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 2008  settembre 19 Venerdì calendario

Corriere della Sera, venerdì 19 settembre MILANO – Alla fine del-l’estate nera dell’Himalaya, il Pakistan manda il conto (salato)

Corriere della Sera, venerdì 19 settembre MILANO – Alla fine del-l’estate nera dell’Himalaya, il Pakistan manda il conto (salato). I soccorsi a Walter Nones e Simon Kehrer, rimasti per undici giorni sulle pareti del Nanga Parbat dopo la morte del capo spedizione Karl Unterkircher, sono costati 48.594 dollari (circa 33.500 euro). Il soccorso pakistano, Ascari aviation limited, ha intestato e inviato la parcella all’ambasciata italiana di Islamabad, che però non intende pagare. Così il conto è stato girato ai due alpinisti professionisti, con il caldo invito a saldare le fatture al più presto. Facendo salire la protesta dei campioni dell’alpinismo contro Pakistan e Italia, accusate di scaricare sui superstiti il costo di una tragedia. «Per noi è stata una sorpresa amara – si sfogano Walter e Simon – , non ci aspettavamo di dover pagare tanto per un soccorso che non avevamo neppure chiesto. Noi, dopo la morte del nostro compagno, avremmo potuto scendere con gli sci fino al campo base. Ci sentiamo cittadini di serie B, anche se noi stavamo tentando una vera impresa alpinistica: aprire una nuova via che portava onore al Paese. Un qualunque atleta o turista vittima di un incidente all’estero forse sarebbe stato considerato meglio». Ora che l’Himalaya è preso d’assalto dal turismo di massa e le spedizioni commerciali sono sempre più numerose (spesso con alpinisti inesperti, basti ricordare la tragedia del K2 con i suoi 13 morti e Marco Confortola salvo soltanto per le sue doti alpinistiche), i soccorsi pakistani sono sempre più impegnati. E il governo vuole rifarsi delle spese. Alle regole di assistenza si antepongono quelle del mercato, anche per fronteggiare l’invasione (e gli incidenti) degli scalatori poco preparati. La domanda su chi avrebbe pagato i voli degli elicotteri che nel luglio scorso hanno perlustrato la parete Rakhiot alla ricerca dei due alpinisti l’avevano già posta ad Agostino Da Polenza, che dalla sede bergamas ca del comitato Everest’K2’Cnr aveva organizzato i soccorsi dall’altra parte del mondo. La risposta, in quei giorni concitati, variava tra Farnesina e assicurazione. «La richiesta di soccorso è arrivata dal cuoco del campo base – dice ora Agostino Da Polenza – e adesso devono essere le assicurazioni a pagare». «Quando Agostino ha chiamato le nostre compagne per far autorizzare l’intervento degli elicotteri – precisano gli alpinisti – , Manuela e Marta hanno subito chiesto chi avrebbe pagato. A loro è stato detto di non preoccuparsi, che ci avrebbero pensato l’assicurazione e la Farnesina, che aveva stanziato dei soldi. E a noi è stata ripetuta la stessa cosa». A fine spedizione, il 24 luglio scorso, a smorzare la polemica su chi avrebbe sborsato pacchi di dollari per quel soccorso molto gettonato dai media ci aveva pensato una nota della Farnesina: «Gli elicotteri non sono costati niente alle casse dello Stato perché le spedizioni sono assicurate». Peccato che l’assicurazione (austriaca) abbia puntato su una postilla pur di non pagare: in sostanza, la copertura non vale per una «prima assoluta». E la parete Rakhiot era, appunto, una prima assoluta. «Pensavamo comunque che i 6.000 dollari di cauzione pagati ai soccorsi pakistani prima della partenza fossero sufficienti per il nostro recupero», ammettono gli stessi Nones e Kehrer. Ora però il cerino in mano è rimasto a loro. Walter appuntato dei carabinieri, Simon falegname e guida alpina. «Pagheremo fino all’ultimo centesimo – dicono – . Qualche amico disinteressato ci aiuterà. Abbiamo deciso così per evitare ulteriori polemiche e per non essere additati come quelli che sono stati salvati con i soldi dei contribuenti italiani ». Forse l’assicurazione che copre le guide alpine risarcirà Kehrer di quindicimila euro. Ma Simon precisa: «Quei soldi andranno a Silke, la moglie di Karl. Accettare quei soldi sarebbe come ammettere di essere stati soccorsi, ma noi siamo solo stati recuperati». «Mi è sembrato – aggiunge Walter – che volessero a tutti i costi portarci a casa con gli elicotteri e alla fine abbiamo accettato il recupero su consiglio di Agostino, per accelerare i tempi. Per noi fare in fretta voleva dire tentare di portare a casa Karl. Invece ci attendeva una conferenza stampa via Skype». Cristina Marrone