Salvatore Bragantini, Corriere della Sera 17/9/2008, pagina 38, 17 settembre 2008
Corriere della Sera, mercoledì 17 settembre Dopo i salvataggi di Bear Stearns e delle due agenzie Fannie e Freddie, era scritto che la prossima volta il Tesoro Usa avrebbe tenuto duro, e così è stato
Corriere della Sera, mercoledì 17 settembre Dopo i salvataggi di Bear Stearns e delle due agenzie Fannie e Freddie, era scritto che la prossima volta il Tesoro Usa avrebbe tenuto duro, e così è stato. Lehman Brothers, un nome storico del capitalismo Usa, affonda per mancanza di salvatori interessati, mentre Merrill Lynch, un altro dei quattro grandi dell’investment banking, viene comprata da una banca tradizionale, Bank of America. Il gigante assicurativo Aig è in bilico, appeso alle decisioni dell’autorità di sorveglianza dello Stato di New York e alla disponibilità di prestiti da istituzioni finanziarie rimaste in buona salute, che non abbondano. Sono molti gli angoli dai quali si può guardare alla vicenda. Anzitutto, la forza dello «stigma» colpisce ancora. Se il mercato individua qualcuno come la prossima vittima, quel qualcuno è perduto. Secondo molti, Lehman non era poi messa così male, aveva sì tanti toxic assets, ma non era la sola, e aveva molta liquidità. Il mercato però aveva sentito odore di sangue, e sangue è stato. Per salvarla, Barclays pretendeva che il Tesoro Usa garantisse fondi per tenere in vita Lehman per il tempo necessario al compratore per verificarne la consistenza, patrimoniale ed economica. Il Tesoro ha rifiutato una garanzia potenzialmente senza fondo. In un anno di elezioni salvare i baroni di Wall Street e magari rifiutare la ciambella di salvataggio ai costruttori di auto di Detroit non sarebbe stato facile da spiegare ai cittadini. I responsabili di queste crisi a volte han pagato duro di persona anche in termini patrimoniali, a volte no. Se in Lehman molti perdono lavoro e patrimonio, O’ Neal, ex capo di Merrill Lynch che ha distrutto in pochi anni il lavoro di decenni, si gode tranquillo i suoi 160 milioni di dollari di bonus. I regolatori hanno appreso molte lezioni. Se una banca diventa too big to fail, si affievolisce la capacità di valutazione del rischio e di comprensione di quanto realmente accade. Non ci capiscono niente né i vertici operativi dell’impresa e i suoi organismi di controllo - dall’internal audit al CdA - sia, a maggior ragione, le autorità di vigilanza. meglio per queste affrontare il problema un minuto prima che esso diventi tale, che non un minuto troppo tardi. Da domani eventuali interventi preventivi saranno molto meno osteggiati di quanto sarebbe avvenuto in passato se i regolatori avessero osato affrontare la bolla mentre montava. Negli Usa essi hanno responsabilità enormi: la bolla faceva comodo perché sosteneva il livello dei consumi e il consenso politico. Di qui la corsa al sostegno dei pericolanti, cui le decisioni del fine settimana hanno posto fine, penosamente ma utilmente. Finisce lo strapotere delle grandi investment bank, ma aumenta il potere di mercato di chi è sopravvissuto, Goldman Sachs e Morgan Stanley. Questa concentrazione di potere era da tempo preoccupante, anche se le autorità Usa non se ne davano pena, ma da domani diventa pericolosa. accettabile che le sorti delle imprese siano decise da un ristrettissimo club di superfinanzieri che operano in un viluppo di perenni conflitti di interesse - fanno consulenza sia a chi vende certi titoli, sia a chi li compra e che questo quasi monopolio consenta loro di imporre ai clienti commissioni che sono il doppio di quelle vigenti in Europa? Il capitalismo nella sua versione democratica (ne esistono anche di autoritarie e dittatoriali) è basato non solo sulla separazione dei poteri pubblici, ma anche sulla «diffusione» del privato potere economico. Questa concentrazione di potere di mercato non va bene, e va affrontata; prima lo si fa e meglio è. Con tutti i caveat legati a quanto detto sopra, nell’insieme la decisione del Tesoro Usa preserva i principi base del capitalismo. Dopo tanti casi in cui era successo il contrario, stavolta chi ha sbagliato ha pagato, il salvagente pubblico non è arrivato. La crisi però non è finita; l’esito del caso Lehman potrebbe pulire l’aria, ma molti problemi di fondo restano. Se la crisi continuerà, è probabile che si torni all’antico e alla Bernanke put; se i crolli di Borsa continuassero, e mettessero a rischio il tenore di vita dei pensionati Usa, così legato, tramite i fondi pensione alla Borsa stessa, stiamo certi che la rotativa dei dollari stamperebbe a tutto spiano, e i principi del sano capitalismo democratico andrebbero in soffitta. Salvatore Bragantini