Paolo Berizzi, la Repubblica 10/9/2008, pagina 6, 10 settembre 2008
la Repubblica, mercoledì 10 settembre Gemonio. Se e quando diventerà l´Erede - congiunture astrali, organigrammi leghisti e fuoco amico permettendo - tutto si potrà dire tranne che non sia cresciuto nel segno del padre
la Repubblica, mercoledì 10 settembre Gemonio. Se e quando diventerà l´Erede - congiunture astrali, organigrammi leghisti e fuoco amico permettendo - tutto si potrà dire tranne che non sia cresciuto nel segno del padre. Renzo Bossi, il più Bossi della bossiana prole. Il designato che studia da leader, che a 20 anni appena compiuti accede ai vertici a Palazzo Grazioli, che prende sottobraccio Giulio (Tremonti) manco fosse lo zio, che segue il babbo come un "consigliori" e intanto, tra una partita della nazionale di calcio padana e una sfilata di autoctone aspiranti miss, tra un panino al formaggio di notte e una sfida rombante con Luigino Berlusconi sul circuito di Monza, eccolo lì, «il Renzo». Dall´amata agorà virtuale di Facebook («ho una marea di amici»), per meriti familiari, plana sul proscenio dell´ufficialità: quella che scandisce il calendario rituale del Carroccio. «Sto imparando la politica, voglio capire che roba è», racconta ai pochi coetanei fidati di cui si circonda, quelli bravi a ascoltare e a non chiedere. Poi ammette: «Sì, il lavoro di mio padre non mi dispiace». E dunque: venerdì Renzo porterà i suoi riccioli neri e le sue sneaker al Pian del Re, sul Monviso: assieme a Umberto, o forse da solo, chissà, officerà il rito dell´ampolla, la raccolta della «sacra acqua» del Po che, da dodici anni, viene poi versata in Laguna. In principio (marzo 2005) fu l´affaccio dalla casa di Cattaneo a Lugano, il Senatur appena uscito dalla malattia. «Renzo ha grinta», e già quel ragazzetto sedicenne veniva osannato dalle camicie verdi. Da lì, un apprendistato continuo: i comizi (a metà luglio a Treviglio ha anche parlato dal palco), i viaggi, l´attacchinaggio, i drappi da sventolare (era lui che guidava la claque leghista alla festa del Pd a Firenze). Insomma: l´arte più o meno nobile della politica. «Imparala e mettila da parte», gli ha detto un giorno papà. Il ragazzo già scalpitava. «Faccio quello che mi chiedono, da militante mi metto a disposizione», taglia corto con chi lo avvicina per una foto ricordo alle feste della Lega. Se gli chiedi cosa gli piace fare ti dice «in particolare, niente». Però poi scopri che di cose ne fa: le affastella nella tavolozza fatta di molti colori e poco rigore tipica dei suoi anni. Nell´ordine: sta mettendo in piedi la piattaforma on line della Lega (e Bossi dice «mio figlio con Internet è bravissimo»); da team manager della squadra ha organizzato la partita di calcio Padania-Costa D´Avorio (a novembre, al Brianteo di Monza); non si risparmia nella pianificazione della parte ludico-ricreativa del Carroccio (le feste dei giovani padani varesini sono roba sua). Tifa Milan e un po´ gli scoccia ammetterlo. Di Berlusconi raccontano lo abbia colpito l´accoglienza a villa Certosa, due anni fa: il padre accettò all´ultimo l´invito in Sardegna, lui dovette mandare a monte la festa di compleanno in un locale sul lago Maggiore. Ma il Cavaliere non gliela fece rimpiangere. Però: «Noi leghisti siamo il popolo, non siamo fighetti». I non estimatori dicono che il Senatur più che spingerlo non lo ostacola (in realtà vorrebbe che da grande facesse il regista). I benevoli suggeriscono: «Diamogli tempo, e il ragazzo si farà. Dopo tutto cosa vuoi dire a uno che va a lezione di politica dal ministro delle Riforme, e di finanza dal ministro dell´Economia? Niente, anzi: tutt´al più gli puoi condonare qualcosa». Tipo il non proprio esaltante profitto scolastico (due bocciature alla maturità) e qualche eccesso di esuberanza giovanile. Apri la sua pagina su Facebook: c´è una foto con Valerio Merola in discoteca. In alto scorrono le parole di William Wallace, l´eroe nazionale scozzese meglio conosciuto come Braveheart: «... I nostri nemici possono toglierci la vita, ma non ci toglieranno mai la libertà». Paolo Berizzi