Massimo A. Alberizzi , Corriere della Sera 5/9/2008, pagina 17, 5 settembre 2008
Corriere della Sera, venerdì 5 settembre AXUM (Etiopia) – Più del ritorno a casa dell’obelisco, eretto di nuovo sulla piazza di Axum (era stato portato a Roma da Mussolini nel 1937 e rispedito in patria nel 2005), quella che si è celebrata ieri è stata la rinnovata amicizia tra Etiopia e Italia
Corriere della Sera, venerdì 5 settembre AXUM (Etiopia) – Più del ritorno a casa dell’obelisco, eretto di nuovo sulla piazza di Axum (era stato portato a Roma da Mussolini nel 1937 e rispedito in patria nel 2005), quella che si è celebrata ieri è stata la rinnovata amicizia tra Etiopia e Italia. Il nostro tricolore si è intrecciato con quello etiopico (strisce orizzontali con il giallo al posto del bianco) e cartelli variopinti inneggiavano alla fratellanza tra i due popoli «che durerà in eterno ». La cerimonia è stata solenne con canti, balli, musiche tradizionali, presenti il presidente della Repubblica etiopica, Girma Wolde Giorgis, e il premier Melles Zenawi. L’Italia era rappresentata da una delegazione guidata del sottosegretario agli Esteri, Alfredo Mantica, uno dei pochi politici italiani sensibile alle sorti del-l’Africa e legato al continente da un profondo affetto. Il sottosegretario Mantica si è sempre battuto perché la stele – 24 metri di altezza, 152 tonnellate di peso, strappata alla montagna, scolpita due o trecento anni dopo Cristo – tornasse al suo posto, dove era stata trasportata probabilmente da migliaia di schiavi. Quando l’obelisco è stato trafugato dai fascisti, giaceva in terra da un migliaio di anni, forse abbattuto da un terremoto. Non è stato solo restituito all’Etiopia (un atto dovuto perché la riconsegna era una clausola del trattato di pace firmato dall’Italia alla fine della seconda guerra mondiale) ma è stato anche alzato sulla spianata delle steli. Un lavoro che in totale è costato qualcosa come 6 milioni e mezzo di euro. Al di là delle polemiche tra chi riteneva che si dovesse lasciare in terra per «rispettare la storia» e chi invece sosteneva che andava rimesso in piedi per rendere ancora più spettacolare e attraente questo sito archeologico, non si può evitare di sottolineare come si sia trattato di un lavoro enorme, studiato nei minimi dettagli. Il progetto è stato affidato all’Unesco e alla sua realizzazione hanno partecipato il professor Giorgio Croci e a una società etiopica, la MH. Ad erigerlo, materialmente, la Lattanzi, società specializzata in restauri complessi, che aveva già curato il trasporto dal-l’Italia. Un anno di lavori. «Occorreva trovare accorgimenti ad hoc. La zona è a elevata pericolosità sismica e poi si scatenano temporali tropicali con una gran quantità di fulmini. Non abbiamo così, per esempio, potuto usare perni di metallo per riunire i tre pezzi in cui era divisa la stele. Abbiamo studiato e poi adoperato barre di vetroresina, flessibili quel tanto da assorbire eventuali onde sismiche». Un intervento quindi di sofisticata tecnologia. I festeggiamenti di ieri – compresa l’ostentazione dell’antica potenza e civiltà etiopiche (il Corno d’Africa aveva rapporti con l’antica Grecia prima e l’impero Romano poi) – sono avvenuti a una trentina di chilometri dalla calda frontiera con l’Eritrea. Asmara, guidata da un regime tra i più duri del mondo, fa rullare spesso i tamburi di guerra e minaccia di riaprire un conflitto conclusosi con una pace armata nel 2002. E Asmara ha ottimi rapporti con l’Italia tanto che il suo presidente Isayas Afeworki, viene spesso in visita privata, per curarsi, nel nostro Paese. La rinnovata amicizia potrebbe quindi creare dei problemi con l’antica «colonia prediletta». Dopo le celebrazioni il sottosegretario Mantica ha avuto un colloquio col premier Zenawi: «Cordialissimo e amichevole. Anche se sulla Somalia ha criticato la comunità internazionale per aver lasciato l’Etiopia da sola. Sempre sulla Somalia ha ringraziato l’Italia per gli sforzi fatti per raggiungere un accordo di pace tra le varie parti in guerra». Massimo A. Alberizzi