La Stampa 13/9/2008, pagina 37, 13 settembre 2008
La Stampa, sabato 13 settembre Esce oggi per Bompiani Panta, Visioni tra cinema e letteratura a cura di Francesco Casetti ed Elisabetta Sgarbi, antologia di colloqui sul cinema
La Stampa, sabato 13 settembre Esce oggi per Bompiani Panta, Visioni tra cinema e letteratura a cura di Francesco Casetti ed Elisabetta Sgarbi, antologia di colloqui sul cinema. Pubblichiamo la conversazione inedita di Alain Elkann con Alberto Moravia. E: Come mai quasi tutti i tuoi romanzi diventano film? M: Perché vengono in parte dal cinema, cioè sono teatrali, dunque ritornano all’origine. I miei romanzi sono quasi tutti drammi travestiti da romanzi. E: Di tutti i film tratti dai tuoi libri, quali ricordi? M: Un film con De Sica e la Loren, La ciociara. Alcuni film con le attrici più importanti: la Lollobrigida, in La romana; la Spaak in La noia; Brigitte Bardot in Il disprezzo; la Sanda e la Sandrelli in Il conformista ecc. E poi ho avuto anche ottimi registi: Bertolucci per Il conformista; Godard per Il disprezzo; De Sica per La ciociara; Maselli e Bolognini per Gli indifferenti ecc. I buoni registi fanno buoni film, perciò non posso lamentarmi troppo. E: Ma li hai conosciuti questi registi? M: Più o meno, sì; chi conosco meglio è Bertolucci, perché è anche un amico. De Sica appena appena, Godard un po’ di più. E: Ma quando girarono Il disprezzo, te ne sei occupato? M: Per forza, perché l’approccio con Brigitte Bardot e Godard non è stato affatto invogliante. A Brigitte Bardot, dopo aver assistito alla rissa che c’era stata per la conferenza stampa del film, ho chiesto perfino se le interessava che le facessi un’intervista per Candide Lei ha risposto ”On verra” e poi l’intervista non s’è fatta. E: Com’era Brigitte Bardot? M: Un po’ diversa dalle fotografie. Aveva un corpo molto grazioso, eleganza nel camminare. Il volto dal vivo è più da pechinese che non sullo schermo. Il cinema addolcisce i tratti. I suoi erano un po’ duri. Non bisogna tuttavia credere che io avessi una tale smania per Brigitte Bardot. Io avevo fatto un’intervista per Square alla Cardinale. Avevo bisogno di soldi, però ero imbarazzato: intervistare una diva è molto seccante, si casca nel divismo, nel gioco dei giornalisti di varietà cinematografica. Ebbi l’idea di fare un’intervista fenomenologica. Considerando cioè la Cardinale come un’apparizione nello spazio. Le dissi: ”A me non interessa chi è lei, né cosa vuol fare nella vita, né che è un’attrice, né cosa pensa del cinema. A me interessa soltanto il suo corpo.” E così mi raccontò cosa pensava delle sue gambe, del suo seno, dei suoi occhi, dei suoi capelli ecc. Il pezzo riuscì bene, ebbe molto successo, fu anche imitato all’estero, credo. Allora con la Bardot volevo fare un’intervista marxista: siccome era una borghesona, pensavo, va bene, adesso io le faccio un’intervista basata sulle idee del capitalismo. Però lei la evitò. Mi ricordo che disse: ”Je n’ai pas fait son premier film, je ferai son dernier.” E: Di chi? M: Di Godard. E: Secondo te, Godard è un genio? M: Godard è un uomo geniale, sì, ma quando dico ”geniale” non voglio dire un grande artista. Non voglio dire neanche un grande creatore, voglio dire un uomo geniale e basta. Anzi, mi sono sbagliato, è un uomo creativo. E: E Fellini? M: Fellini è un grande artista. E: Mentre Godard no? M: In realtà, lo è anche lui, ma è più creativo e rivoluzionario che artista. E: Bertolucci? M: Bertolucci è un altro caso ancora. Insomma, Godard ha rivoluzionato il cinema, per lo meno ha dato inizio a una rivoluzione che è durata parecchio. Se si confronta un film di Godard con una qualsiasi altra pellicola, si vede subito che c’è una diversità. Una certa maniera di inquadrare... E: Godard è il Joyce del cinematografo? M: No, non proprio Joyce, no, non direi Joyce. E: il nouveau roman del cinematografo? M: Ecco, semmai, sì, più Robbe-Grillet oppure un surrealista come Breton. Joyce è l’ipernaturalismo, gonfiato fino a sfondare il naturalismo. Joyce è andato al di là del naturalismo con lo stesso naturalismo. E: Ma il surrealismo però è Fellini, no? M: No, Fellini è un po’ di tutto. Fellini è come Buñuel. Ci sono due punti di contatto tra Fellini e Buñuel. Fellini si serve delle esperienze dell’avanguardia, Buñuel anche. Buñuel ha una solida base spagnola, su cui ha inserito le sue esperienze surrealiste. Però la personalità di Buñuel è superiore a quello che fa, alle scuole. Così anche Fellini. Fellini è un uomo che si è servito un po’ di tutto. Però ha una sua cifra... Invece Godard rappresenta una rivoluzione vera e propria del modo di inquadrare, di guardare la figura umana e, devo dire la verità, Godard, accanto a Fellini e a Buñuel, è il terzo regista che io amo. E: E Bertolucci ? M: Ha molti punti di contatto con Visconti. un regista culturale, con l’orecchio culturale. Poi è sensazionalista, come dicono gli inglesi. Ha il gusto del pugno nello stomaco, così come Visconti. Bum! Ti dà un pugno nello stomaco, ti fa vedere un ragazzo che si fa una pera con una forchetta nella vena. Poi ha una sensibilità sociale, questo è molto importante. E, come Visconti, ha anche una sensibilità fantastica per il passato. Quella è la caratteristica che io ammiro di più. Perché lui era un bambino quando c’era il fascismo, eppure film come La strategia del ragno o Il conformista sono miracolosi come ricostruzioni di atmosfere, di cose scomparse completamente. Da dove le ha cavate? E: Avrà visto dei documentari... M: Non è la stessa cosa, nei suoi film c’è proprio l’atmosfera. Detto questo, tanto Visconti che Bertolucci sono dei registi speciali... Bertolucci è quasi più operistico di Visconti. Insomma, sono dei metteurs en scène più che dei registi. E: Un regista è diverso da uno scrittore? M: No. Un vero regista, come Godard o come Malle, ha uno stile, scrive. Scrive con le immagini. Insomma, la scrittura cinematografica non è diversa dalla letteratura.