varie, 16 settembre 2008
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AL ASWANI Ala Il Cairo (Egitto) 27 maggio 1957. Scrittore. «[...] stava per smettere di scrivere ed emigrare in Nuova Zelanda
AL ASWANI Ala Il Cairo (Egitto) 27 maggio 1957. Scrittore. «[...] stava per smettere di scrivere ed emigrare in Nuova Zelanda. Pur facendo il dentista al Cairo, da dieci anni si dedicava alla letteratura, ma i suoi libri erano stati rifiutati tre volte dalla General Egyptian Book Organisation (Gebo), la potente casa editrice di Stato, l’ultima volta proprio il giorno del suo quarantunesimo compleanno. ”Mi dissero: non ti pubblicheremo mai, e riattaccarono il telefono ”, racconta. ”Fu un compleanno tremendo, pensai che non ce l’avrei mai fatta a diventare scrittore”. Fece un ultimo tentativo. Un suo romanzo fu accettato da una piccola casa editrice indipendente del Cairo. La prima edizione di Palazzo Yacoubian (2002) si esaurì in quattro settimane e il romanzo fu in testa alla classifica dei bestseller nel mondo arabo per cinque anni consecutivi, vendendo 250.000 copie in una regione in cui le tirature raramente superano le 3.000 copie. Nel 2006 ne è stato tratto un film in arabo, diretto da Marwan Hamed, e l’anno successivo uno sceneggiato televisivo, ed è stato tradotto in 21 lingue. Ispirato a un edificio art-déco al centro del Cairo, dove l’autore aveva il suo primo studio da dentista, la vicenda di Palazzo Yacoubian si svolge nel 1990, al tempo della guerra del Golfo. Quelli che una volta erano appartamenti di lusso nel quartiere coloniale della città, a partire dagli anni Settanta avevano visto la fuga dei ricchi e l’afflusso di occupanti provenienti dalle campagne.[...] dice di non voler lasciare il suo ambulatorio, nonostante sia uno dei pochissimi romanzieri arabi in grado di guadagnarsi da vivere scrivendo. ”Fare il dentista mi apre una finestra sulla società egiziana”, dice. ”Il successo può essere pericoloso, ci si isola”. Per 15 anni ha scritto articoli critici nei confronti del presidente Hosni Mubarak, che è al potere dal 1981. membro dei ”Writers and Artists for Change” e dei ”Doctors for Change”, all’interno del movimento di opposizione noto come ”Kifaya” (’Basta”). A suo avviso la letteratura ”non cambia la situazione. Per avere la democrazia bisogna impegnarsi in un’azione politica diretta. Ma la letteratura cambia il lettore, insegna a essere meno ipercritici”.[...] Chicago (2007), ha venduto più di 120.000 copie in arabo. Ambientato in un campus di Chicago ai giorni nostri, si ispira ai due anni passati dall’autore – negli Ottanta – all’Università dell’Illinois, dove era andato a studiare odontoiatria con una borsa di studio. Il libro rivolge la sua attenzione agli espatriati arabi, tra cui il poeta e studente di medicina Nagi, impegnato in un movimento per la democrazia. Attraverso personaggi come Salah, un intellettuale egiziano innamorato di una ebrea americana, e Shaymaa, una donna velata che mette in discussione le restrizioni sessuali della sua educazione, il romanzo affronta argomenti come il sesso extraconiugale, l’aborto e l’antisemitismo. Chicago è stato prima pubblicato a puntate su ”Al-Dustour” (un giornale d’opposizione). ”Alcuni fanatici mi hanno insultato. Uno diceva che era inaccettabile per una donna velata avere una relazione fuori dal matrimonio. Ho risposto: è un romanzo, Shaymaa non rappresenta tutte le donne velate. Ma se non le piace il romanzo, perché lo legge?”. [...] Al-Aswani è figlio unico. La madre, Zeinab, di Alessandria, era ”una vera lottatrice” e lavorava al ministero dei giovani. Suo zio era ministro dell’Istruzione prima della rivoluzione del 1952 che rovesciò la monarchia e portò al potere Gamal Abdel Nasser. Il padre di Al-Aswani, Abbas, era ”un uomo del Sud che si era fatto da sé”, un romanziere e avvocato che vinse il premio statale per la letteratura nel 1972 e morì quando Ala aveva 19 anni. Ha frequentato il liceo francese prima di studiare odontoiatria all’università del Cairo. ”Ho avuto un’istruzione liberale. Quando ero ragazzo l’Egitto era tollerante. Al liceo c’erano ebrei, copti, cattolici: celebravamo tre o quattro festività religiose. Questo è il segreto della civiltà egiziana: da 60 secoli assorbiamo altre culture”. Quella società aperta e cosmopolita è cambiata, secondo lui, solo dopo la fine del governo Nasser nel 1970; in parte, a suo parere, per la crescente influenza del Wahhabismo, ”l’interpretazione data all’Islam nel deserto”. Al-Aswani considera Nasser un ”grande leader, che ha garantito l’istruzione gratuita per incentivare la mobilità sociale, ma ha fatto un grande errore: ha conservato la macchina della dittatura”. Legge quattro lingue, tra cui francese e spagnolo, ma ha deciso di non emulare il nouveau roman, ed è stato spinto verso il realismo da un incontro con Mahfuz ad Alessandria d’Egitto. ”Per vent’anni gli scrittori arabi hanno pensato che il modo di scrivere degli occidentali fosse migliore, così se si racconta una storia ci si sente sorpassati. Io non sono d’accordo. Mantengo la mia voce. Il romanzo è come una relazione amorosa: se si programma, si rovina la parte più bella”. Per dieci anni Al-Aswani ha tenuto seminari settimanali per giovani scrittori e per studenti nei caffè del centro. ”[...] il governo ha minacciato il proprietario di un caffè, ma abbiamo continuato a incontrarci. Sono fiero che ci siano venuti anche dei giovani fanatici; alcuni sono diventati miei amici. Sento di dovermi impegnare nei confronti di questi giovani che non ricevono una vera istruzione. Essere fanatici significa etichettare le persone, non vedere l’essere umano. La letteratura è l’opposto, è una visione della vita molto individuale”. Al seminario ha incontrato il ragazzo che gli ha fatto da modello per Taha in Palazzo Yacoubian. Il giovane a cui il personaggio è ispirato ”era uno studente molto bravo, ma che non era riuscito a entrare nella polizia perché veniva dalla classe sbagliata”, dice Al-Aswani. ”Diceva: odio questo Paese, questo governo è pieno di ladri. E non aveva tutti i torti. Mi rendevo conto che di fronte a un’ingiustizia chiunque potrebbe diventare pericoloso, anche terrorista, vedendo infranto il sogno della sua vita”. Al-Aswani, però, rimane ottimista. Per lui, il successo delle vendite è un ”premio da parte dei lettori. Significa che l’Egitto è più tollerante di quel che sembra”» (Maya Jaggi, ”Corriere della Sera” 2/9/2008).