varie, 11 settembre 2008
Tags : Emmanuel Adebayor
Adebayor Emmanuel
• Sheyi Lomé (Togo) 26 febbraio 1984. Calciatore. Attaccante. Dal gennaio 2011 al Real Madrid. Lanciato dall’Arsenal, ha giocato anche con Metz, Monaco, Manchester City. Miglior giocatore africano nel 2007 • «[...] un miracolato, nel vero senso della parola, un grande giocatore che fino all’età di 4 anni non camminava. Hajia Adebayor, la madre di quel ragazzino, era disperata. Finché un giorno, per prendere una palla che stava rotolando fra le panche di una chiesa, il piccolo Emmanuel si alzò da terra, cominciò a camminare, poi a correre, prese la palla a la restituì ai suoi amici. È una storia di fede. Emmanuel Adebayor [...] l’ha raccontata [...] alle telecamere di Arsenal TV. Si parte da Kodjaviakope, sobborgo di Lomè, capitale del Togo, stretto fra il Ghana e il Benin, un Paese lungo e secco come il protagonista di questa storia. Il capo della numerosa famiglia Adebayor, quattro figli maschi e due femmine, di etnia Yoruba, era giunto in Togo dalla Nigeria. Era un guardiano di elefanti e sua moglie Hajia aveva un solo scopo nella vita: far guarire suo figlio dalla paralisi. “Mi portò in Nigeria, in Ghana, in mezza Africa per farmi curare, ma nessuno riusciva a capire quale fosse la mia malattia. Mi curarono con i metodi tradizionali e con quelli africani, senza successo. Finché un giorno mia madre si rivolse a un prete. Che le dette una sola speranza: ‘Dobbiamo pregare tutti insieme per una settimana intera. Se dopo questi sette giorni di preghiera tuo figlio non camminerà, dovremo accettare la decisione di Dio’”. “Mia madre mi portò in chiesa, mi distese sul pavimento sopra una coperta, e iniziò a pregare la sera di una domenica. Il sabato successivo, ormai disperata, piangeva e pregava. Ma la domenica mattina, io sentii dei bambini che giocavano a pallone davanti alla chiesa. A un certo punto, la palla finì fra le panche e a quel punto mi alzai per rincorrerla e la consegnai a chi l’aveva persa. “Attorno a noi la gente gridò al miracolo e qualcuno disse a mia madre: ‘È stato il calcio a miracolare tuo figlio’. Un altro le disse: ‘Emmanuel cammina grazie a un pallone. Ha il calcio nel sangue’. Da quel momento, ho messo tutta la mia vita nelle mani di Dio, il mio creatore. È lui ad avermi dato la possibilità di essere dove sono. Ricordo chi ero, ricordo che [...] guadagnavo appena qualche centesimo. Per questo prego tutte le sere prima di andare a dormire e anche la mattina. Per me non c’è niente di più importante di Dio”. Sua madre Hajia non ha più dimenticato quel giorno. E continua a raccontare quegli attimi a suo figlio [...] Solo che negli anni si sono confusi alcuni particolari, piccoli dettagli che non modificano tuttavia l’idea di quel che accadde in quella chiesa. “Pregammo una settimana intera - ricorda Alic - e quando ormai avevamo perso le speranze vidi in chiesa un bambino col pallone in mano. Anche Emmanuel lo stava guardando. Il pallone cadde per terra e mio figlio cercò di raggiungerlo, ma non ce la faceva. Piangeva disperato. Poi, d’improvviso, guarì». Il miracolo si era comunque compiuto”» (Alberto Polverosi, “Corriere dello Sport” 4/2/2009).