varie, 17 settembre 2008
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Guede RudyHermann
• Abidjan (Costa d’Avorio) 26 dicembre 1986. Condannato in primo grado a 30 anni (rito abbreviato) per l’omicidio di Meredith Kercher, la studentessa inglese uccisa la sera del primo novembre 2007 (vedi anche KNOX Amanda e SOLLECITO Raffaele), pena ridotta in appello a 16 anni (attenuanti generiche, 22 dicembre 2009), e confermata in Cassazione (16 dicembre 2010) • «[...] Dei tre accusati dell’uccisione di Meredith Kercher era l’unico la cui presenza in via Della Pergola 7 era indubbia. Lo incastravano tali prove che lui stesso aveva ammesso di aver incontrato la studentessa inglese. Il suo nome era comparso a sorpresa dopo l’arresto di Amanda Knox, Raffaele Sollecito e Patrick Lumumba [...]» (“la Repubblica” 17/12/2010) • «Una volta, quand’era già a Lecco, ha chiamato la sua ex squadra di basket di Perugia: “Datemi il cartellino, mi vuole una squadra di serie A”. Gli hanno detto di sì, e di inviare una richiesta scritta: non è mai arrivata. Le ha raccontate grosse, Rudy, pelle nera e questa passione per il canestro [...] da bambino, nei temi, scriveva di avere un sogno, oltre quello di giocare come “guardia” nei professionisti: diventare bianco. Soffriva per il colore della sua pelle, raccontano gli amici di allora, i compagni di squadra. Lo chiamavano il “Barone”. [...] Rudy dalla bugia facile, sempre curato nel vestire, sempre timido, introverso, e fino ai diciotto anni mai una ragazza, “neanche una”. È a quell’età che lascia Perugia, va dai parenti a Lecco per finire le superiori, perché gli manca un anno per diventare ragioniere. “Prendo il diploma e torno”, dice a tutti. Bugie: non finisce la scuola e torna dopo due anni, senza neanche più l’ambizione di giocare a basket. Chi gli vuol bene, e lo vede tornare, nota subito una cosa: “Non aveva più un muscolo in corpo”. L’infanzia, con lui, era stata cattiva: assieme al padre, arriva in Umbria che ha cinque anni, la mamma è in Costa d’Avorio. Ogni anno, suo padre torna in Africa per un mese. Quando Rudy è in terza media, però, suo padre gli dice: vado in Africa per qualche settimana. Bugia: l’uomo parte, e sparisce. Per cinque mesi, “Rudy non ha neanche da mangiare”. Così va a pranzo dall’allenatore di basket e a cena dall’imprenditore che, dopo qualche anno, lo prende in affido. Paolo Caporali, amministratore delegato di Liomatic, è abituato ad aiutare: “La mia famiglia gli ha dato un’opportunità, dai sedici ai diciotto anni l’abbiamo avuto con noi, anche se si capiva che era un po’ bugiardo e che non aveva troppa voglia, né di studiare né di fare altro. Però che lui sia l’assassino no, non ci credo”. Di quel vizio delle bugie parla anche Ilaria, una dei tre figli dell’imprenditore: “Sì, Rudy ne diceva parecchie”. [...] La famiglia Caporali, in verità, dà a Rudy anche una seconda opportunità: il ragazzo, nel suo soggiorno in Lombardia, ha messo insieme qualche lavoretto, un paio di fermi per piccoli reati, una storia d’amore subito finita, così quando torna a Perugia, senza diploma e senza una prospettiva, la sua famiglia “adottiva” gli offre un contrattino come giardiniere. Rudy, però, non è cambiato: accetta l0offerta ma non fa che assentarsi, dice di essere ammalato e viene visto la sera in centro a ridere, e poi, senza una spiegazione, sparisce per due settimane. Ad agosto, è licenziato. Roberto Segoloni, il suo ex dirigente di basket, è uno che gli vuole bene: lo incontra a fine settembre, gli chiede se ha problemi di droga. E lui, senza esitare: “No, e se non mi credi portami a fare le analisi”. [...]» (Alessandro Capponi, “Corriere della Sera” 20/11/2007) • Fu arrestato il 20 novembre 2007: «[...] Sul treno che sta per entrare nella stazione di Magonza, Germania meridionale. Rudy Hermann Guede, l’ivoriano inseguito da un’ordinanza europea per concorso in omicidio e violenza sessuale, è bloccato da un controllore del convoglio che lo sta portando a Milano. Un amico, via Internet, lo ha convinto a rientrare in Italia. È senza biglietto. In Germania basta per chiedere l’intervento della polizia tedesca, già avvertita dai colleghi italiani. Poco dopo Rudy è in una cella del carcere di Coblenza. Agli agenti Interpol che lo incontrano mormora: “In Italia ho avuto problemi con una ragazza”. Per qualcuno è già una confessione. La notizia della sua cattura arriva a Perugia mentre la città aspetta la scarcerazione di Patrick Lumumba, il congolese anche lui accusato dell’assassinio di Meredith Kercher. E´ lo stesso pm Giuliano Mignini a chiedere la liberazione del giovane africano. Lumumba torna in libertà verso le 18. Resta comunque indagato per il delitto di via della Pergola 7. [...] Alla Squadra Mobile intanto rileggono il fascicolo di Rudy. Soltanto cinque giorni prima della scoperta del cadavere di Meredith era stato sorpreso in un asilo nido di Milano, con un coltello preso nella cucina della scuola e il suo portatile bianco. “Ero alla stazione quando un sudamericano mi ha offerto un posto letto per 50 euro - aveva raccontato ai poliziotti milanesi - Mi ha fatto entrare qui”. Lo avevano denunciato e lasciato andare per poi fermarlo nuovamente due giorni dopo con un gruppo di spacciatori africani e un po’ di droga in tasca. [...]». (m. p., “la Repubblica” 21/11/2007) • Il 26 marzo 2008 raccontò al pm la sua versione dei fatti: «[...] “Ho visto Amanda e Raffaele quella sera, avevano appena ucciso Meredith” [...] Dopo aver ripetuto più volte di non essere in grado di riconoscere gli assassini della studentessa inglese ora Rudy Guede, l’unico dei quattro indagati per il delitto di cui si fossero trovate tracce evidenti della sua presenza nella villetta nel centro storico di Perugia [...] durante l’interrogatorio nel carcere di Capanne chiesto dal pm Giuliano Mignini, ha puntato il dito contro la giovane americana e il suo ex fidanzato. Un incontro quello tra Rudy e il pm che coordina le indagini che arriva dopo una lunga trattativa. Chiamato in causa da una lunga serie di tracce (il suo Dna sul tampone vaginale, l’impronta di mezzo palmo sul cuscino trovato sotto il cadavere della studentessa) Rudy si sarebbe sentito perduto quando Joe Tacopina, un avvocato-detective americano messosi a disposizione della difesa di Amanda Knox, aveva dichiarato che sull’identità dell’assassino non c’erano dubbi. “In quella casa ci sono solo tracce di Rudy Guede” aveva più volte ripetuto Tacopina. I colloqui ripetuti con il suo ex allenatore di basket che più volte lo ha visitato in carcere e i consigli dei suoi avvocati avevano infine convinto Rudy a dire tutto quella che sapeva. [...] il pm Mignini aveva quindi fissato l’interrogatorio [...] E [...] quando è stato di fronte al magistrato Rudy ha confermato: “Dirò tutto”. In tre ore (dalle 10,30 alle 13,30) il giovane ivoriano ha ricostruito la sera del delitto. Ripercorrendo il solito canovaccio: “Avevo appuntamento con Meredith… ci siamo baciati e toccati... Ci siamo rivestiti…poi ho detto a Meredith che dovevo andare in bagno …Ero in bagno quando ho sentito suonare alla porta…”. Questa volta però il racconto cambia completamente quando Rudy ricorda di essere uscito da bagno. Il 7 dicembre aveva raccontato al gip: “Sono arrivato sulla porta c’era una sagoma maschile che era in piedi dentro la camera di Meredith. Gli ho chiesto che cosa stesse succedendo. Gli ho messo la mano sinistra una spalla destra e in quello stesso istante ho visto il corpo di Meredith per terra. Quel ragazzo portava una cuffia bianca con una striscia rossa, ho visto che aveva i capelli castani ma non l’ho visto in viso perché in quello stesso momento ha cercato di colpirmi con il coltello. Ieri mattina Rudy invece non ha avuto dubbi a dire: “Quel ragazzo con il coltello era Raffaele Sollecito”. E poi ha aggiunto: “Mentre usciva ho sentito che c’era qualcuno che lo aspettava fuori. Ora lo posso dire era Amanda Knox”. Rudy ha descritto anche nei particolari come erano vestiti i due. Il capo della Mobile Giacinto Profazio e il commissario Monica Napoleoni della Omicidi che hanno sentito la rivelazione che conferma il loro quadro indiziario hanno preso appunti. [...]» (Meo Ponte, “la Repubblica” 27/3/2008) • « [...] Rudy Guede [...] non vuole sconti di pena, ma “solo l’assoluzione» dal momento che sostiene di essere totalmente estraneo all’omicidio di Meredith Kercher [...] Perciò lui e i suoi difensori, gli avvocati Valter Biscotti e Nicodemo Gentile, avvertono la necessità di “fare un processo diverso” da quello degli altri indagati e per questo hanno scelto il rito abbreviato “certi che già negli atti del pubblico ministero c’è la prova dell’innocenza di Rudy”. [...] la “vera pena” per l’ivoriano è il processo stesso hanno sottolineato i difensori di Guede e il loro consulente Alessandro Meluzzi. Lo psichiatra ha parlato del giovane come di “quello più vulnerabile” per il quale “ha già pesato l’asimmetria sociale con gli altri indagati”. [...]» (“Il messaggero” 10/9/2008) • «[...] In venti pagine di relazione viene ricostruita la scena del delitto dalla quale emerge che la vittima sarebbe stata spostata o si è trascinata per 50 metri circa. La ragazza, poi, avrebbe avuto indosso il reggiseno quando è stata colpita e le sarebbero stati tolti gli indumenti dopo la morte. Gli esperti non spiegano chi degli indagati abbia compiuto materialmente l’omicidio. [...]» (Cristiana Mangani, “il Messaggero” 17/9/2008).