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 2008  settembre 11 Giovedì calendario

l’Unità, giovedì 11 settembre  il racconto di una «bufala». Quella delle «bombe liquide». la storia di una «certezza» che da due anni ha sconvolto la quotidianità di milioni di persone che, per lavoro o per turismo, si imbarcano su un aereo, sentendosi dire dagli agenti a terra: «Spiacente, ma deve togliere dal suo bagaglio a mano ogni prodotto liquido

l’Unità, giovedì 11 settembre  il racconto di una «bufala». Quella delle «bombe liquide». la storia di una «certezza» che da due anni ha sconvolto la quotidianità di milioni di persone che, per lavoro o per turismo, si imbarcano su un aereo, sentendosi dire dagli agenti a terra: «Spiacente, ma deve togliere dal suo bagaglio a mano ogni prodotto liquido. Problemi di sicurezza». La «bufala» della «bomba liquida» si consuma in un’austera aula di tribunale del Paese da cui tutto ha preso inizio: la Gran Bretagna. In quell’aula avevano preso posto i vertici dei servizi di intelligence di Sua Maestà. Ad affiancarli c’erano i migliori agenti della squadra speciale antiterrorismo di Scotland Yard. Sul banco degli imputati siedono Abdullah Ahmed, Assad Sarwar e Tanvir Hussain. In gioco, per gli 007 britannici, non è solo la credibilità delle prove acquisite per inchiodare i tre jihadisti. In gioco c’è molto di più: c’è la strategia delle «bombe liquide», la nuova frontiera dell’offensiva di Al Qaeda e del suo Jihad globalizzato. Le loro granitiche certezze hanno determinato un «terremoto» nei sistemi di sicurezza degli aeroporti di mezzo mondo: l’impossibilità di portare qualsivoglia liquido - profumi, schiuma da barba, deodorante, bibite .... - nel bagaglio a mano. Nessuna deroga, neanche per il latte per bebé. I volti degli 007 passano dalla tensione alla stizza nel momento in cui la Corte pronuncia la sentenza: Abdullah Ahmed Ali, Assad Sarwar e Tanvir Hussein sono condannati, sì, ma per complotto per assassinio e non per attentato terroristico, nel processo sulla pianificazione di attentati a base di bombe liquide su vari aerei delle compagnie United Airlines, American Airlines e Air Canada durante l’estate 2006. Ma la Procura della Corona non si dà per vinta: si attiverà per un secondo processo a carico degli integralisti islamici che due giorni fa a sorpresa un tribunale di Londra ha assolto dall’accusa di aver progettato devastanti attentati nei cieli dell’Atlantico servendosi di liquidi esplosivi portati a bordo degli aerei dentro bottigliette di banali bevande. L’intenzione di insistere sul caso, che due anni fa innescò il divieto di imbarcarsi sugli aerei con bibite e altri liquidi di provenienza esterna nel bagaglio a mano, è stata annunciata ieri pomeriggio dal direttore della Procura della Corona, sir Ken Macdonald, in risposta al verdetto-choc con cui la giuria popolare si è detta incapace, due giorni fa, di trovare un consenso sulla colpevolezza degli imputati. Macdonald ha indicato che la richiesta di un secondo processo riguarderà sette degli otto imputati (l’eccezione sarà l’unico assolto con formula piena da tutte le accuse) e sarà presentata «a tempo debito». Magistratura inquirente, servizi segreti e Scotland Yard sono rimasti scioccati dal non-verdetto della giuria popolare: erano convinti - e rimangono convinti - di avere raccolto «prove schiaccianti» sul fatto che con azioni kamikaze si preparavano a far saltare in aria almeno sette aerei e avrebbero così ucciso almeno millecinquecento morti. Dopo cinquantadue ore di camera di consiglio, la giuria popolare si è però accordata per riconoscere soltanto tre imputati - i ventisettenni Abdullah Ahmed e Tanvir Hussein e il ventottenne Assad Sarwar - genericamente colpevoli di aver complottato a fine di strage per mezzo di imprecisati attentati suicidi. Nelle ultime quarantotto ore alcune compagnie aeree hanno reagito alla sentenza di sostanziale assoluzione chiedendo che siano rapidamente allentate le draconiane restrizioni sui liquidi nel bagaglio a mano, ma il ministero britannico dei Trasporti ha risposto negativamente. A perorare il mantenimento della linea dura è l’ex responsabile dell’antiterrorismo britannico a capo di questa inchiesta, Peter Clarke. Fin dall’inizio, le autorità britanniche e statunitensi affermarono che l’ordigno esplosivo era «una bomba liquida» sebbene nessuna bomba sia stata trovata nè nei luoghi ispezionati nè sulla persona di nessuno dei sospetti. E non è stata neanche provata la capacità di uno qualsiasi dei sospettati di fabbricare e fare esplodere la cosiddetta «bomba liquida», la quale, se fosse esistita sarebbe stata composta da una miscela estremamente instabile e impossibile da manipolare da parte di persone inesperte. Umberto De Giovannangeli