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 2008  settembre 17 Mercoledì calendario

VANCINI

Florestano Ferrara 24 agosto 1926. Regista. «Avrei dovuto fare lo storico, era quella la mia vera passione» • «Ferrarese come Antonioni, appartiene alla generazione di esordienti che fa irruzione nel cinema italiano degli anni d’oro attorno al 60. Il bellissimo La lunga notte del 43 è il suo biglietto da visita, Le stagioni del nostro amore è un formidabile spaccato sui sogni infranti dei quarantenni di metà anni Sessanta, Bronte e Il delitto Matteotti sono due grandi successi quando il cinema italiano si politicizza al massimo» (Paolo D’Agostini) • «I miei sono in gran parte film storici, al passato. Sul presente ne ho fatti pochi: la Piovra 2. Non si può ignorare da dove si viene. L’uomo è l’unico animale che ha memoria, che può documentare il suo passato» • «Ho parlato di guerra civile fra italiani, di errori/orrori del comunismo, di stragi compiute in Sicilia dai garibaldini, ho cercato di mostrare la grandezza morale di Matteotti, al di là del suo omicidio. Andavo a cercare gli episodi meno conosciuti, cercavo di mettere in luce l’altra faccia dell’eroismo ufficiale. Ho pagato molto, per questa scelta. Sono l’unico autore fuori da tutte le rassegne, dai premi, lontano dai nastri d’argento, i miei film non sono mai previsti nelle serie vendute dai quotidiani» • «Nel 66 fui praticamente cancellato per avere raccontato, in un film che si chiamava Le stagioni del nostro amore, le cose che ci dicevamo, noi autori di sinistra, la sera a cena. Un errore imperdonabile: avrei dovuto girarci intorno, usare metafore. Dino De Laurentiis mi invitò: ”Togli la politica, è una bella storia d’amore”. E invece scelsi come protagonista un giornalista comunista, deluso dal crollo dei suoi ideali. Goffredo Fofi definì il film ”una buffonata”. L’Unità mise la recensione, ultima di dodici, poche righe dopo un film di Franco e Ciccio. Gli altri, tutti, mi avvolsero in un silenzio assordante. Mi ha fatto piacere che Piero Fassino, invece, avesse raccontato di essere stato sconvolto da quel film. ”Fu come una folgorazione”, disse. Ci siamo parlati, lui mi ha spiegato che vide il film quando aveva sedici anni, due mesi dopo la morte di suo padre, che era stato un socialista. Mi confessò che la notte non aveva dormito e l’indomani a scuola aveva preso un tre, l’unico della sua carriera di liceale» (da un’intervista di Barbara Palombelli).