varie, 15 settembre 2008
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Castagnone Maria
• Giulia Traduttrice. Direttore editoriale della Piemme • «[...] è una delle signore di lungo corso dell’editoria italiana: Feltrinelli, Sperling & Kupfer, Anabasi, Marsilio, prima di Piemme. Senza contare, dopo la laurea in letteratura americana, quattro anni di apprendistato con il guru degli agenti letterari, Eric Linder: ”Un maestro. Linder non dava insegnamenti teorici, raccontava. Io appartenevo alla manovalanza, ma ogni mattina lui entrava nel mio ufficio e cominciava a parlare di editori, scrittori italiani e stranieri, libri: era una finestra sul mondo. Da lì passavano tutti o quasi”. Maria Giulia traduceva dall’inglese (Ludlum, Wilbur Smith, Edith Wharton, cui poi si sarebbero aggiunti Fante, Bukowski, Doris Lessing e altri). Tra i personaggi che transitavano da Milano, un giorno arrivò Ingrid Bergman, la cui autobiografia fu affidata alla Castagnone per la traduzione. La vecchia attrice volle conoscerla. Si incontrarono per pranzo al Principe di Savoia: ”Avevo negli occhi la bellissima attrice di Angoscia e mi ritrovai di fronte una signora anziana con una camicetta di seta e una gonna grigia al ginocchio, ma dalla bellezza quasi intatta e dai modi eleganti. Mi fece molte domande sul mio lavoro e sui miei interessi. Le dissi della mia passione per Angoscia e mi raccontò che per baciarla, Charles Boyer doveva salire su un predellino. Ricordo che lasciò il piatto quasi pieno, come me, che pur essendo molto ghiotta ero troppo emozionata per riuscire a mangiare”. Il primo ricordo Feltrinelli è il direttore editoriale Franco Occhetto, il quale però ben presto si sarebbe ammalato. ”Arrivai come editor della narrativa straniera: Inge era sempre uguale, grande vitalità, grande capacità di comunicazione, grande ospitalità”. I ricevimenti con Nadine Gordimer e con Philip Roth (’ricordo un bell’uomo, su un balconcino in compagnia di sua moglie, una ballerina fragile”). Il giovanissimo Antonio Tabucchi, già autore di Piccoli equivoci senza importanza: ”Si portava dietro il fascino straordinario del suo Portogallo, che per noi era ancora una cultura quasi sconosciuta. Il legame con lui è rimasto anche dopo, e quando arrivai alla Piemme fu lui a consigliarmi di pubblicare Ugo Riccarelli”. Di Doris Lessing, Maria Giulia in quegli anni traduce due romanzi. Il primo incontro a Londra: ”Una persona essenziale, senza fronzoli. Andai a cena nella sua casa a Nord di Londra: entrando, io disordinatissima rimasi colpita dal casino... Aveva un’umanità scoperta che rifiutava ogni perbenismo borghese. Le interessava solo il suo spazio mentale di scrittrice e il piccolo spazio fisico in cui lavorare: una scrivania in un angolo. Era fiera del suo giardino, un giardino misterioso in cui le piantine preziose erano soffocate dalle erbacce che crescevano su se stesse a profusione” [...] La parentesi Sperling porta il nome di un altro mostro sacro dell’editoria, Tiziano Barbieri, detto il Ciuffo: ”Arrivai come direttore editoriale e lavorai nella massima libertà: non gli piaceva fare il padrone. Era un andirivieni continuo dal suo al mio ufficio e viceversa. Con Tiziano ho imparato che l’editoria è un lavoro di squadra”. Tra gli autori più illustri della squadra, c’è Stephen King: ”Lo conobbi a New York, in una serata di danze sfrenate organizzata dal suo editore americano, Viking. Lui, t-shirt bianca e jeans, si esibiva con la sua band, un simpaticone americano, molto friendly. Un mucchio di gente sfrenata, tra agenti, editori, scrittori, giornalisti, con una disinvoltura che in Italia ci sogniamo...”. Anche lì, da Sperling, compare un’altra star hollywoodiana. Katharine Hepburn, che Maria Giulia e Barbieri incontrano nella primavera del 1991 in occasione dell’uscita dell’autobiografia: ”Tipica casa della vecchia New York, nella 42ª strada, non grandissima e su due piani, ampi locali e giardino. Quando la vidi, ebbi un colpo di fulmine: con quegli occhi azzurri, assomigliava a mia mamma. Mi sedetti di fianco a lei sul divano e cominciammo a chiacchierare. Mi sembrava di essere entrata in un romanzo di Edith Wharton o di Henry James. Lei mi indicava i suoi quadri: dipingeva nature marine della costa Nord di New York, probabilmente quelle che frequentava da bambina, dune, gabbiani, un mare selvaggio. Si perse a parlarne. Disse che da vecchia non le mancava più il cinema perché si ritrovava nella pittura. I suoi occhi avevano una luce che ti inondava e guardandoli era come leggerle dentro”. La vecchia attrice parla e parla, finché il suo editore americano le si avvicina un po’ seccato: ”Katharine, ci sono anche altre persone che vogliono incontrarti”. Gli editori di tutto il mondo non aspettavano altro. Con l’inizio degli anni 90, si apre una nuova avventura, che durerà solo fino al ”95: Maria Giulia Castagnone decide di fondare, con Sandro D’Alessandro, una nuova casa editrice, che molti rimpiangono ancora. Si chiama Anabasi e pubblica saggistica e narrativa italiana e straniera, anticipando tendenze e lanciando nuovi autori. Quando però le cose si mettono male sul piano economico (’c’erano troppi soci”), Maria Giulia decide di lasciare (’sentivo venti di tempesta e non volevo assistere alla morte di Anabasi: probabilmente avevamo pubblicato troppi titoli”). Così, nel 1995 chiede aiuto a Cesare De Michelis e passa alla Marsilio. Ma una sera del ”98 arriva la telefonata di Marietti, che le offre la direzione Piemme. Una vita nel segno del cambiamento. Poche fedeltà: ”Adesso però basta, dopo la Piemme mi ritirerò a tradurre”. La casa editrice in dieci anni è riuscita a trasformarsi grazie a successi clamorosi, come Il cacciatore di aquiloni (’il merito è di Francesca Cristofanini, ora alla Rizzoli”), partito con una tiratura di 3.500 copie e arrivato ormai a oltre due milioni: ”Khaled Hosseini è un ragazzo simpatico che ha lasciato l’Afghanistan a tredici anni: oggi è americano a tutti gli effetti, ma è il classico uomo con la nostalgia dell’esule e non fa nessuna fatica a raccontare del suo paese. Affabile, esuberante, un bel signore [...] protetto come un bambino dalla sua agente. Quando parla di cinema gli splendono gli occhi, è quella la sua vera passione”. Il secondo romanzo di Hosseini, Mille splendidi soli, in poco più di un anno ha venduto sul milione di copie. Ma si tratta di libri estranei alla linea editoriale, che punta soprattutto sul noir. Il primo successo è americano: Michael Connelly, i cui thriller garantiscono numeri di tutto rispetto (almeno 100 mila copie al colpo): ”Un tipo molto riservato, e un grandissimo professionista. Gira come una trottola per la promozione dei suoi libri, senza esigenze o richieste particolari: ricordo che una volta è riuscito ad autografare di seguito mille copie del suo libro. Una sola volta tentò di sottrarsi... [...] Non riuscivo a convincerlo a partecipare al Festival di Mantova. Era riluttante. Poi, una sera andò a cena con un altro scrittore di noir, George Pelecanos, un suo amico che era già venuto a Mantova. Pelecanos gli disse: guarda che a Mantova c’è un vino meraviglioso. Così riuscì a convincerlo. Da allora quando viene in Italia Connelly chiede sempre, magari con un piatto di lasagne, una bottiglia di Faial rosso... Ma è l’unica richiesta. un tipo accomodante, non come altri...”. Chi? ”Gli italiani sono i peggiori, ma non chiedetemi i nomi”» (Paolo Di Stefano, ”Corriere della Sera” 15/9/2008).