varie, 9 settembre 2008
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Hayek Nicolas
• George Beirut (Libano) 19 febbraio 1928, Bienne (Svizzera) 28 giugno 2010. Imprenditore • «[…] ”Dr Swatch”, come è conosciuto in tutto il mondo Nicolas G. Hayek, libanese di origine ma esponente di punta dell’establishment svizzero [...] un burlone geniale. [...] un imprenditore ricchissimo, l’uomo che ha salvato dalla rovina l’industria svizzera degli orologi [...] nel 1983 quando apparve sul mercato il primo Swatch, contrazione del termine second e di watch (orologio). La creatura ispirata e finanziata da Hayek aveva davanti a se una missione impossibile: scongiurare la morte dell’orologio svizzero messo in un angolo dalla concorrenza giapponese e taiwanese. Ebbene, il nuovo prodotto appariva più semplice (i componenti venivano ridotti da 91 a 51), a buon mercato e facile da produrre all’interno di fabbriche automatizzate. Certo, lo Swatch era di plastica. E questa sembrò subito una rivoluzione. Ma la cosa straordinaria fu che il prodotto per la sua semplicità e per il design rigoroso divenne un oggetto di culto desiderato da schiere di collezionisti oltre che da semplici clienti. Mentre gli orologi giapponesi non li voleva più nessuno. In breve tempo lo Swatch si camuffò in mille modi vestendosi d’acciaio o di alluminio, di caucciù e di silicone o anche di tutti questi materiali e di altri ancora variamente shakerati fra loro. In realtà il camaleontismo della creatura di Hayek è apparso via via crescente: orologio subacqueo, cronometro, ultrasottile, in versione maxi o mini, buono come skypass elettronico oppure per pagare l’autostrada. Il resto è storia. Nel 1992 erano stati già venduti 100 milioni di Swatch in tutto il mondo. ”Dobbiamo trasmettere un messaggio, non una immagine”, continuava a dire Hayek ai suoi collaboratori. E affidava molti modelli alla matita di artisti famosi come il graffitista Keith Haring, il regista Pedro Almodovar, un altro regista come Spike Lee, la stilista Vivienne Westwood, il designer Matteo Thun. Un elenco che risulterebbe incompleto senza citare ancora Mimmo Rotella, Lindsay Kemp, Folon, Mimmo Paladino. [...]» (Giorgio Lonardi, ”la Repubblica” 9/9/2008).