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 2008  settembre 25 Giovedì calendario

NATALIA ASPESI

Negli anni 60 i suoi romanzi si leggevano avidamente ma non se ne parlava; non tanto perché sporcaccioni come potevano esserlo allora, cioè castissimi, ma perché esempio supremo di cattiva letteratura americana, quindi di successo planetario; invidie d´epoca parlano di 750 milioni di copie vendute nel mondo, forse più dei vari recenti Potter. Si andava anche a vedere i filmoni che Hollywood ne ricavava, e il più memorabile per i colori zuccherosi e le facce vacue di George Peppard e Carrol Backer risucchiate dai baci, resta L´uomo che non sapeva amare, diretto nel ´64 da Dmytryk, in cui secondo il dizionario Morandini «l´eccesso di cattivo gusto è quasi strabiliante». Il cattivo gusto americano era l´America, quindi da accogliere, ancora per poco, con una certa reverenza, e se anche qui da noi c´era chi si schierava con la sua impareggiabile rivale Jacqueline Susann e il suo (tuttora) interessante La valle delle bambole (appena ripubblicato da Sperling Paperback, pagg. 464, euro 12.00), i best seller di Harold Robbins arrivavano a raffica a raccontare i vizi, le passioni, i peccati, i tradimenti, i crimini, le crudeltà, le trasgressioni se non addirittura gli incesti, di personaggi riconoscibili, ispirati ai magnati del cinema, agli industriali delle auto, ai gangster, ai principi arabi, alle dive e alle divette, a un mondo di ricchezza, lusso e spreco, oggi diffuso e venerato ma allora ancora quasi leggendario, che faceva molto Hollywood e qui appariva, nella sua volgarità, ancora esotico rispetto ai neo-neorealismi europei.
Immaginandoli sepolti in quel decennio lontano, (per nominarne alcuni, ´79, Park Avenue, L´avventuriero, Betsy, Il pirata, Gli eredi, Mai amare uno straniero, ecc), pare strano che invece non si sia mai smesso di pubblicarli da parte di diversi editori e in varie collane, almeno sino a qualche anno fa, e non è detto che con la continua riproposta di romanzi pre-sessantotto, non ci si ritrovi a inseguire di nuovo Piranhas o Stiletto o Lo stallone. E intanto Harold Robbins stesso diventa il protagonista di una biografia più romanzesca di un suo romanzo, scritta con puntigliosa ricerca da Andrew Wilson, autore di un ammirevole Beautiful Shadow: a Life of Patricia Highsmith. Qui si tratta di un ben diverso scrittore, di tutta un´altra vita, di tutta un´altra storia, sin dal titolo The Man Who Invented Sex (Bloomsbury, pagg. 312, ?16.99). Certo un´esagerazione, ma non per quello che riguarda la letteratura popolare del dopoguerra: il suo primo romanzo, Never Love a Stranger (Autopsia di un gangster, anche film con Steve McQueen), fu sequestrato dalla polizia di Philadelphia con l´accusa di immoralità e oscenità. Un anno dopo fu scagionato, e solo dieci anni dopo, nel 1960, con un celebre processo, fu assolto L´Amante di Lady Chatterley di Lawrence, romanzo fuorilegge in Inghilterra dal 1928; consentendo da quel momento la pubblicazione e circolazione di una letteratura alta o bassa più o meno disinvolta, esplicita, peccaminosa, sporcacciona, oscena, libertà di cui subito Robbins approfittò: scrivendo incessantemente (una ventina di romanzi, più fiction tv, più cinesceneggiature) monumentali storie di sesso e sentimentalismo, lusso e potere, aerei privati e panfili, donnacce e donnine, Hollywood e Costa Azzurra, con personaggi ispirati a persone vere (e per esempio Soraya Kashoggi, moglie dell´uomo d´affari saudita Adnan, coppia amica dello scrittore miliardario, lo querelò chiedendo, senza ottenerla, la soppressione di alcune pagine di Il pirata che secondo lei la diffamavano).
Robbins riuscì, come scrive Wilson, a realizzare la sua versione del sogno americano, appagando le sue due personali ossessioni, il denaro e il sesso. E non importa se, con disprezzo esagerato, un critico del New York Times poteva scrivere «Non mi sembra appropriato che The Carpetbaggers (L´uomo che non sapeva amare) sia stato stampato dentro la copertina di un libro, era meglio scriverlo sulle pareti di un cesso pubblico»; l´autore continuava a scrivere con la massima velocità e facilità, a guadagnare sempre di più, a spendere sfrenatamente. A un certo punto della sua fulminea carriera, quello che veniva soprannominato, «il padrino dei romanzi da aeroporto», o anche «l´Onassis della letteratura da supermarket», possedeva una dimora principesca a Beverly Hills, una enorme villa ad Acapulco, una tenuta stupenda a Le Cannet alle spalle di Cannes; appassionato di automobili, ne possedeva 14 tra cui una Rolls Royce bianca; ansioso di ostentazione, teneva fissi due yacht, uno nel porto di Cannes uno in quello di Los Angeles; buon collezionista, aveva nelle sue dimore dei Picasso, dei Chagal, dei Leger. Nei molti mesi passati sulla Costa Azzurra, per le sue cene sfarzose faceva arrivare da un famoso negozio di New York storione, salmone affumicato, certe ciambelle molto americane. Aveva subito capito che l´esagerazione e un po´ di cafonaggine erano un´ottima pubblicità; dovunque andasse pretendeva suite principesche e ovviamente quei «fiumi di champagne» diventati poi un classico della volgarità che tanto incanta ancora la gente. Era celebre il suo cibo preferito, foglie di lattuga condite con enormi cucchiaiate di beluga: a chi gli domandava se quel piatto avesse un nome, rispondeva invariabilmente, «Si chiama denaro». Pare che una volta Hemingway gli avesse chiesto quali erano le sue ambizioni letterarie, risposta, «La ricchezza».
Secondo il, suo biografo, Robbins fu uno dei primi scrittori a capire che un libro non bastava scriverlo, bisognava anche andare in giro a presentarlo di persona. Per attirare sempre di più l´attenzione dei giornali, si inventò anche un passato, finendo per crederci lui stesso, tanto da raccontarlo anche agli amici, alle mogli, alle sue tante donne, alle figlie. La sua vita romanzata era così affascinante che alla sua morte a 81 anni, nell´ottobre del 1997, gli articoli che lo celebrarono la riportarono esattamente; abbandonato in un giorno imprecisato del 1916, ad otto giorni dalla nascita, già circonciso, sui gradini di un orfanotrofio di missionari cattolici, nel malfamato quartiere di Hell´s Kitchen a New York, dopo una infanzia terribile, finì per essere adottato a 11 anni da una famiglia ebrea. Arricchendo ad ogni intervista la sua fittizia autobiografia, arrivò a sostenere con l´Hollywood Reporter di essere figlio dello zar Nicola di Russia arrivato a New York nel 1916 per raccogliere denaro contro i bolscevichi, «e mi piace pensare che abbia scopato la cameriera del Woldorf e che io sono suo figlio. Spesso mi sento molto molto zar».
Fisicamente non era gran che, con una calvizie precoce, un grosso naso, un viso grassoccio, ma alle donne piaceva molto, anche perché era sua abitudine, appena ne incontrava una che lo attirava (e lo attiravano quelle molto belle) inviarle subito un gioiello. Di mogli ne aveva avute tre, Lillian, quella della povertà e dei sogni, Grace, quella della celebrità e della ricchezza, Jann quella della malattia e della vecchiaia. Donne, mai abbastanza, amanti, prostitute, avventure: nella sua casa di Beverly Hill organizzava orge con sesso di gruppo, invitando specialiste che istruivano le signore più imbranate, offrendo cibo raffinato, alcol e soprattutto ogni genere di droga. Sino dalla metà degli anni ´70, Robbins si era avvicinato alla droga, dalla marijuana alla cocaina al quaaludes: la usava per lavorare, per stare con gli altri, per sopportare attacchi di depressione e i cattivi rapporti con le due figlie, soprattutto con Caryn, nata fuori dal matrimonio e a sua volta drogata. Come un farmacologo di ogni droga conosceva effetti e pericoli, e sapeva dosarla: teneva la cocaina in una penna stilografica, da cui aspirava senza che la gente se ne accorgesse. Se le orge erano riservate, alle sue feste andava tutta Hollywood, che si ritrovava immersa in scenografie che richiamavano i suoi romanzi: nella piscina galleggiavano dinghy in miniatura carichi di frutti esotici, davano spettacolo coppie di prostitute gemelle, Shelley Winters cantava, Laurence Harvey si sposava, e gli ospiti erano Henry Fonda e Charles Bronson, Glen Ford e Carrol Backer, Irving Wallace e Joan Collins. Fu durante una di queste feste, per il matrimonio della figlia Cyril nell´aprile dell´82, che l´ictus segnò l´inizio dell´inesorabile, doloroso declino di Harold Robbins: due anni dopo, dopo una notte di droga furibonda, cadde in bagno rompendosi l´anca.
Costretto per sempre su una sedie a rotelle e preda di continui dolori, finiva la leggenda e la bella vita sibaritica di Harold Robbins, lo scrittore playboy che aveva scambiato se stesso per un suo personaggio. Il divorzio da Grace lo aveva lasciato senza soldi e di soldi ne aveva bisogno per pagare le operazioni e le costose cure: a poco a poco vendette tutte le sue case, le automobili, le barche e si ritirò in una piccola casa di Palm Springs. Era stato lo scrittore più ricco del mondo e quando morì era indebitato per più di un milione di dollari. Né la vedova, né le figlie ebbero più di qualche spicciolo.