Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  settembre 21 Domenica calendario

Il Sole-24 Ore, domenica 21 settembre Non era più una crisi finanziaria, sia pure gravissima: era ormai panico allo stato puro, cioè una situazione in cui nessuno si fidava più delle banche, neppure - anzi men che meno - all’interno della categoria, tanto che non si riusciva a trovare un compratore neppure per titoli bancari con pochi giorni di vita residua

Il Sole-24 Ore, domenica 21 settembre Non era più una crisi finanziaria, sia pure gravissima: era ormai panico allo stato puro, cioè una situazione in cui nessuno si fidava più delle banche, neppure - anzi men che meno - all’interno della categoria, tanto che non si riusciva a trovare un compratore neppure per titoli bancari con pochi giorni di vita residua. La fuga dal rischio aveva portato i Buoni del Tesoro americani praticamente a zero: un livello toccato nel 1941 quando sembrava che l’Inghilterra non potesse resistere più a Hitler. Il ministro del Tesoro, Hank Paulson, ha quindi ammesso che le misure di sostegno, per quanto straordinarie nella quantità (250 miliardi di dollari solo l’ultimo intervento) e nella qualità (da ultimo, il sostegno a una compagnia di assicurazione) non erano più sufficienti. Non bastava cioè che la Banca centrale prestasse denaro sulla base di una garanzia (sempre più formale che sostanziale) di titoli rischiosi. Occorreva che qualcuno comprasse direttamente quei titoli e ovviamente quel qualcuno non poteva essere che lo Stato. Le misure annunciate giovedì hanno avuto un effetto immediato: i mercati che sembravano bloccati hanno dato segni di vita e le Borse hanno messo a segno rialzi senza precedenti. Un altro segno dei tempi: la più grande nazionalizzazione finanziaria della storia viene festeggiata con entusiasmo da stadio nei templi del libero mercato. Va sottolineato che le misure importanti sono due: non c’è solo il fondo statale, ancora da definire perché richiede l’approvazione del Parlamento; c’è anche - ed è già operativo - un cospicuo sussidio ai fondi comuni. Per i prossimi dodici mesi, il Tesoro assicura il valore dei fondi monetari sia al dettaglio sia istituzionali: in pratica assorbirà le perdite fino a 50 miliardi. Ciò dovrebbe fermare l’emorragia dei riscatti, ma se non bastasse, verrà assicurato credito (ovviamente in aggiunta all’ultima ondata di 250 miliardi di dollari) alle banche che acquisteranno titoli legati alla securitisation. In altre parole, con una sola misura si è aperto il credito di ultima istanza anche ai fondi comuni e si è creata una garanzia statale contro le perdite fino a 50 miliardi di dollari. Questa sarebbe già una notizia clamorosa, ma è certamente oscurata dalla prima. Cioè il progetto di un fondo che acquisti dalle banche i titoli ormai definiti sbrigativamente come "tossici", saltando gli eufemismi tecnici inventati dagli apprendisti stregoni della finanza. Tutti i dettagli operativi verranno presumibilmente messi a punto nel week-end, ma l’unica cosa certa è che si farà e che avrà dimensioni enormi: dare un annuncio di questo tipo equivale per le autorità e per il Governo americano al gesto di Cortès che brucia i vascelli. La nazionalizzazione è quindi già iniziata ed è un fatto senza precedenti che avrà un profondo impatto sulle casse statali americane. La misura è stata subito paragonata alla costituzione della Rtc (Resolution Trust Corporation), che nel 1989 acquistò i titoli delle casse di risparmio, ma in quel caso lo Stato aveva già dato una garanzia alle banche, quindi comprò titoli che di fatto già costituivano un suo debito. Se si tiene conto che con il salvataggio di Fannie Mae e Freddie Mac il debito pubblico statale è passato da meno del 50 all’80%, si capisce che bella situazione erediterà il prossimo presidente. Tutti i dettagli dell’operazione sono ancora da definire. Innanzitutto i tempi, che non saranno brevissimi. Rtc, approvata dal Congresso nel febbraio 1989, cominciò a operare in agosto. Poi la modalità tecnica dell’acquisto (una qualche forma di asta trasparente è ritenuta necessaria anche nell’emergenza: suona qualche campanello ai salvatori di Alitalia?). Questo punto è cruciale per cercare di fissare in modo più tranquillo un prezzo a titoli che oggi sono totalmente privi di mercato. Infine quale sarà la forma giuridica della vendita e se una qualche parte del rischio rimarrà alle banche. Se non ci sarà alcuna garanzia da parte di queste ultime, la nuova entità agirà come un vero e proprio fondo chiuso, come in effetti era avvenuto nel caso di Rtc.  comunque evidente che con una decisione così clamorosa, gli Stati Uniti hanno non solo evitato la catastrofe economica, ma hanno salvato la loro industria finanziaria. Quale risposta saprà dare l’Europa a questo punto? La realtà da questo lato dell’oceano è molto frammentata perché vi sono almeno tre categorie diverse di banche: quelle dell’area dell’euro, le svizzere e le britanniche. Una soluzione comune è ai limiti dell’impossibile, viste le difficoltà politiche generali e la mancanza di autorità sovranazionali di regolamentazione. Ma sarebbe profondamente ingiusto ignorare che le vittime europee della finanza americana rischiano di subire perdite più gravi (si pensi a chi ha investito in fondi monetari) di chi aveva fatto le stesse scelte in America. Come sarebbe miope trascurare il vantaggio competitivo che viene da oggi assicurato all’industria finanziaria americana: banche e risparmio gestito. Nel boato da stadio che ha salutato la decisione americana, il silenzio della politica europea è ancora più assordante. Marco Onado