Dario Di Vico, Corriere della Sera 21/9/2008, 21 settembre 2008
Ma davvero l’arrivo di un compratore straniero risolverebbe per incanto il rebus Alitalia? Di fronte alla clamorosa incapacità dei sindacati di decidere l’avvio di una nuova fase, un’ipotetica trattativa con Lufthansa o Air France risolverebbe d’incanto tutti i problemi? Oppure il sindacalismo italiano sta solo giocando a rimpiattino pur di non rimettere in discussione il consociativismo aereo che governa da decenni la nostra compagnia di bandiera? Per cercare di rispondere a queste domande varrà la pena ripercorrere il film degli ultimi giorni della trattativa con Cai e raffrontarlo con quanto accadde nell’aprile scorso quando il potenziale acquirente si chiamava Jean-Cyril Spinetta e aveva i galloni di numero uno del potentissimo network Air France-Klm
Ma davvero l’arrivo di un compratore straniero risolverebbe per incanto il rebus Alitalia? Di fronte alla clamorosa incapacità dei sindacati di decidere l’avvio di una nuova fase, un’ipotetica trattativa con Lufthansa o Air France risolverebbe d’incanto tutti i problemi? Oppure il sindacalismo italiano sta solo giocando a rimpiattino pur di non rimettere in discussione il consociativismo aereo che governa da decenni la nostra compagnia di bandiera? Per cercare di rispondere a queste domande varrà la pena ripercorrere il film degli ultimi giorni della trattativa con Cai e raffrontarlo con quanto accadde nell’aprile scorso quando il potenziale acquirente si chiamava Jean-Cyril Spinetta e aveva i galloni di numero uno del potentissimo network Air France-Klm. Partiamo da sabato sera 13 settembre quando al ministero del Lavoro a Roma i tre segretari generali di Cisl, Uil e Ugl (Raffaele Bonanni, Luigi Angeletti e Renata Polverini) e il segretario della Filt-Cgil Fabrizio Solari incontrano i rappresentanti della cordata capeggiata da Roberto Colaninno. In una riunione di quelle che in gergo si chiamano «ristrette» si giunge a concordare due documenti distinti, uno che contiene i principi del Piano industriale e l’altro che invece riassume i punti chiave del nuovo contratto di lavoro. I quattro rappresentanti dei grandi sindacati siglano entrambi i documenti e, ormai a notte inoltrata, si danno appuntamento al pomeriggio della domenica per firmarli definitivamente. La riunione inizialmente prevista per le 18 slitta di un’ora e poi ancora di altre tre. La novità è rappresentata dalla presenza al tavolo del leader della Cgil, Guglielmo Epifani, presenza che gli altri sindacalisti mostrando un certo fiuto giudicano da subito un’incognita. Nel suo intervento Epifani pone alcuni problemi di definizione del contratto e la replica di Colaninno sostanzialmente verte su un unico concetto: vogliamo introdurre in Alitalia i principi del contratto vigente per i dipendenti Air One anche perché quel documento è stato a suo tempo negoziato con i sindacati di categoria aderenti alle confederazioni. La discussione va avanti fino a circa le 2 di notte e la riunione si scioglie con la stesura di un comunicato congiunto. Le quattro confederazioni ribadiscono di essere d’accordo sul Piano industriale e si danno appuntamento a tempi brevissimi per ultimare il lavoro sul contratto. Dopo una nuova riunione condotta per lo più dai tecnici di entrambe le parti, mercoledì 17 il negoziato si sposta a Palazzo Chigi. E’ presente il sottosegretario Gianni Letta e per la Cgil torna Solari. Colaninno apre la riunione con un ampio intervento nel quale spiega la filosofia della sua avventura imprenditoriale. Afferma di credere nell’impresa in cui si è gettato e sostiene anche di non voler entrare in Alitalia «contro i lavoratori». Chiede dunque un clima di cooperazione senza però nessuna alterazione dei ruoli. «Gli imprenditori fanno gli imprenditori e i dipendenti fanno i dipendenti. E questo riguarda anche i piloti che non possono parlare come fossero un’associazione professionale». I guai di Alitalia, chiude Colaninno, derivano anche da una confusione che si è protratta per troppo tempo. Prende la parola il comandante Fabio Berti e ripropone la sua visione della compagnia e del ruolo dei piloti e ciò presta il fianco a una replica di Colaninno. «Il vostro discorso dimostra una filosofia opposta alla mia, non potete pensare di determinare le carriere e se vi ho offerto un contratto da dirigenti è perché comunque considero i dirigenti come dei dipendenti che non si sostituiscono all’imprenditore». Entra in scena a questo punto Letta che giudica l’intervento di Colaninno come un chiaro appello alla collaborazione tra le parti e rivolto ai rappresentanti delle nove sigle sindacali presenti dice che «ciascuno di voi deve dire se si riconosce o no in questa filosofia e se ha intenzione di firmare entrambi i documenti ». Piano industriale e nuovo contratto. Letta fissa anche un termine per questo pronunciamento: entro le 16 dell’indomani giovedì 18, orario e data fissati per l’assemblea di Cai. Dopo Letta chiedono di parlare Bonanni, Polverini e Angeletti che, con accenti diversi, dichiarano di condividere il discorso di Colaninno e confermano il loro sì. Parla anche Solari: «Debbo dire con rammarico che condivido gran parte delle cose dette da Colaninno. Anch’io sono per il rispetto dei ruoli e dei conti aziendali, questa filosofia è anche la nostra». Aggiunge però che in un’azienda di volo è decisivo il coinvolgimento e il consenso dei piloti e conclude così: «Chiedo un ultimo tentativo di riagganciare il negoziato e di coinvolgere chi non ha ancora espresso il suo consenso. Se questo ultimo tentativo non dovesse andare in porto ne prenderò atto ma almeno sarò in pace con la coscienza». Le parole di Solari vengono apprezzate dai presenti che le giudicano anche come una sostanziale adesione pur mitigata da alcuni distinguo. Prima che la riunione si sciolga Letta prende di nuovo la parola e riepiloga il lavoro fatto. Alcune risposte sono state chiare, altre vanno interpretate, altre sono state negative, «ora invito tutti a formulare una risposta scritta entro le 16 di domani». Lasciato Palazzo Chigi dai partecipanti alla riunione comincia il balletto delle dichiarazioni stampa che in buona sostanza fanno emergere chiaramente i mal di pancia in casa Cgil che si concretizzano con una notizia: giovedì alle 12 Epifani scriverà una lettera a Colaninno nella quale esporrà il punto di vista definitivo della sua confederazione. La lettera arriva alle 13.30 e contiene espressioni giudicate positive: «Le confermo la nostra adesione e la nostra firma all’accordo quadro», «insieme le confermo l’adesione e la firma del contratto per il personale di terra, dove tuttavia le chiedo che venga ripristinata una effettiva invarianza della condizione retributiva dei lavoratori a reddito medio/basso». Epifani prende atto delle disposizioni sul personale di volo e invita Colaninno a riflettere che si tratta di lavoratori non rappresentati dal sindacato confederale e conclude: «A partire dal giorno dopo la conclusione di questa fase continueremo a lavorare perché sia possibile quel consenso sociale più ampio di cui un’azienda di trasporto ha bisogno». La lettera viene interpretata dagli uomini di Colaninno come un’adesione e lo stesso Letta si sbilancia a dire che «la quarta firma c’è». Ma è in arrivo un colpo di scena: mentre sta iniziando l’assemblea arriva a Colaninno e al governo una seconda lettera firmata da sei sigle (Filt-Cgil, Anpac, Unione Piloti, Anpav, Avia e Sdl) che di fatto chiede la riapertura del negoziato. Il presidente di Cai interpreta la missiva come una controproposta che azzera tutto il lavoro di mediazione svolto. E manda all’aria il negoziato con la Cai e dà il via ai festeggiamenti di piloti ed hostess che salutano il fallimento del piano Fenice come se avessero vinto la Coppa del Mondo. Ma non era successo qualcosa del genere già cinque mesi prima? Il 2 aprile i protagonisti della trattativa per salvare l’Alitalia erano gli stessi rappresentanti sindacali ma dall’altra parte del tavolo c’era un signore arrivato da Parigi per comprare la compagnia italiana e inserirla mel maggior network aereo mondiale. Ma Spinetta come Colaninno rappresentava una minaccia per il consociativismo aereo e in qualche maniera anche lui andava abbattuto. Basta prendere in mano la «nota unitaria» emanata da Filt Cgil, Anpac, Unione Piloti, Anpav, Avia, Sdl in quell’occasione assieme ai sindacati di categoria della Cisl e della Ugl, per constatare molte analogie. Anche in quel caso il documento stilato dalle sigle sindacali aveva un obiettivo preciso, fermare il negoziato presentando una sorta di contro-piattaforma che qualcuno definì «proposta killer». La tattica di marzo-aprile è stata identica a quella di settembre. Si tratta, si mostrano delle aperture ma al momento giusto arriva il rilancio finalizzato a far scappare a gambe levate il compratore. Ieri Spinetta oggi Colaninno, che posti di fronte all’aut aut sindacale hanno fatto ricorso pressoché alle stesse parole per gettare la spugna («tutto questo contrasta con la mia cultura d’impresa»). Nel caso Air France l’improvviso cambio di rotta arrivò dopo 15 giorni di negoziato nel corso del quale il sindacato aveva ottenuto molto dai francesi. Per motivare il no allora i piloti arrivarono a dire che per un problema di dignità professionale non potevano andare in Cassa integrazione come tutti gli altri lavoratori. L’azzeramento della trattativa con i transalpini determinò poi le dimissioni dell’amministratore delegato di Alitalia, Maurizio Prato, e fu commentato dall’allora premier Romano Prodi con parole (profetiche) che oggi dovrebbero far riflettere: «I sindacati hanno rotto una trattativa seria, ora se ne devono assumere le responsabilità ». Corsi e ricorsi, viene da commentare.