Francesco Sisci, La Stampa 10/9/2008, pagina 17, 10 settembre 2008
La Stampa, mercoledì 10 settembre Il vecchio gioco di specchi e ombre del regime nordcoreano si colora di giallo proprio nel giorno in cui il Paese si era riunito per festeggiare il 60° anniversario della fondazione della repubblica democratica Dprk
La Stampa, mercoledì 10 settembre Il vecchio gioco di specchi e ombre del regime nordcoreano si colora di giallo proprio nel giorno in cui il Paese si era riunito per festeggiare il 60° anniversario della fondazione della repubblica democratica Dprk. Ieri, alla grande parata, occasione per Pyongyang di mostrare al mondo la sua forza militare, mancava proprio il padrone di casa, il leader nazionale Kim Jong-il. Un’assenza macroscopica, che ha alimentato un fiume di voci, supposizioni, speranze e timori. Fonti a Pechino e Seul, confermate dalla Cia, davano il tiranno colpito da un infarto nelle settimane scorse e ancora in gravi condizioni. Il maggiore giornale coreano, il «Chosun Ilbo», indicava anche il giorno dell’incidente, il 22 agosto, anniversario della nascita del padre delle riforme cinesi Deng Xiaoping. Pareva quasi una vendetta postuma, visto che Kim ha sempre rifiutato di applicare in Nord Corea quelle riforme che hanno fatto della Cina di nuovo una grande potenza economica. Altra coincidenza, il 26 agosto, quattro giorni dopo il presunto infarto, Pyongyang aveva annunciato di ritirarsi dall’accordo faticosamente strappato da Pechino e Washington sul nucleare, accusando l’America di azioni «brigantesche». Le dichiarazioni di Pyongyang erano una mano tesa a Mosca, che proprio in quei giorni scivolava sull’orlo di una nuova Guerra fredda con gli Usa, dopo l’intervento in Georgia. Di certo oggi l’accordo nucleare passa in second’ordine davanti alla possibilità che il Nord Corea si trovi davanti a un difficile cambiamento di leadership. Secondo Pechino Kim è ancora vivo, ma non è chiaro il suo stato di salute fisica e mentale. Nelle settimane scorse una équipe medica cinese sarebbe andata a Pyongyang per curarlo. A gennaio, sempre secondo fonti cinesi, Kim aveva subito un intervento cardiaco. La linea di successione non è stata ancora stabilita. Kim ha 66 anni e ancora non ha nominato ufficialmente il suo erede, anche se non è un mistero che vorrebbe sul «trono» il suo secondogenito Kim Jong-chul, che il 25 settembre prossimo compirà 27 anni. Suo padre, Kim Il-sung, fondatore della Nord Corea, nominò il figlio, l’attuale leader Kim Jong-il, suo erede quando aveva 62 anni. Jong-il avrebbe voluto fare la stessa cosa al suo 62° compleanno, ma la Cina ha posto un veto drastico: non si doveva assolutamente continuare la linea ereditaria di questa strana monarchia comunista. comunque improbabile che il giovane Jong-chul, educato in Svizzera, a Berna, fan di Eric Clapton, possa prendere le redini di uno Stato controllato da un gruppo di vecchi generali praticamente mai usciti dal Paese. Naturalmente nulla si può escludere in questo momento, neanche che si tratti di una finzione colossale. Se Kim stava male, perché Pyongyang non ha usato un suo sosia, cosa che pare sia avvenuta altre volte in passato? Il malessere è soltanto una scusa per uscire fuori dal vicolo cieco in cui Pyongyang si è cacciata il 26 agosto? Francesco Sisci