Giancarlo Dotto, La Stampa 13/9/2008, pagina 22, 13 settembre 2008
La Stampa, sabato 13 settembre A trentuno anni era l’enfant prodige della politica italiana, quando ancora non si parlava di quote rosa
La Stampa, sabato 13 settembre A trentuno anni era l’enfant prodige della politica italiana, quando ancora non si parlava di quote rosa. Una giovane signora in tailleur, foulard d’ordinanza e croce di Vandea che teneva sotto frusta il maschilissimo serraglio di Montecitorio. Quindici anni dopo si occupa d’altro, veste soprattutto altro, più che mai smaniosa di decifrare dove va il mondo oltre che se stessa, donna dalle infinite mutazioni. Tra un servizio fotografico e una sessione di prove di Iride - programma d’informazione che condurrà su Odeon il sabato in prima serata a partire dall’11 ottobre - Irene Pivetti ammette la sua eccitazione per una politica planetaria in grande evoluzione. Sono le donne al potere la novità, non solo negli Stati Uniti. Cominciamo dal maiale col rossetto? «Una gaffe enorme. Obama ci fa sapere che non si riferiva a lei e che si tratta comunque di un modo di dire. Un modo di dire estremo, soprattutto se hai a che fare con una signora». Che di suo si definisce un pitbull col rossetto... «C’è una bella differenza tra il pitbull e il maiale nell’immaginario collettivo. Il pitbull è il simbolo dell’aggressività a scopo di difesa, il maiale si mangia». Il pitbull in questo caso risulta Obama. Un nero accusato di sessismo e forse anche di razzismo, che sembra scegliere come rivale la sconosciuta governatrice dell’Alaska piuttosto che McCain e con lui il fantasma di Bush, vero? «Di Obama mi preoccupa un’altra cosa. Lui è il candidato "evocativo" che fa sognare le platee. Io stessa l’avevo ritenuto l’erede dei Kennedy. Ma la creatività dev’essere accompagnata in politica ad altrettanta stabilità e prevedibilità. Se questa emotività, alla prima occasione di nervosismo, mi frana in gaffe e lapsus a catena, comincio ad avere qualche dubbio, il paragone con i Kennedy scricchiola». Allude al lapsus della «mia fede musulmana»? «Verosimilmente indotto dalle insistenti allusioni di McCain e del suo staff sul suo retroterra. Magari stiamo solo fantasticando, ma già sospettare che si tratti di questo mi pare un problema. E nemmeno la moglie in questo lo aiuta». Michelle non è il suo pilastro? « una donna intelligente, sa interpretare bene la moglie del candidato, ma la gaffe di dire al Congresso: "Mi sento finalmente orgogliosa di essere americana", a fronte di un McCain che si dichiara orgoglioso a prescindere, mi pare enorme». L’autolesionismo è una sottile voluttà. Ci si è messo anche Biden: Hillary? Sarebbe stata meglio di me come vice... «Il dramma è che ha ragione. Hillary avrebbe dato stabilità e consistenza al ticket democratico, Già quando era solo una first lady si diceva che il vero presidente fosse lei, ed era al fianco di uno come Bill, mica un boy-scout. Evidentemente una figura troppo ingombrante per Obama, il che è segno di debolezza. I sondaggi davano Obama vincente e la Clinton perdente su McCain. Sono convinta del contrario. Hillary era novità più stabilità. Obama ha dato un calcio al suo asso vincente». Messaggi subliminali. Obama slitta inevitabile in Osama, Biden è la contrazione di Bin Laden... «Quanto basta per una striscia comica da Greggio». Il talento della Palin? «Da un lato l’effetto immagine della donna in politica, associata a rinnovamento e pulizia; dall’altro l’estraneità all’establishment inteso come salotto e sistema di potere, combinata al suo collaudato realismo politico. La Palin è una donna che suggerisce stabilità e leadership, l’equivalente repubblicano della Clinton». Sposterà voti? «Sono sicura di sì, li sta già spostando nei sondaggi di questi giorni». Percepibile la sua simpatia per la governatrice dell’Alaska. Camille Paglia, intellettuale femminista vicina ai democratici, la promuove come il nuovo simbolo delle donne. d’accordo? «Ha carattere e personalità. Le donne non sanno fare squadra in politica, ma chi se ne frega. Il loro talento è nella leadership individuale, nel saper guidare con grande autorità squadre miste di uomini e donne. Sarah Palin è una di queste, per non parlare della Clinton. Peccato, la sua sconfitta. Una donna presidente degli Stati Uniti avrebbe decapitato alla radice nel mondo l’obiezione sulla donna al potere». Intanto va forte il tiro al bersaglio sulla Palin. Scheletri e amanti nell’armadio, i figli borderline, fedifraga e cattiva madre. Insomma, una che predica bene e razzola male... «Siamo alle solite: il sillogismo molto ipocrita per cui se hai tradito nella vita privata tradirai anche in politica. Da noi farebbe ridere, ma da loro funziona così, col rischio magari di beccarsi uno integerrimo ma incapace. Ma lei non sarà sorpresa da questa laparatomia a cielo aperto che le stanno praticando. Se l’aspettava e sarà all’altezza, è una donna forte». Fragilità il tuo nome è donna, fa ridere a dirlo oggi. L’equivalente italiana della barracuda Palin potrebbe essere lo squalo Santanchè, la Lara Croft di Storace, la destra con la bava alla bocca, celebri i suoi anatemi contro «le palle di velluto» degli uomini di partito... « facile parlare. In politica, il discrimine è la responsabilità che hai, il ruolo che assumi. La Palin è stata sindaco e ora fa la governatrice. Più che alla Santanché, penso piuttosto a Letizia Moratti o a Mercedes Bresso». La Palin è una conservatrice classica. Le donne sembrano affermarsi come leader in politica soprattutto quando sono dalla parte della restaurazione. Un altro esempio di casa nostra è Mariastella Gelmini, detta dai suoi nemici «il ministro della pubblica distruzione». Che ne dice? «Le donne al potere tendono a essere conservatrici e stabilizzatrici, a prescindere dallo schieramento politico, destra o sinistra. Apprezzo la Gelmini. Il ritorno al grembiule, al voto, all’insegnante unico, dimostrano che si può fare bene partendo da una solida base di buonsenso. Quella del grembiule è una vera decisione democratica, indispensabile per cancellare le differenze sociali, in aula. Il voto è sacrosanto. Dà ordine, chiarezza, favorisce la risposta dell’alunno. Un 4 è un 4, senza equivoci». Morde, eccome, anche la soave Carfagna... «Ecco le mie ragazze, ha detto Berlusconi presentando il governo. La cosa mi ha dato sui nervi. Altro che ragazze, io le chiamerei amazzoni. Hanno scaricato a loro tutte le patate bollenti. Con il suo fare angelico la Carfagna ha piazzato un uppercut mica da ridere. Alla Prestigiacomo le hanno rifilato l’Ambiente, il ministero delle grane. Ci si aspetta qualcosa di più dalla Meloni, una che viene dalla politica militante». C’è poi la sua omonima, la signora Brambilla. Che ne pensa? «La conosco poco. Si è presentata come una soldatessa da trincea. Aspettiamola al varco dei primi atti istituzionali». Non si morde i gomiti Irene Pivetti, al pensiero di che cosa avrebbe potuto fare oggi in questa politica che sembra finalmente riconoscere le donne? «Ho fatto una scelta a suo tempo e sono contenta d’averla fatta. Si è chiuso un percorso. Da osservatrice militante mi rendo conto di quanto la politica ti estranei dalla vita reale. Basta sentirli parlare, i nostri politici...». La stupisce o la irrita il successo di Di Pietro? «Non mi irrita e soprattutto non mi stupisce. Testimonia quanto sia decisiva la questione della leadership. La sinistra ha mutilato i suoi leader scientificamente negli anni, ha spuntato i propri artigli. Veltroni si è automutilato da solo. La personalità non gli manca, ma paga le sue scelte loffie, il buonismo scambiato per debolezza». Opposizione ombra. Più ombra che opposizione? «Diciamo una sinistra alla complicata ricerca di un’identità». Un voto stile Gelmini al governo Berlusconi... «Almeno un 8 per la partenza molto buona. Ora aspettiamo le prime vere curve». Giancarlo Dotto