Margherita Belgiojoso, l’Unità 14/9/2008, pagina 13, 14 settembre 2008
l’Unità, domenica 14 settembre Abrek e Bion erano state allevate tra le palme e i cipressi di Sukhumi con un solo obiettivo: essere un giorno spedite nello spazio
l’Unità, domenica 14 settembre Abrek e Bion erano state allevate tra le palme e i cipressi di Sukhumi con un solo obiettivo: essere un giorno spedite nello spazio. Ma per farlo le due scimmiette abkhaze dovevano superare innumerevoli prove e dimostrarsi le migliori tra centinaia di candidate. Sukhumi sfoggiava un clima sub-tropicale che ai sovietici era sembrato l’ideale per l’allevamento di frotte di primati utili a diversi tipi di studi e esperimenti: da quelli medici a quelli cosmici. Ma per andare tra le stelle la preparazione era lunga e complessa. Gli scimpanzè vennero importati nel cosmodromo di Sukhumi, capoluogo dell’Abkhazia, con lo scopo di essere addestrate per andare nello spazio. Finalmente nell’83 partirono davvero per la missione e riuscirono a tornare vive. Con grande orgoglio, visto che la russa cagnetta Laika non era invece sopravvissuta Durava circa un anno, e per i primi mesi le scimmie erano tenute su uno speciale «trono cosmico» con le gambe ripiegate sotto il corpo, così da abituarsi alla loro postura cosmica. Insegnavano loro a eseguire precise istruzioni, a reagire correttamente alla voce umana, e l’ultima tappa della preparazione era fatta a Mosca, rimanendo segreta anche per i professori di Sukhumi. Le scimmie venivano analizzate prima, durante, e dopo la spedizione: quegli studi servivano a capire come il cervello umano reagisse a velocità altissime e all’assenza di gravità. Finalmente nell’’83, nell’’85, e nell’87 le scimmiette abkhaze partirono davvero per il cosmo: «Noi di Sukhumi sapevamo pochissimo: un giorno venivano portate a Mosca, e a noi le restituivano soltanto a fine viaggio. Sapevamo che partivano da un cosmodromo, ma quale, dove, e come, era un segreto» spiega la guardiana Tamara Vladimirovna. L’unico cosmodromo conosciuto dai cittadini sovietici era quello di Bajkonur, nella steppa kazaka, per il cui utilizzo Mosca oggi paga a Astana un salato affitto, proprio come il noleggio agli ucraini della base navale di Sebastopoli per la Flotta del Mar Nero. Solo dopo la fine dell’Urss si seppe che le scimmiette abkhaze partivano per il cosmo da Plesetsk, una base di lancio segreta vicino a Arkangelsk sul Mar Bianco. Tamara Vladimirovna giura, stizzita da tanta insolenza, che Abrek e Bion il 19 dicembre 1983 erano uscite dalla navicella «Bios Primat» sane e salve, e non come la cagnetta Laika: i russi solo nel 2002 ammisero che Laika era tornata cadavere dal viaggio tra le stelle. Alla fine degli anni ”80 lo «scimmiario» di Sukhumi raggiunse l’apice del suo splendore: poteva contare su più di 6500 esemplari, giunti da tutti gli angoli della terra, dall’Africa al Giappone, dalla Cina all’Australia. Quando lo «scimmiario» fu aperto, nel ”27, erano gli stessi dipendenti a andare in giro per il mondo armati di reti, ma dagli anni ”70 un’impresa olandese si era presa carico del reperimento dei nuovi scimpanzè. Nel ”74 ben trecento scimmie furono liberate nella foresta sui monti di Sukhumi: pochi anni dopo erano già diventate ottocento, e ogni giorno, fino agli anni ”90, un dipendente dello zoo andava personalmente a dare loro il cibo. «Poi ci fu la guerra, perdemmo traccia degli animali, molti furono feriti, altri uccisi, e la maggioranza semplicemente morì di fame», dice Tamara Vladimirovna, venticinque anni di fedele servizio alle spalle, «oggi non sappiamo più quante scimmie vaghino nelle foreste abkhaze». Adesso i primati spediti nel cosmo dai russi vengono allevati nello zoo di Adler, noiosa cittadina di provincia a quattro chilometri dal confine Russia-Abkhazia: «E pensare che era una nostra filiale» mormora Tamara Vladimirovna mordendosi le labbra tra l’invidia e il dolore. Sukhumi in periodo sovietico era la perla della costa sovietica del Mar Nero, qui venivano a trascorrere le vacanze poeti e pittori di regime. La località preferita da Stalin per le vacanze era l’Abkhazia di Sukhumi, e non la Soci tanto amata da Putin. Ma dopo la guerra con la Georgia l’Abkhazia fu colpita dalle sanzioni di mezzo mondo, compresa Mosca: allora al Cremlino sedeva Boris Eltsin, più obbediente dei suoi omologhi di oggi alle imposizioni della comunità internazionale, e Soci e Adler presero il posto di Sukhumi nel cuore dell’elite sovietica. Oggi nelle gabbiette dello «scimmiario» di Sukhumi si contano soltanto 320 scimmie, sfamate in buona parte dalle nocciole e dalle fette di anguria dei visitatori, visto che da quando l’Abkazia è indipendente i fondi all’istituto sono stati drasticamente tagliati. Margherita Belgiojoso