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 2008  settembre 19 Venerdì calendario

PELLE Francesco

PELLE Francesco Locri (Reggio Calabria) 4 febbraio 1977. Mafioso (’ndrangheta). Arrestato il 17 settembre 2008 alla clinica Maugeri di Pavia. Il 12 luglio 2011 la Corrte d’Assise di Locri lo condannò all’ergastolo • «[...] detto Ciccio Pakistan, ritenuto il mandante della strage di Natale 2006 a San Luca, nella Locride, dove morì Maria Strangio, moglie di Giovanni Nirta, uno dei capi della cosca omonima. [...] quando [...] ha visto facce nuove in camice bianco, è impallidito, convinto che qualcuno volesse ammazzarlo. Ha subito tirato un sospiro di sollievo quando i carabinieri dei Ros si sono qualificati. Pelle era ricoverato dai primi di luglio nella clinica Maugeri di Pavia, dove si era presentato con falso nome e con una diagnosi di “paraparesi agli arti inferiori” a seguito di un incidente stradale. Il latitante, però, aveva perso l’uso delle gambe in un agguato, il 31 luglio 2006, ad Africo in Calabria. Un tentato omicidio a colpi di lupara di cui si vendicò ordinando la morte di Maria Strangio. E proprio l’omicidio della donna sarebbe all’origine della strage di Duisburg, nella quale furono uccise sei persone vicine ai Pelle-Vottari» (M. Foc., “Corriere della Sera” 19/9/2008) • «Quando li ha visti entrare ha avuto paura che fossero arrivati gli angeli della morte. Temeva che quei carabinieri del Ros travestiti da medici e infermieri fossero dei killer. Poi, naturalmente, ha negato di essere “Ciccio Pakistan” (al secolo Francesco Pelle), un soprannome che gli venne affibbiato per via del colore olivastro della pelle, e ha interrotto la navigazione su Internet. Era tardi, le nove e passa di sera, e invece di guardarsi un film in tv nella sua singola del reparto Neuroriabilitazione della Clinica Fondazione Maugeri, alle porte di Pavia, “Ciccio Pakistan” smanettava su Internet, interessato ai “segreti” per individuare cimici e intercettazioni. Ma aveva anche “skype”, per dialogare con i suoi interlocutori via cyberspazio. Altro che Binnu Provenzano o Totò Riina con i loro pizzini. No, lui, Francesco Pelle [...] usava Internet. Con i pazienti che con lui condividevano la degenza, spesso si vantava di avere soldi a palate, case e terreni. Una volta, sembra, chiese pure se c’era la possibilità di comprarsi una pistola. “Pasqualino”, così si faceva chiamare, era un clandestino, un latitante, ma anche un orfano. [...] era ricoverato nella clinica pavese, presentato da una lettera di raccomandazione di un professorone milanese, con una identità rubata a un altro povero disgraziato (calabrese) costretto, come lui, su una sedia a rotelle, per un incidente stradale [...] I medici, pur dubbiosi, non si sono mai chiesti perché avesse quei frammenti di pallottola nella regione subclavicolare [...] Non voleva farsi trovare neppure dai vecchi amici-nemici della faida di San Luca, di cui lui è stato vittima e carnefice. Latitante perché ricercato dalle forze di polizia da almeno un anno, orfano della sua stessa “famiglia” Pelle-Vottari, che gli aveva detto in tutti i modi di stare tranquillo, di non esagerare, di non invadere campi altrui, di aspettare e di accettare la pace prima che si scatenasse di nuovo la carneficina, con la strage del Natale 2006 (autore Ciccio Pakistan), e quella di Duisburg, Ferragosto 2007. Francesco Pelle non aveva la caratura di capo, era un soldato irrequieto con tanta voglia di emergere. Un sanguinario poco riflessivo. Ad Africo, nella Locride, dopo la cattura del boss Peppe “Tiradritto”, Giuseppe Morabito, pensava di far carriera. Ne parlano gli amici al telefono: “Lui - dice Giovanni Cuzzilla - è un intoccabile, ha le spalle coperte”. “No, non è così - gli contesta uno dei Morabito che tempo addietro volevano eliminarlo - ma un suo cugino ha garantito per lui”. E ambedue riflettevano: “Ha troppi debiti....”. Ma lui si sentiva forte. Scalpitava ad Africo, convinto di avere l’appoggio della propria famiglia. E di aver fatto un matrimonio importante, perché aveva sposato la figlia di uno dei Morabito. Anche un tribunale dell’onorata società può decidere l’indulto o l’amnistia per l’imputato. Ma una volta sola. E lui l’ha sprecata e la giustizia della ’ndrangheta è arrivata puntuale il 31 luglio del 2006. Nel loro rapporto, i carabinieri di Reggio Calabria scrivono: “L’agguato, premeditato e preparato nei minimi particolari, voleva colpire il Pelle in uno dei momenti più belli per una famiglia, ossia nel giorno in cui aveva portato a casa dall’ospedale il primogenito nato pochi giorni prima”. È in veranda, fa caldo ad Africo Nuovo. Sono le 23,30. Una lupara, quattro colpi di fucile da caccia caricati a pallettoni. Il Pakistano è in condizioni disperate. Ospedale di Locri, poi Reggio Calabria. Le donne di casa si disperano e intanto lavano i pavimenti, prima dell’arrivo dei carabinieri. E in ospedale, una ventina di “amici e parenti” occupano fisicamente la corsia, temendo che qualcuno arrivi per terminare il lavoro, per eseguire la sentenza di morte. Ciccio Pakistan lascia l’ospedale e ripara in una clinica del Nord. E lì, con il passare dei giorni e delle analisi dei medici, prende atto che non camminerà più. Giornate amare. La famiglia lo ha abbandonato. Lui inizia a covare la vendetta che organizza con alcuni cugini e amici. E che si consuma il giorno di Natale del 2006. L’obiettivo sono i Nirta. Ma le pallottole colpiscono Maria Strangio, una donna, la moglie di Giovanni Luca Nirta, uccidendola, e feriscono una bambina. Arriva Duisburg, a Ferragosto. Lui, Ciccio Pakistan, è clandestino. Ma il “mistero” di Francesco Pelle rimane un altro. Come ha fatto a vivere da latitante tutti questi mesi. Lui che si poteva muovere soltanto su una sedia a rotelle?» (Guido Ruotolo, “La Stampa” 19/9/2008).