Giulio Tremonti, Il Sole-24 Ore 12-13/9/2008, 13 settembre 2008
TREMONTI-ALITALIA
Il Sole-24 Ore, venerdì 12 settembre
Caro direttore,
torno sulla vicenda Alitalia con alcune delle considerazioni che ho svolto in Parlamento. Per valutare correttamente cosa ora è in atto dal lato della vicenda proprietaria, va fatto un passo indietro. L’ultimo piano industriale ordinario di Alitalia è stato elaborato nel secondo semestre 2004. Il piano è stato poi notificato dalla Repubblica Italiana alla Commissione europea il 15 ottobre 2004; approvato dalla Commissione europea con decisione del 7 giugno 2005; presentato al mercato con prospetto informativo depositato in Consob l’11 novembre 2005; sottoscritto successivamente e per le corrispondenti quote tanto dallo Stato quanto dal mercato, in coerenza tanto con i vincoli imposti dalla disciplina europea, quanto con le manifestazioni di interesse espresse dal mercato. Al 31 dicembre 2005, a valle di questo aumento di capitale, il bilancio di Alitalia evidenziava un patrimonio netto pari a circa 1,4 miliardi di euro. Ciò che dopo è mancato, non sono stati dunque i mezzi finanziari, il Governo o l’azienda o il mercato. stato altro.
Con grande onestà politica e intellettuale, un Segretario sindacale confederale, il 23 agosto scorso, ha dichiarato in una intervista che «era meglio accettare, ma noi sindacati fermammo Berlusconi». Perché era meglio accettare? Per molte ragioni. Ma soprattutto per una ragione: perché quello era l’ultimo piano autorizzato ed autorizzabile in procedura ordinaria dall’Europa.
L’11 febbraio 2006 vengono sciolte le Camere.
Il 9 e 10 aprile 2006 vengono celebrate le elezioni politiche nazionali. Il Governo Prodi si insedia il 28 aprile 2006. Il Governo Prodi si attiva su Alitalia solo il 10 ottobre 2006. Il 10 ottobre 2006, sul sito della Presidenza del Consiglio, a seguito di un incontro Governo-sindacati, si poteva in specie leggere quanto segue: «Trasporto aereo: incontro tra Governo e sindacati sulla questione riguardante il trasporto aereo e, in particolare, sulla grave situazione di Alitalia... Entro il 31 gennaio del prossimo anno dovranno essere fatte le scelte definitive riguardanti il futuro dell’Alitalia».
In altri termini, il paradosso si manifesta nei termini che seguono: si sa e si ammette che la situazione di Alitalia è grave; ma tuttavia il Governo si concede una moratoria di quattro mesi! Nel testo dell’audizione del 2 aprile 2008, audizione del ministro Padoa-Schioppa, si legge appunto che: «Il 23 gennaio 2007 lo stesso ministro formulò una lettera di procedura per la presentazione di offerte preliminari... uno dopo l’altro tutti i soggetti... si ritirarono». Fino a che nel settembre 2007 viene nominata «una grande banca internazionale, Cit(y), quale advisor finanziario... dei 28 soggetti così avvicinati… Alla fine ne rimase solo uno: Air France-KLM».
Sempre nello stesso testo di Audizione si legge che: «Il 28 dicembre 2007… d’accordo con il presidente del Consiglio dei ministri, il ministro dell’Economia espresse orientamento favorevole all’avvio... di una trattativa in esclusiva con Air France-KLM». in specie ora di grande interesse rileggere quanto allora notato a futura memoria dal ministro Padoa-Schioppa, sempre nell’audizione citata:
«... La gravità della situazione è nota a tutti. Eventuali iniziative di discontinuità che gli amministratori della società si vedessero costretti a prendere, nella loro autonoma responsabilità, segnerebbero l’ingresso in una condizione che nessuno può augurarsi, non i viaggiatori, non i dipendenti della società, non i contribuenti, non la Sea, non la classe politica, non il sindacato, non l’immagine internazionale dell’Italia» (...)
In sintesi: o Air France-KLM (l’unico potenziale acquirente rimasto) o la crisi in legge Marzano. La trattativa con Air France-KLM si è chiusa negativamente il 2 aprile 2008.
«… Dopo numerosi incontri con i sindacati Air France abbandona il tavolo delle trattative e, in un comunicato stampa, annuncia che non esistono più le basi per continuare la negoziazione con le organizzazioni sindacali» (ANSA, pari data). Il 7 aprile, in un comunicato ufficiale: «Il Consiglio di amministrazione di Air France-KLM prende atto della rottura delle negoziazioni e rimanda ad Alitalia e ai suoi dipendenti le decisioni sul loro futuro».
Il 21 aprile si legge in un comunicato ufficiale: «Air France-KLM conferma ufficialmente l’uscita dalle obbligazioni contrattuali assunte il 14 marzo a causa del mancato verificarsi delle condizioni sospensive». Il 22 maggio, nell’ambito di una conferenza stampa per la presentazione dei risultati annuali della compagnia, il presidente dichiara che un’operazione Air France-Alitalia oggi non creerebbe valore e la giudica «assolutamente non realistica». «Il capitolo Alitalia è chiuso lo ha ribadito il Presidente di Air France-KLM» (ANSA, 9 giugno). Quella Air France-KLM è dunque ormai solo una chimera, una chimera che si è dissolta il 2 aprile. (...)
Non ci interessa l’analisi storica delle cause del perché di questi fallimenti. Solo abbiamo davvero difficoltà ad accettare che la colpa sia data da chi allora c’era, ed era al Governo, a chi non era ancora al Governo.
Nei termini dati dalla realtà ed a questa altezza di tempo l’unico esercizio comparativo che ci pare serio fare:
a) non è quello basato su Air France KLM, come se ci fosse e potesse ancora esserci quello che non c’è più;
b) ma quello basato sull’alternativa tra un’ipotesi industriale che appare ora comunque realizzabile e la liquidazione, altrimenti inevitabile.
Fallita la trattativa Air France, e proprio perché era fallita, il Governo Prodi ha formalmente preso atto della crisi di Alitalia. Per verificarlo, basta leggere il decreto n.80/2008.
Ciò che soprattutto rileva, nel dl n.80/2008 è:
a) la presa d’atto dei drammatici problemi posti dalla necessità di garanzia «di un servizio pubblico essenziale al fine di evitare interruzione della sua continuità territoriale»;
b) la presa d’atto del rischio di «problemi» di ordine pubblico;
c) la volontà di «contenere le conseguenze sistemiche di rilevanza prioritaria per la politica del trasporto aereo e per il sistema economico del paese che si determinerebbero a seguito del blocco del trasporto aereo»;
d) la volontà di non compromettere «il processo di privatizzazione di Alitalia»;
e) la parallela presa d’atto della «gravissima situazione finanziaria di Alitalia come risulta dalle informazioni rese al mercato per fare fronte all’immediato fabbisogno di liquidità indispensabile per la continuità dell’attività aziendale ordinaria nel breve periodo. La criticità della situazione risulta aggravata, etc.».
In sostanza ed in sintesi, per evitare tutto quanto sopra il Governo Prodi in ragione di interessi pubblici prevalenti (la continuità del trasporto aereo e la continuazione del processo di privatizzazione) ha introdotto una normativa speciale alternativa e/o sostitutiva di quella ordinaria, per evitare una altrimenti inevitabile procedura fallimentare.
Il Governo Berlusconi ha ottenuto la fiducia dal Parlamento il 15 maggio 2008. Da allora sono passati poco più di cento giorni. Il dl n.23 /2008 è del 27 maggio ed è stato approvato nel nostro primo Consiglio dei ministri, solo per rendere utile il dl n.80. Va in specie notato che, se vi sono nel prestito-ponte profili di aiuto di Stato vietato perché in contrasto con le regole europee, questi sono radicati nel decreto 80 e non nel nostro successivo dl. Ed infatti la procedura di infrazione europea è iniziata subito e proprio sul decreto n.80.
I successivi decreti numero 97/2008 e 134/2008 stanno centrando proprio gli obiettivi essenziali previsti all’origine dal dl numero 80: evitare la crisi Alitalia, per evitare il blocco del trasporto aereo; finalizzarne la privatizzazione. La procedura di privatizzazione è in atto in queste ore e le relative informazioni sono rese in forma ufficiale ed in tempo reale. Il Governo riferirà in Parlamento, in ragione delle sue specifiche competenze.
Qui mi permetto di formulare alcune considerazioni particolari, in ordine ai punti principali del dibattito politico finora sviluppato. stato rilevato che la procedura in atto ha un costo per il bilancio pubblico. Mi permetto di invertire i termini del problema. Per il bilancio pubblico, la procedura in atto ha l’effetto opposto. Quello proprio e tipico dello "stop loss": non crea perdite, ma interrompe il processo di formazione di nuove perdite. Senza, continuando come prima, ammesso che fosse o sia comunque possibile continuare come prima, o come finora, il costo per il bilancio pubblico sarebbe stato, sarebbe molto maggiore. L’ideale sarebbe avere il trasporto aereo e scaricare le passività accumulate su qualcuno.
La realtà è invece che:
- ci sono le passività accumulate;
- c’è bisogno del trasporto aereo;
- non c’è un acquirente disposto a rilevare insieme passività accumulate e trasporto aereo.
Se ci fosse qualcuno disposto a farlo, avrebbe potuto farlo, potrebbe farlo, è ancora in tempo per farlo. Sfortunatamente non c’è nessuno che sia disposto a farlo.
Giulio Tremonti
(1-continua)
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Il Sole-24 Ore, sabato 13 settembre
La realtà data di Alitalia è profondamente diversa da quella che abbiamo lasciato alla fine del 2005. Una realtà che in ragione dell’interesse pubblico essenziale del trasporto aereo, concepito in una logica di sistema ci impone di finalizzare una operazione ex legge Marzano nelle migliori possibili condizioni. Condizioni che non esistono in astratto, ma solo nel concreto della realtà oggettivamente in essere.
Al riguardo, si possono comunque fare alcuni conti specifici:
a) al giugno 2001, data di inizio del primo Governo Berlusconi, il valore di borsa per azione di Alitalia era pari a 1,42 euro. Non è dunque esatto quanto pubblicamente dichiarato lunedì dall’onorevole Colaninno, ministro delle Attività produttive nel Governo ombra, secondo cui un’azione Alitalia: «in borsa valeva 10 euro». Come ha detto l’on. Colaninno, e concordo: «Per riportare un po’ di serenità bisogna stare al vero»;
b) nel maggio 2006, data di fine del primo Governo Berlusconi, incorporando gli andamenti di borsa prodotti dalle "Torri gemelle", etc., il valore di borsa per azione di Alitalia era pari a 1,042 euro. Un differenziale di valore ancora fisiologico, evidentemente diverso da quello oggetto di polemica;
c) nel successivo periodo di tempo, dall’insediamento alla crisi del Governo Prodi, il patrimonio netto di Alitalia è passato da 1,453 mld di euro a 0. Corrispondentemente si è azzerato il valore delle azioni Alitalia.
Ciò vuole dire che la non risoluzione della crisi Alitalia, protratta per tutti i 22 mesi di durata del Governo Prodi ha distrutto valore per pari importo. E questa è una prima voce di costo, insieme pubblico e privato;
d) le sorti del prestito-ponte, operato iniettando liquidità dal bilancio pubblico in Alitalia, dipendono dall’esito della contestazione europea sul decreto n. 80 del Governo Prodi. Si noti: questo non vuole dire che il prestito-ponte sia stato di per sé irrazionale. Vuol dire che è stato, a valle, la conseguenza necessaria della politica di inerzia protrattasi a monte per 22 mesi.
Un altro modo dunque per distruggere valore;
e) il costo per regimi di assistenza sociale va ancora calcolato, ma per noi è ragionevole l’ipotesi che sarebbe stato minore, se fosse stato realizzato il piano 2004-2005;
f) va infine e soprattutto aggiunto che, in assenza dell’intervento in atto, al costo erariale dovrebbe essere aggiunto il costo reale che sarebbe stato generato dal blocco del trasporto aereo.
Un costo reale ed enorme, data l’attuale permanente assenza di "altre" soluzioni attese e/o ipotizzate come magicamente provenienti dal "mercato". Soluzioni in realtà ad oggi ancora del tutto assenti. vero che l’Italia è, nell’universo del trasporto aereo, l’ottavo mercato mondiale, ma non è affatto detto - è tutto da provare - che dal mercato planino sulla crisi di Alitalia altri nuovi operatori, stranieri od italiani, comunque disposti a farsi generosamente carico delle nostre esigenze di sistema.
A proposito di esigenze di sistema, c’è una buona definizione di "compagnia di bandiera" ed è quella data nella sua Audizione dal ministro Tommaso Padoa-Schioppa: «Nel trasporto aereo la compagnia di bandiera è quella che assicura la maggior parte dei collegamenti aerei all’interno di un Paese e verso l’estero»;
stato detto che l’operazione in atto non escluderebbe la più o meno immediata successiva cessione di Alitalia a terzi o a stranieri. Una cessione che potrebbe essere prossimamente operata sopra, con la cessione della proprietà della società. O sotto, con la cessione della sua attività. Non è propriamente così.
Per quanto è noto, il cosiddetto "lock-up" societario non è solo un patto parasociale, ma una componente strutturale dello statuto sociale della società che si è presentata all’offerta. Una sua modifica richiederebbe una maggioranza del 66%. Analoga maggioranza qualificata sarebbe poi richiesta per la eventuale delibera di cessione a terzi dell’attività aziendale sottostante, cessione che infatti costituirebbe modifica sostanziale dell’oggetto sociale, per cui sarebbe comunque richiesta la stessa maggioranza.
Questi vincoli li valutiamo insieme necessari e sufficienti. Altri vincoli non sarebbero compatibili con la normativa comunitaria. In ogni caso va notato che la società offerente è oggi composta da 18 soggetti, di questi:
a) cinque società sono quotate in Borsa;
b) due sono tra i più importanti Fondi di Private Equity italiani, con partner nazionali e internazionali;
c) due società hanno fatturati pari a molti miliardi di euro, realizzati in diversi Paesi del mondo;
d) altri sono imprenditori seri e credibili;
stato poi ipotizzato che l’operazione in atto contrasti con i principi fondamentali del mercato, fatto da competitività e concorrenza. Ma cosa è il mercato: è quello che si stilizza nei libri o quello che si trova nella realtà? In Germania, Lufthansa ha circa il 90% del mercato interno tedesco. In Francia, Air France-KLM ha circa il 65% del mercato interno francese. E così via.
La nuova Alitalia avrebbe molto meno. Sono fuori mercato in Germania e in Francia o saremmo fuori mercato noi? Chi è attento al mercato e alla concorrenza dovrebbe piuttosto considerare un dato fondamentale diverso. Ed è che, a partire dall’anno prossimo, la vera concorrenza "Italia su Italia" a favore dei consumatori non sarà tra vettori aerei, ma tra aereo e treno, data la capacità del treno di assorbire, su tratte intorno alle tre-quattro ore, quote significative dei volumi di traffico (come su Londra-Parigi, su Londra-Manchester, su Parigi-Marsiglia, su Madrid-Siviglia); Infine si è detto e scritto troppo ed a mio avviso non a proposito di "conflitti di interesse", identificati anche extra ordinem e cioè anche fuori dal vigente sistema legale. Credo che a forza di vedere conflitti di interesse anche dove la legge li esclude, finiremo per essere un Paese che ha sempre più conflitti su cui litigare e sempre meno interessi su cui crescere.
Post scriptum. A proposito di "lock-up": Il Sole 24 Ore dell’11 settembre ha rilevato, a proposito della società offerente, che «Nell’ultimo statuto disponibile, datato 29 agosto, si legge all’articolo 8 che "le partecipazioni sociali sono liberamente divisibili e trasferibili"». vero, a quell’altezza di tempo. Non così oggi. La richiesta da parte sindacale tra l’altro di un "lock-up" è, per quanto so (sapevo), in fase di pronta e lineare accettazione. Questo il dato sostanziale di cui mi sembrava utile parlare in audizione.
Giulio Tremonti
(2-fine)