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 2008  settembre 03 Mercoledì calendario

Se Muammar Gheddafi è al potere dal 1969 un motivo ci deve essere. Ha sepolto molti altri «monarchi», ha visto sparire i killer di cui si serviva, ha voltato le spalle agli amici (pochi) e ha stretto la mano ai nemici (tanti)

Se Muammar Gheddafi è al potere dal 1969 un motivo ci deve essere. Ha sepolto molti altri «monarchi», ha visto sparire i killer di cui si serviva, ha voltato le spalle agli amici (pochi) e ha stretto la mano ai nemici (tanti). I gesti del colonnello, però, non sono mai definitivi. Si è sempre lasciato una o più vie di fuga. Un po’ come Yasser Arafat, che però - guarda caso - non c’è più. Da grande sopravvissuto, Gheddafi ha stretto patti con tutti, diavolo compreso. Un esempio. La Libia ha aiutato per anni i terroristi più pericolosi, ma è stata la magistratura di Tripoli ad emettere il primo mandato di cattura contro Osama Bin Laden. Era il 1994 e i libici lo volevano arrestare per l’uccisione di due 007 tedeschi avvenuta nel Paese. Il colonnello sa che si può sempre barattare qualcosa. La testa di un pericoloso estremista come la tecnologia sofisticata. L’importante è avere la moneta di scambio al momento giusto, quando c’è qualcuno che te la chiede. Ed è così che la Libia è rientrata nella comunità internazionale. La rinuncia al suo programma nucleare è stato il prezzo pagato per tornare ad essere un interlocutore politico. Era il 2003 e gli americani - per interessi economici e strategici - volevano chiudere il dossier libico. La Cia, che è riuscita ad arruolare una famiglia di svizzeri coinvolti nel piano nucleare del colonnello, organizza il colpo. Un mercantile, la «Bbc China», che trasporta materiale sensibile destinato a Tripoli, viene costretto a far scalo a Taranto. Con un’azione congiunta con il Sismi il cargo è bloccato. Dalle stive saltano fuori «le prove» dei progetti libici. Il colonnello, ben volentieri, si piega ad un accordo e la confisca del carico è il gancio che lo trascina verso la direzione giusta. I rapporti con Washington migliorano. La Cia conduce la mediazione e poi coinvolge i libici nella guerra ad Al Qaeda. Una volta gli aerei facevano scalo nelle basi nordafricane per nascondere pericolosi terroristi, ora trasportano i militanti catturati dagli Usa con operazioni speciali e destinati a Guantánamo. Un approccio pragmatico - Gheddafi teme che i qaedisti libici creino problemi all’interno della Libia - che cerca di far dimenticare il passato. A cominciare dal mistero di Lockerbie. Il 21 dicembre 1988 un jet Pan Am esplode nei cieli di Scozia, 270 le vittime. Un attentato per il quale è stato condannato lo 007 libico Mohammed Al Megrahi. Ma anche in questa storia non mancano le ambiguità. Prove importanti che potevano scagionare la spia sono state nascoste dalla polizia. Un paio di testimonianze appaiono oggi dubbie. Ma Tripoli ammette le responsabilità in modo da ottenere, in cambio, la fine delle sanzioni. Di nuovo è il grande baratto. Più facile per il colonnello che non ha alcun dovere verso un’opinione pubblica inesistente. E lo schema in qualche modo si ripete con il dramma delle infermiere bulgare accusate di avere infettato con l’Aids decine di bambini libici. Gheddafi alza il prezzo per evitare che vengano consegnate nelle mani del boia. E’ come se il colonnello, diventato «buono» in nome dei contratti, voglia ricordare il suo passato di «cattivo». Un’eredità pesante che ancora lo insegue. Dieci giorni fa in un attentato in Irlanda del Nord è stato usato dell’esplosivo Semtex. I resti, secondo la polizia, del carico regalato dalla Libia all’Ira negli anni 80. Altro episodio in Libano. La magistratura libanese ha appena chiesto l’arresto di Gheddafi per la scomparsa dell’imam Moussa Sadr avvenuta nel settembre 1978. Un giallo che ha coinvolto anche l’Italia in quanto l’esponente libanese era diretto nel nostro Paese. Il caso non è ancora chiuso e potrebbe riservare sorprese non gradite. Guido Olimpio