Francesco Verderami, Corriere della Sera 13/9/2008, pagina 10, 13 settembre 2008
Corriere della Sera, sabato 13 settembre Oggi sarà a fianco di Berlusconi all’inaugurazione della Fiera del Levante, ma da domani Raffaele Fitto è pronto a tornare nelle retrovie del governo, un passo indietro, con le mostrine però della campagna sul federalismo fiscale che ha guidato sul campo per ordine del Cavaliere
Corriere della Sera, sabato 13 settembre Oggi sarà a fianco di Berlusconi all’inaugurazione della Fiera del Levante, ma da domani Raffaele Fitto è pronto a tornare nelle retrovie del governo, un passo indietro, con le mostrine però della campagna sul federalismo fiscale che ha guidato sul campo per ordine del Cavaliere. Perché non c’è dubbio che nella mediazione con la Lega, il ministro per i Rapporti con le regioni ha avuto un ruolo da protagonista. Sulla riforma più importante di inizio legislatura, Fitto è l’uomo che Berlusconi ha scelto per marcare il Carroccio ma anche per fare il contraltare a Giulio Tremonti. E il fatto che abbia adempiuto a un compito così delicato, lo testimoniava ieri una lunga intervista che il Foglio gli ha dedicato e che è stata richiamata con grande evidenza in prima pagina. un gioco sottile quello del premier, che di Umberto Bossi parla come dell’«alleato più affidabile», e che al titolare dell’Economia ha delegato le scelte per il risanamento e il rilancio del Paese. Tuttavia, nonostante la sua leadership sia incontrastata, preferisce vigilare sulle dinamiche interne al partito e alla coalizione di governo. Non si sa mai. Così la prima mossa - appena varato l’esecutivo - fu quella di attribuire a Fitto le deleghe necessarie per aver voce nella vertenza, suscitando l’irritazione della Lega. E più la trattativa arrivava alla fase conclusiva, più Berlusconi chiedeva conto al suo ministro. «Fitto ha avuto una funzione centrale nella mediazione», dice il capogruppo del Pdl, Fabrizio Cicchitto. Racconta infatti un autorevole dirigente forzista che il premier - alla vigilia della stretta - gli abbia chiesto un dossier con il quale si è presentato al vertice con Bossi. E c’era Fitto seduto accanto a Berlusconi la sera che è stato sancito il compromesso. Il Cavaliere ha voluto sfruttare le doti del ministro, che conosce tecnicamente la materia per i suoi trascorsi da governatore della Puglia, ma che mastica anche di politica. E se ora il federalismo fiscale marcerà davvero di pari passo con la riforma della giustizia, è dovuto al fatto che - dopo il passaggio in Parlamento - per il varo dei decreti delegati serviranno due anni. «Raffaele, sei un furbacchione», pare gli abbia sorriso il Senatùr salutandolo. E ci sarà un motivo se ieri due anti-tremontiani come Roberto Formigoni e Giancarlo Galan, hanno tributato pubblici elogi a Fitto per la sua «equilibrata mediazione ». stato Berlusconi a dargli questo ruolo, e da berlusconiano di ferro ha lavorato all’intesa, consigliando a suo tempo il premier di tenere sempre buoni rapporti con i rappresentanti degli enti locali. Al momento il Cavaliere ha centrato gli obiettivi prefissati, compreso quello di far alzare la bandiera del federalismo fiscale a un esponente del Sud, serbatoio elettorale del Pdl. Il giovane ministro per i rapporti con le Regioni ha il profilo adeguato per parlare di questa riforma come di una «sfida politica e culturale che il Mezzogiorno deve saper raccogliere». «Finora - è la tesi di Fitto - abbiamo ragionato con la logica del "si spende, tanto poi paga lo Stato". Adesso il Sud è posto dinanzi a un bivio: o si intesta una protesta senza futuro alla Masaniello, o si rilancia con una nuova mentalità e una nuova classe dirigente. una svolta che determinerà un diverso approccio anche da parte della Lega». Perché con l’avvento del federalismo fiscale il Carroccio non avrà più l’alibi di «Roma ladrona», e il suo modello di gestione territoriale sarà messo alla prova su altre riforme contro cui finora ha fatto muro, come la liberalizzazione dei servizi pubblici locali. Da domani Fitto farà un passo indietro. Al Foglio ha infatti spiegato - che trovata l’intesa sul disegno di legge delega con Roberto Calderoli - «si comincerà a discutere di numeri», e «sarà il momento in cui entrerà in gioco Tremonti». Quel passaggio sarà decisivo e misurerà anche i rapporti tra il ministro dell’Economia e il capo della Lega, perché si dovranno stabilire compiti e risorse degli enti locali. Bossi non sarà certo accomodante. Non a caso una settimana fa, a Cernobbio, Tremonti è stato prudente: «Prima di procedere dovremo avere dei numeri condivisi, organizzare una data-room». Tutti, maggioranza opposizione e amministratori di ogni colore politico, attendono quel momento per tirare le conclusioni. Come sostiene infatti il sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, «il ministro dell’Economia dovrà fornire le cifre, altrimenti il sospetto che il federalismo fiscale sia stata solo una bandierina consegnata alla Lega diverrà certezza». Servirà tutto l’estro del superministro per superare la prova. Nel frattempo Fitto sarà un passo indietro, impegnato magari in un’altra sfida a nome del Cavaliere: quella di drenare voti a Pier Ferdinando Casini nel Sud alle Europee. E non ingannino i suoi modi concilianti, perché c’è tutta l’antica perfidia democristiana quando dice che «l’elettorato centrista non diverge dal nostro» e che «in prospettiva l’Udc potrà far parte del Pdl». Una vera provocazione. Francesco Verderami