Francesco Manacorda, La Stampa 19/9/2008, pagina 1, 19 settembre 2008
Enrico Cuccia, dominus di Mediobanca, liquidava con appellativi non lusinghieri Silvio Berlusconi. Dal 28 ottobre una Berlusconi - Marina, la figlia del premier - siederà nel consiglio dello stesso istituto
Enrico Cuccia, dominus di Mediobanca, liquidava con appellativi non lusinghieri Silvio Berlusconi. Dal 28 ottobre una Berlusconi - Marina, la figlia del premier - siederà nel consiglio dello stesso istituto. Sta anche in questo rovesciamento, simbolico ma dagli effetti molto pratici, il segno della Mediobanca che Cesare Geronzi vuole plasmare. E sebbene il rischio del provincialismo estremo - a piazzetta Cuccia si litiga e si fa pace mentre Oltreoceano ben più grandi banche d’affari crollarno - aleggi sull’operazione, resta il fatto che nel limitato mondo finanziario e politico italiano che per sua fortuna si muove ai margini della grande crisi Usa, gli eventi di ieri pesano parecchio. Certo, nell’ingresso di Marina nel cda di piazzetta Cuccia non c’è nulla di anomalo: nove mesi fa la Fininvest è entrata nel patto di sindacato. Che cosa dovrebbe impedire ora a un importante socio, per quanto controllato dal presidente del Consiglio, di esprimere un consigliere? Niente, come è ovvio. Ma anche in questa concatenazione di eventi in apparenza lineare sta la cifra di Geronzi; una cifra che ha applicato in Mediobanca, incontrando finora il solo argine del socio Unicredit e dei manager. Il primo risultato della svolta è che in piazzetta Cuccia - tradizionalmente propensa a considerarsi un potere alternativo a quello politico - cresce la pattuglia di consiglieri vicini per svariati motivi al premier: la figlia, il socio ed amico storico Ennio Doris, l’eterno sodale Tarak Ben Ammar. Ce n’è quanto basta per rappresentare in presa diretta gli interessi del Berlusconi imprenditore e per ridare fuoco alle polveri di veri o presunti progetti tra il mondo Mediobanca e quello dello stesso Cavaliere: da Mediaset-Telecom all’eterno cantiere Generali-Mediolanum. Più in generale, dal Berlusconi che ancora prima delle elezioni vedeva nelle banche - Geronzi escluso - un potere estraneo se non addirittura avverso e collaterale invece all’avversario Prodi, si arriva all’ingresso di Marina nel «salotto buono» per eccellenza. La traversata del deserto creditizio pare conclusa, il mondo bancario e quello del premier ormai alleati. Specie se si aggiunge a quello che si muove nel mondo Mediobanca la vicinanza, o almeno la coincidenza di propositi, tra il governo e Corrado Passera, l’ad di Intesa-Sanpaolo, pronto a proporre la sua banca come istituto al servizio del paese come nel pur sfortunato caso Alitalia. Nella nuova rete di potere e relazioni che Geronzi sta tessendo per mettere al centro del sistema politico-economico Mediobanca - e sè stesso - gioca un ruolo anche Marco Tronchetti Provera. Un anno fa era piegato dallo scontro con il governo Prodi, inseguito dalle voci su disastri giudiziari in arrivo per gli illeciti attribuiti agli «spioni» della società telefonica. Oggi che la Procura di Milano ha chiarito che Tronchetti non è indagato e che la Telecom è stata venduta, il nuovo vicepresidente si profila anche affidabile alleato di Geronzi qualora le tensioni tra il presidente e i manager - per molti osservatori è solo questione di tempo - dovessero riacuirsi. A Nagel e a Pagliaro, Tronchetti non ha del resto perdonato la proposta di scissione di Pirelli che lo avrebbe costretto a cedere Telecom senza incassare nulla. Questo l’assetto con cui Mediobanca dal 28 ottobre si presenterà sui mercati. Resta da vedere se e quanto l’economia di relazione o «di sistema» potrà aggiungere mentre le grandi banche d’affari si sgretolano sotto il peso della crisi. Francesco Manacorda