Denise Pardo, L’espresso 11/9/2008, pagina 68, 11 settembre 2008
L’espresso, giovedì 11 settembre Al ministero gli vogliono già molto bene. Infatti, lo chiamano la Seppia
L’espresso, giovedì 11 settembre Al ministero gli vogliono già molto bene. Infatti, lo chiamano la Seppia. Non solo per la curva dell’illustre capoccia. Non solo perché riempie d’inchiostro fogli e fogli di nebulosi ordini di servizio. O perché l’apparenza emolliente nasconde l’indole bella tosta. Ma anche perché alla provocazione di un ministro che sgorga versi, ermetici a esser angelici, strampalati a esser sinceri, alla maniera, secondo lui, di Eugenio Montale, stile ’Ossi di seppia’ è difficile resistere. "Antro d’amore. Rombo di luce" (a Giuliano Ferrara) o "Fra le tue braccia campo di girasoli" (al conturbante ministro Elio Vito detto Elio Vitreo) recitano, perfidi, alcuni dirigenti del palazzo dove è arrivato Sandro Bondi, interessante evoluzione della specie berlusconiana, seppia letteraria e anche ministro dei Beni culturali. Sulla scrivania, il dossier sul discusso parcheggio sotterraneo del Pincio a Roma. Ma anche il progetto di una mega riforma dei Beni culturali, che porterebbe a una strabiliante moltiplicazione di enti, uomini e poltrone. La rivoluzione d’autunno, quindi. Dopo quella copernicana, quella bondiana. Lui non vuole passare un autunno qualunque. Purtroppo, ha deciso di passare alla storia. Ma l’ex sindaco rosso di Fivizzano, 49 anni, folgorato nel ’94 dall’uomo di Arcore (dove vive in un bilocale a pochi passi dalla reggia) che l’ha trasformato via via da disoccupato catto-comunista a ministro italoforzuto, è ancora indeciso se essere il nuovo Bottai (come lo ha celebrato il giornale dell’"antro d’amore" ovvero ’Il Foglio’) o il nuovo Giovanni Spadolini (come preferirebbe lui). Spiritualmente vicino a Comunione e liberazione, editorialmente a ’Vanity fair’ che, benemerito, manda in stampa le sue rime, (al contrario di Antonio Riccardi, poeta e direttore editoriale Mondadori: "Le farei un danno a pubblicarle", gli disse), ha riversato sulla poltrona ministeriale lo stesso inquietante fanatismo che prova verso il Cavaliere. Con un chiodo fisso: accreditarsi. E lasciare il segno. L’assalto al Palazzo della cultura è partito. Nelle sue mani, ha il petrolio d’Italia. Ha sommerso i giornali per chiarire la sua idea di Cultura, tendenza Cicciolina, linea ’Più amore per tutti’ (e soprattutto per lui): "Bisognerebbe essere capaci di scavare di più nella nostra storia con occhi più amorevoli", ha predicato in un’intervista a Mattia Feltri su ’La Stampa’. Ha tenuto testa a Giulio Tremonti che voleva affamare i produttori (togliendo le facilitazioni fiscali): "Ci vuole più amore", ha detto, figuriamoci, allo sceriffo dell’Economia. Ha commissariato Pompei: "Un atto d’amore" e ci si risiamo. Ha steso ko la Commissione parlamentare con una esposizione sudata di cinque ore del suo programma. Ha tentato di allargare il Comitato per i 150 anni dell’Unità d’Italia a pregevoli esemplari terzisti e di centrodestra come Ernesto Galli Della Loggia e Piero Melograni (ma non c’è riuscito). Ha scatenato una faida con il suo sottosegretario Francesco Giro, reo di aver chiesto la testa di Salvatore Settis, presidente del Consiglio superiore dei Beni culturali troppo critico, in una lettera al ’Sole 24 Ore’, sulla politica economica del governo. Vista l’indignazione della comunità culturale, Bondi si è precipitato a confermare Settis con tutti gli onori del caso. Ma le urla nei confronti di Giro hanno costretto la vigilanza dei Beni culturali a un’incursione d’urgenza, convinta che dei malintenzionati stessero per rapire la seppia ministeriale. Dopo essere stato per anni l’ombra commossa di Berlusconi, è stato ripagato per la sua devozione. E lui non si risparmia. Quest’estate, da Cortina a Venezia, in maglietta o in smoking, ha girato tutt’Italia non mancando un dibattito, un premio, un festival, una fiera, una sagra, impegnato nella personale campagna di immagine: ’Rialzati Bondi!’. Fin dall’arrivo al ministero, ha voluto dare prova teatrale del suo essere modesto e superiore. Un multimessaggio teatrale: il distinguo dai lussi e dalle voluttà berlusconiane, il sottolineare il suo passato da comunista, e far bella figura con la sinistra da cui spera ardentemente in un’assoluzione. Fatto sta che, vista la fastosa stanza del ministro, è inorridito. "Troppo bella per me", ha commentato con la sua voce dolente. E si è rinchiuso in un ufficio qualunque, lontano dalla poderosa segreteria. L’ennesimo segno dell’altalena della sua vita, tra sacro e profano, tra verità e convenienza. Tra don Milani e il Cavaliere. Tra l’esibizione di una sensibilità da stracchino e la durezza ben nota ai suoi compagni di partito. Quella esercitata senza pietà da coordinatore nazionale (punendo chi osava criticarlo anche minimamente) e da tagliatore di teste e candidature. Anche da uomo freddo verso le passioni altrui: una volta la sua ex moglie, che vive negli Usa con il figlio, presa da un attacco di gelosia, si mise a tagliuzzargli tutti i golf di cachemire. Lui, indifferente, non battè ciglio. Al ministero si è blindato. Ha chiamato Alain Elkann come consigliere per i rapporti con l’estero, mettendo un piede in un certo mondo sabaudo-global. Come consigliere per l’editoria ha scelto Angelo Crespi direttore de ’Il Domenicale’: Bondi è devoto di Marcello Dell’Utri. Ha nominato capo di gabinetto il giovane avvocato Salvatore Nastasi (entrato con Giuliano Urbani, rimasto con Francesco Rutelli), ora capo assoluto del ministero. Barbetta leggera, carattere durissimo, amicizie trasversali, una volta freddò un politico azzurro che chiedeva lumi sulle nomine al San Carlo di Napoli: "Le decido io". Soprattutto ha scelto come portavoce l’amico del cuore, l’ex senatore di Fi Lino Jannuzzi, un tempo viveur (amori di rango, leggendarie le galoppate al tramonto nudo su un cavallo bianco), uomo di mondo, ex gran firma de ’L’espresso’. Jannuzzi conosce tutti anche nel mondo dello spettacolo (ha fatto pure lo sceneggiatore) e sa stappare lo champagne come nessuno (Bondi l’ha già mandato due volte all’Eliseo e Jannuzzi non ha sbagliato neanche una posata). I due condividono una forsennata passione per Anna Finocchiaro, capogruppo Pd al Senato. Ai cinquant’anni del teatro Stabile di Catania, città della suddetta, il rammarico per l’assenza era grande: "Che giornata triste senza Anna!". Per avere al suo fianco Jannuzzi, il ministro ha dovuto fare un patto con gli altri componenti dell’inseparabile banda dei quattro: Fabrizio Cicchitto e Denis Verdini che non ne volevano sapere di cedergli Jannuzzi in toto. "Gli lascerò del tempo anche per voi", li ha tranquillizzati. "Sandro è nato per fare il ministro", commenta Jannuzzi. Bondi gli dà retta su tutto. Tranne che sulla sua micidiale paura: volare. Non l’ha superata nemmeno per amore del Cavaliere che, un giorno, ci ha provato: " Dai, sali in elicottero. Ci sono io con te". Irresistibile, no? Ma a dieci metri da terra, è partito l’urlo lacerante: "Aiuto!". Come nei cartoni animati, l’elicottero è ridisceso fulmineo, espellendo una specie di cencio barcollante. Adesso si è iscritto al corso per i fobici del volo. Ma la lezione con la simulazione delle turbolenze lo ha molto scosso. "Sandrì, pigliati ’na pilloletta e falla finita", lo ha consigliato Lino. L’ex senatore ha una bella casa a Scario, Campania. E da anni va predicando il commissariamento di Pompei. Ma anche, guarda caso, una maggiore severità nell’elargizione dei contributi ministeriali per i film di interesse nazionale. Strano. Proprio un altro dei progetti che Bondi ha messo in primo piano nella sua agenda autunnale. Ha già dichiarato che vuole lanciare un’agenzia nazionale per il cinema (altra nuova poltrona). Ma soprattutto: "Non intendo più accettare lo scandalo dei film finanziati solo perché piacciono ad alcuni pseudo intellettuali di sinistra". Tra le varie iniziative che bollono nella sua pentola anche un grandioso, ti pareva, piano nazionale dei musei con la nomina di un super direttore. Con un ministro dai progetti così colossali, l’autunno della cultura italiana è servito. D’altronde la seppia ministeriale vuole a tutti i costi dimostrare che l’egemonia della sinistra, così la chiama lui, è seriamente in pericolo. Non per niente la seppia ha molti tentacoli. Sandro Bondi pure. Denise Pardo