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 2008  settembre 09 Martedì calendario

AbdolHamid Asmaa

• Emirati Arabi Uniti 22 novembre 1981. Politico. Danese (nel 2007, candidata al Parlamento, non fu eletta) • «Il velo sulla testa lo porta con orgoglio anche se lei si sente una donna occidentale, una vera danese, di quelle che “nel privato ognuno fa ciò che vuole, se è gay o no, non mi interessa”. Eppure è musulmana e di quelle toste che quando incontrano un uomo si rifiutano di stringergli la mano “perché è una questione di rispetto”. [...] Dispensa lodi per la sua terra d’adozione “che mi ha accolto con amore all’età di sei anni quando ero una rifugiata palestinese”, ma a togliersi il velo non ci pensa nemmeno. [...] “Penso che in Danimarca la libertà individuale sia un bene tutelato — dice —. Non vedo perché dovrebbe essere considerato un problema la presenza di una donna velata in Parlamento. Se lo fosse sarebbe veramente un oltraggio alla nostra democrazia”. Ma la questione non sembra essere di lana caprina se un sondaggio commissionato dal Jyllands Posten, il giornale che pubblicò le vignette danesi, fotografa una Paese spaccato in due sul velo in Parlamento: 48% a favore e 48% contro, con un 4% di indecisi. Asmaa l’hijab comincia a portarlo a 14 anni quando la sua famiglia si trasferisce dall’accogliente villaggio di Genner, nel sud dello Jutland, alla meno paradisiaca Røde Kro dove la ragazza sente per la prima volta la sua diversità: “Ho voluto farlo per una questione religiosa anche se ero la sola a scuola vestita così. Ci sono state delle conseguenze: non ho più potuto giocare a pallavolo”. Lì la vita improvvisamente diventa più difficile. “A Genner — dice — c’era una sola comunità. Quando eravamo piccoli andavamo anche in Chiesa, per cerimonie speciali come la comunione o la messa di Natale. Quando abbiamo cambiato ho capito cos’era la discriminazione”. La passione politica nasce lì. Sui banchi di scuola. Era il 1998, anno di elezioni. “Fino ad allora l’unica differenza tra me e i danesi — racconta — era il mio essere musulmana. Invece spuntarono fuori parole nuove: immigrato, rifugiato, minoranza etnica. Volevo combattere la discriminazione. Secondo me il problema non sono le minoranze etniche ma le classi sociali, a questo divario è dovuta la mancanza di integrazione”. Per aiutare i poveri Asmaa diventa assistente sociale e consigliere comunale nel ghetto di Vollsmose, alla periferia di Odense, sull’isola di Fionia, dove nel 2000 lancia con successo un club ricreativo per le ragazze del quartiere: “Tutta l’attenzione era volta ai maschi. Lo trovavo ingiusto”. [...] dopo lo scandalo delle vignette danesi, conduce un programma per la tv pubblica. Velata. Naturalmente. La prima volta per la Danimarca. E le proteste non mancano. [...] Dice di se stessa: “Sono una femminista perché sono dalla parte delle donne, una socialista perché sto dalla parte dei poveri e sono una musulmana devota. Tutto questo insieme”. La sua filosofia? “Essere moderni e musulmani allo stesso tempo”. Con qualche impuntatura. Come quando si è rifiutata di stringere la mano a un deputato di destra che gliela porgeva. Lui non ha apprezzato ma lei oggi si difende così: “Quando incontro un uomo mi metto la mano sul cuore e in questo modo gli mostro il mio rispetto e la mia onestà. Perché non posso farlo?”. [...]» (Monica Ricci Sargentini, “Corriere della Sera” 20/5/2007).