Malpensa. Ma nei piani per la nuova Alitalia non si parla di rilancio dello scalo lombardo, tranne la promessa di qualche volo in più. Lufthansa ha annunciato di farvi una base con sei aerei regionali l’anno prossimo.
8) Pagano i contribuenti
Nelle ipotesi di spezzatino, lo Stato potrebbe accollarsi, almeno in parte, il pagamento dei vecchi debiti della bad company. Non è stato chiarito quale sarebbe il costo per i contribuenti, ai quali è già stato addebitato l’onere del «prestito ponte» da 300 milioni.
9) Piano industriale
La ricetta è basata soprattutto su una ristrutturazione finanziaria. A parte l’impatto della riduzione di organico, non è chiaro come il piano riuscirebbe ad abbattere i costi unitari di gestione e ad espandere i ricavi, condizione necessaria per interrompere gli squilibri che durano da 15 anni.
10) Partner estero
La nuova Alitalia nascerebbe «italiana», solo in una seconda fase si cercherebbe un forte alleato straniero. La società sarebbe quindi debole, una compagnia regionale. Se il punto d’arrivo dev’essere comunque, come è logico, un robusto partner estero (cioè Lufthansa o Air France), non si capisce quale senso industriale abbia avuto respingere l’offerta dei francesi.
Gianni Dragoni

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Il Sole-24 Ore, 6 settembre 2008
 un confronto perdente, quello tra il piano Passera-Colaninno per la «nuova Alitalia» che è stato accolto con le fanfare dal Governo e l’offerta di acquisto presentata da Air France-Klm nei mesi scorsi, che fu affossata da Silvio Berlusconi in campagna elettorale e respinta dai sindacati.
In nessun aspetto la proposta attribuita alla cordata di 16 investitori della Cai, guidati da Roberto Colaninno, già scalatore di Telecom Italia nel 1999 con i soldi della stessa società, migliora il progetto francese. Anzi, numerosi appaiono i peggioramenti, per la compagnia e i lavoratori, per i consumatori, per i contribuenti, per creditori e azionisti.
Dalle informazioni disponibili si possono sollevare interrogativi che vanno ad aggiornare il decalogo pubblicato sul Sole 24 Ore il 25 luglio. Inoltre, non è comprensibile quali vantaggi rechi l’integrazione con AirOne, aviolinea privata in difficoltà che Intesa Sanpaolo ha voluto includere nella «nuova Alitalia».
1. I vantaggi dell’italianità
L’elemento da cui è partita l’opposizione politica e imprenditoriale al piano Spinetta era la mancanza di «italianità». Solo questa caratteristica – si disse – sarebbe stata una garanzia per i passeggeri nazionali, le imprese, il turismo, con il mantenimento di un maggior numero di voli intercontinentali e internazionali diretti. Ebbene, le destinazioni della «nuova Alitalia» saranno 65, inferiori alle 84 di Air France. Ci sarà una concentrazione sul mercato nazionale ed europeo (dove si perdono più soldi per l’attacco delle low cost), con pochi collegamenti intercontinentali. I voli a lungo raggio della nuova società oscillano, secondo i primi annunci, tra 13 e 16 destinazioni, contro le 15 previste da Jean-Cyril Spinetta all’inizio e destinate ad aumentare. Per i passeggeri italiani aumenterà la necessità di fare scalo a Parigi, Francoforte o Londra per voli lunghi.
2. Flotta ridimensionata
La riduzione di attività è inevitabile poiché il piano postula che la compagnia derivante dall’integrazione di Alitalia con Air One abbia circa 139 aerei, cioè 100 in meno delle 238 macchine impiegate dai due vettori. Spinetta prevedeva un’Alitalia con 137 velivoli, circa 40 in meno della sua flotta. I francesi inoltre prevedevano di aggiungere un aereo di lungo raggio all’anno dal 2010. Non si conoscono gli impegni di Colaninno in proposito.
Poiché Alitalia già ha 175 aerei, più della flotta giudicata necessaria dal nuovo piano, a cosa serve aggiungere AirOne, con i suoi 60 aeroplani? L’aviolinea privata ha ordini per 60 nuovi Airbus 320 che consumano meno dei vecchi Md80 Alitalia. Ma il canone di leasing su questi aerei è molto più alto che sugli altri.
3. Monopolio
L’unione di Alitalia con il principale concorrente annulla quasi tutta la concorrenza sui cieli nazionali. La nuova società avrà mano libera nell’alzare le tariffe, con un beneficio di alcune centinaia di milioni sui conti. Fa sorridere chi sostiene che la concorrenza arriverà dal treno: l’alta velocità, quando arriverà, potrà forse essere un’alternativa sulla Roma-Milano, non sulle altre tratte. L’italianità, insomma, sarà pagata cara dai consumatori.
4. Impegni finanziari
Air France-Klm si era impegnata a versare dentro Alitalia Spa – la società oggi commissariata – almeno un miliardo entro giugno 2008, accollandosi anche circa 1,4 miliardi di debiti finanziari netti che invece il nuovo piano lascia nella bad company. Di fatto, l’impegno di Air France era di 2,4 miliardi circa. E non ci sarebbe stata una bad company da scaricare sullo Stato o sui creditori/azionisti.
La Cai ha annunciato un impegno fino a un miliardo. Per ora, i suoi soci hanno versato 160mila euro. E nell’«information memorandum» del Progetto Fenice si legge che il nuovo capitale versato «per cassa» dai soci entro il 2008 sarà di 800 milioni, «soggetto al verificarsi di talune condizioni sospensive». da chiarire quale sarà la somma effettiva, comunque inferiore al miliardo.
Quanto a AirOne, lo stesso documento dice che, attraverso un aumento riservato, conferirà «taluni rami aziendali per un controvalore pari a 300 milioni», che porteranno il capitale a 1,1 miliardi. AirOne non mette soldi. Quali siano i «rami aziendali» il documento non lo precisa. Certo non aerei, perché i suoi jet sono in leasing.
L’impegno degli investitori «italiani» è meno della metà dei francesi. Resta un buco di almeno 1,4 miliardi nella bad company: debiti che verranno pagati dallo Stato (si stima per un miliardo), dai creditori, dagli azionisti.
5. La valutazione di Alitalia
Si sostiene che la Cai ha fatto un’offerta di circa 300 milioni per comprare la parte buona di Alitalia, gli slot, il marchio, con gli aerei migliori. Un valore analogo viene attribuito ai conferimenti di AirOne. Non è giustificabile attribuire valori simili a società che non sono comparabili. Ed è risibile che la polpa buona della compagnia pubblica valga così poco. Alitalia possiede slot pregiati a Heathrow, Parigi, Francoforte, Duesseldorf, Madrid che valgono svariate centinaia di milioni. Ha un marchio noto nel mondo, una rete di vendita internazionale.
Perché il commissario Augusto Fantozzi non apre una procedura trasparente di vendita, dando anche ad altri (Air France o Lufthansa, ad esempio) il tempo di fare un’offerta? Dovrebbe essere suo interesse massimizzare il ricavato per creditori e azionisti.
6. Il valore di Air One
Il Progetto Fenice non spiega quale sia il beneficio portato da AirOne. La compagnia di Carlo Toto ha una rete sovrapposta ad Alitalia, gli aerei mezzi vuoti e perde soldi: nei primi sei mesi del 2008 il coefficiente di occupazione posti è del 56,8%, il più basso d’Europa tra le circa 30 compagnie dell’Aea (media 74,4%, Alitalia ha il 68,2%). I conti veri di AirOne sono quelli del consolidato di Ap Holding (ApH), la controllante creata a fine 2006 da Toto con una complessa manovra di rivalutazione patrimoniale. Nel 2007 il gruppo ApH ha perso 32 milioni, con un fatturato di 785 milioni. I debiti del gruppo a fine 2007 erano 900 milioni e sono cresciuti a 1,1 miliardi nei primi sei mesi quest’anno. In larga parte si tratta di debiti per acquisire i nuovi A320 che sono collocati in società irlandesi, date in pegno alle banche finanziatrici e affittati a AirOne.
Il Progetto Fenice suona come il salvataggio di AirOne e delle banche che l’hanno finanziata. Quali sono gli impegni e le banche esposte con Toto? Si sa di Unicredit, di Morgan Stanley, di sigle tedesche. Ci sarebbe più trasparenza se fosse fatta piena luce sulla reale esposizione verso Toto di Intesa.
7. Flotta e leasing
Alitalia ha 109 aerei in proprietà. La flotta era iscritta nel bilancio 2007, approvato anche dal ministero dell’Economia, per un valore di 1,98 miliardi di euro: è compresa o no la flotta nell’offerta da circa 300 milioni di Colaninno? Nel Progetto Fenice si legge che «la Newco acquisterà dalla vecchia Alitalia 43 aerei per 772 milioni, accollandosi debiti per 522 milioni». Sembrerebbe che questo impegno si aggiunga ai circa 300 milioni offerti per la compagnia. Non si tratta di una valutazione generosa: i debiti legati agli aerei (tra cui 6 Boeing 777 valutati 295 milioni, con 210 milioni di debito accollato) sono mutui per un’attività in funzionamento, allineati ai costi che si avrebbero con il leasing.
Nel Progetto Fenice si dice che «Nuova Alitalia non deterrà aerei in proprietà, tutta la flotta sarà gestita in leasing». Nessuna grande compagnia lo fa. Perché questa scelta? Forse per fare cassa vendendo gli aerei e ridurre il capitale versato dai soci? Toto sarà il fornitore privilegiato grazie ai suoi ordini per 60 A320 e realizzerà buoni guadagni con i canoni di leasing.
8. Esuberi
Il piano francese prevedeva 2.120 esuberi. Inoltre 3.300 lavoratori sarebbero rimasti in Az Servizi-Fintecna, con cinque anni di appalti garantiti. La «nuova Alitalia» ha detto che ha bisogno di 14.250 addetti, di cui 2.750 esterni. Poiché il gruppo Alitalia ha 18mila dipendenti e il gruppo AirOne 3mila, gli esuberi veri sono circa 7mila.
9. Risparmiatori intrappolati
La Consob ha sospeso azioni e bond Alitalia il 3 giugno, per evitare speculazioni. Così è stato impedito a soci e obbligazionisti di fuggire. Ora le azioni sono carta straccia.
10. Lock up e compensazioni
I 16 imprenditori intendono vendere tra cinque anni e non prima. Tuttavia il vincolo del lock up potrebbe essere aggirato con una ricapitalizzazione fatta da altri soci (per esempio Air France). Ci sono dubbi sugli interessi che hanno mosso i partecipanti alla cordata italiana, oltre alla possibilità di guadagnare rivendendo a un vettore europeo. Benetton e Gavio hanno già ottenuto dal Governo benefici con le nuove convenzioni autostradali.
Gianni Dragoni
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Il Sole-24 Ore, 23 settembre 2008
Air One resta fuori dalla nuova procedura di vendita dell’Alitalia. In questa sorta di «piano B» varato dal commissario Augusto Fantozzi, con un invito pubblico che dà appena dieci giorni di tempo per presentare manifestazioni d’interesse per l’Alitalia o rami d’azienda, è esclusa dal perimetro la società di Carlo Toto.
Una novità non di poco conto poiché questa compagnia, secondo il progetto Fenice della cordata italiana Cai, doveva essere integrata con l’azienda pubblica. Ma nel nuovo round non poteva che essere così, poiché Air One è una società privata sulla quale non esercita un ruolo Fantozzi, nominato dal Governo per tentare di ricollocare, con una procedura affatto speciale, l’attivo dell’Alitalia, lasciando i debiti sulle spalle dello Stato, dei creditori e azionisti.
La nuova prospettiva aumenta gli interrogativi sul futuro delle attività di Toto nel trasporto aereo, contenute nella scatola Ap Holding, con circa 3mila dipendenti. L’indebitamento complessivo è superiore al miliardo di euro (su un fatturato di 800 milioni circa) ed Air One ha ricevuto l’intimazione da sette aeroporti italiani a saldare gli arretrati: solo la Sea di Milano ha chiesto il pagamento di circa 21 milioni.
Così impostata, la gara potrebbe portare un maggior interesse per Alitalia. L’esclusione di Air One dal perimetro rende meno acuto il problema degli esuberi. Nel piano Cai l’elevato numero degli esuberi Alitalia (circa 7mila effettivi) teneva conto della necessità di inglobare nel nuovo gruppo i 3mila dipendenti di Air One ed Eas (handling), impiegati su rotte e attività sovrapposte ad Alitalia. Autorevoli esperti che seguono questo calvario si chiedono se l’apertura della procedura decisa da Fantozzi sia sostanziale o piuttosto di facciata, analizzando l’invito a presentare manifestazioni d’interesse reso pubblico ieri.
Invito un po’ tardivo. Fantozzi è in carica dal 29 agosto. Ma fino a pochi giorni fa ha escluso di essere obbligato a fare una gara, prendendo in considerazione un’unica offerta, la cordata italiana sorta con l’appoggio del Governo e del suo advisor, Intesa Sanpaolo. Nel frattempo, le riserve di liquidità della compagnia si sono assottigliate.
Perfino il presidente dell’Enac, Vito Riggio, finora tollerante sulla crisi finanziaria, ha fatto la voce grossa intimando a Fantozzi di presentargli un piano entro dopodomani, pena la revoca della licenza di volo. In realtà, è improbabile che sia Riggio a girare l’interruttore e a fermare i 140 aerei dell’Alitalia.
Fantozzi ha dato tempo fino al 30 settembre per presentare manifestazioni d’interesse a «chiunque sia in grado di garantire la continuità nel medio periodo del servizio di trasporto, la rapidità dell’intervento nonché il rispetto dei requisiti previsti dalla legislazione nazionale». lecito attendersi, a meno che qualche creditore non perda la pazienza (come ha fatto l’ente aeroportuale israeliano, che ha bloccato conti e beni della compagnia per un debito di 350mila euro), che fino ai primi di ottobre si continui a lavorare per una soluzione.
Air France-Klm e Lufthansa, come qualche aggressivo fondo di private equity, stanno alla finestra. Sono interessate ad Alitalia, soprattutto adesso che sono ammesse offerte dirette solo all’attivo o a parti del gruppo, escludendo debiti ed esuberi. difficile però che questi soggetti escano allo scoperto se non avranno la sensazione che una loro offerta per la polpa buona senza i debiti (come quella presentata dalla Cai) possa essere presa in considerazione dal Governo. Negli ultimi giorni sia il premier Silvio Berlusconi sia altri ministri hanno escluso la possibilità di un interesse di vettori stranieri.
Questo atteggiamento ingenera la sensazione che non vi sia una reale disponibilità politica ad accogliere offerte migliorative e che si continui a puntare sulla cordata Cai, con un lavoro di persuasione sulla Cgil, condotto anche da esponenti del Pd, accompagnato da qualche ritocco all’offerta e modifiche nell’azionariato. Diversi soci della Cai hanno accolto come una liberazione il no sindacale per votare il ritiro.
Sul piano tecnico, il giurista Piero Schlesinger, che con altri accademici aveva sollecitato Fantozzi a chiedere offerte in modo trasparente al mercato, ritiene «insoddisfacente» l’ultima mossa del commissario. «Si è già perso tempo, ma adesso non si è fatto un passo avanti. Tra altre carenze, nell’invito a offrire non c’è l’indicazione dei criteri in base ai quali verranno valutate le offerte». Alcuni si chiedono chi ci sia dietro Schlesinger. «Non c’è nessuno, né interessi politici né commerciali. Sono opinioni di un libero cittadino in relazione alla gestione della cosa pubblica», ribatte il giurista milanese.
Gianni Dragoni

MANCA LA LETTERA-RISPOSTA di Alfonso Toto. La metto domani, oggi non è in archivio.
Daria