Attilio Bolzoni, la Repubblica 31/8/2008, pagina 34, 31 agosto 2008
La congiura di Badoglio. la Repubblica, 31/8/2008 Gli inglesi avevano pronta una bozza di armistizio con l´Italia già due mesi prima della caduta del Fascismo
La congiura di Badoglio. la Repubblica, 31/8/2008 Gli inglesi avevano pronta una bozza di armistizio con l´Italia già due mesi prima della caduta del Fascismo. Da più di un anno erano in trattativa con Pietro Badoglio, un negoziato segretissimo. Gli agenti dello Special Operations Executive dall´aprile del ”42 si incontravano con un suo emissario, un italiano che aveva un nome in codice: "Vulp". Era Luigi Rusca, classe 1894, un fine letterato liberale e antifascista, braccio destro a Milano di Arnoldo Mondadori. A Berna, "Vulp" raccontò agli inglesi che il Maresciallo Badoglio era disposto a scendere a patti con Londra. Dai documenti microfilmati, ritrovati da Repubblica nei National Archives di Kew Gardens, affiora una ricostruzione inedita delle drammatiche vicende a cavallo fra il ”42 e il ”43. Le spie inglesi avviarono l´"Operazione Fanfare" per provocare la caduta del Fascismo, firmare l´armistizio e far entrare in guerra l´Italia badogliana contro la Germania di Hitler. In passato tracce di quegli avvenimenti erano emerse da alcune ricerche di De Felice, Toscano e Parlato, ma nelle carte di Londra troviamo la testimonianza scritta - giorno dopo giorno, ora dopo ora - di come sessantacinque anni fa si svolsero i negoziati. Fra paure, diffidenze, divisioni nello stesso War Cabinet britannico. carte, dispacci, cablogrammi, lettere provenienti dagli archivi del ministro degli Esteri Anthony Eden e dello Special Operations Executive, il Soe, i commandos agli ordini di Churchill che avevano il compito di aiutare la resistenza nell´Europa occupata dalle truppe naziste. Il primo documento che rivela l´inizio degli incontri tra l´inviato di Badoglio e gli inglesi porta la data del 3 maggio 1942. un telegramma cifrato spedito da Berna a Londra alle 13,40. Catalogato a Kew Gardens nella serie HS6/778, il messaggio è secco: «L´agente JQ ha preso contatto con il Maresciallo Badoglio». Da Londra, gli rispondono il giorno dopo alle 20,01: «Telegrafateci maggiori informazioni sulle vostre conversazioni con Badoglio. Aggiornateci sugli sviluppi e sugli aiuti di cui avete bisogno. Vogliamo conoscere il ruolo e la posizione di Badoglio in questo momento». I rapporti custoditi negli archivi londinesi scoprono i primi passi dei servizi inglesi per arrivare a una rapida soluzione del «problema italiano». Roma, in quella primavera del 1942, è l´anello debole delle forze dell´Asse. La popolazione è allo stremo. Bombardamenti. Borsa nera. Decine di migliaia di soldati che combattono sul fronte russo, nei Balcani, nell´Africa del Nord. Dopo ventiquattro mesi di una guerra che nell´estate del ”40 tutti davano per vinta, il regime fascista è agli sgoccioli. Il nome di Badoglio circola con sempre più insistenza negli ambienti anglofili e monarchici della penisola. Sembra che soltanto lui possa salvare l´Italia dal disastro scatenato due anni prima dal delirio di Benito Mussolini. Il 16 maggio 1942, alle ore 16,59, gli inglesi segnalano da Berna: «Badoglio è oggetto di dimostrazioni popolari ovunque egli appaia. Ma lui e i suoi uomini sono attentamente sorvegliati». I cablogrammi del Soe numero 373 e numero 374 provenienti dalla Svizzera elencano gli incontri - che si fanno intanto sempre più frequenti - con l´emissario del vecchio Maresciallo. Il primo è della mattina del 25 agosto 1942. Scrive il misterioso JQ: «Il mio contatto è un amico di Badoglio e gli ha parlato prima di venire da me. Badoglio è fermamente convinto che noi inglesi dovremmo costituire un movimento degli italiani liberi. Inviatemi le vostre valutazioni. Vulp riparte per l´Italia il 31 agosto». nel secondo cablogramma - spedito sempre il 25 agosto - che viene svelata l´identità del negoziatore italiano: « il dottor Rusca, direttore della casa editrice Mondadori». lui l´uomo che ha la missione impossibile di salvare l´Italia dalla catastrofe. Ai due telegrammi rispondono i capi del Soe da Londra, quarantotto ore dopo: «Il dottor Rusca ha sempre avuto opinioni antifasciste ma non è mai stato un attivo oppositore del regime. Ciò è comprensibile vista la sua posizione». In piena estate i servizi inglesi devono capire se quel contatto italiano, "Vulp", è affidabile. E, soprattutto, se Badoglio è in grado di radunare intorno a sé forze sufficienti a cacciare Mussolini. Il 2 settembre JQ torna alla carica con i suoi superiori. il telegramma cifrato numero 391: «Ho parlato ieri con Rusca: al momento opportuno Badoglio costituirà un governo militare. Lui e i suoi amici ritengono che noi inglesi dovremmo concentrarci sul partner più debole dell´Asse, ovvero l´Italia». Lo scambio di messaggi fra Berna e Londra è continuo già un anno prima della firma dell´Armistizio. Gli inglesi capiscono che si sta avvicinando il momento della fine del Fascismo. Le trattative sono così nascoste e la questione così riservata che lo Special Operations Executive sceglie di non informare nemmeno il Foreign Office. Fino all´autunno inoltrato del 1942, "Vulp" resterà un segreto conosciuto solo dalle spie di Sua Maestà. Il 3 settembre l´agente di Berna invia un nuovo telegramma al quartier generale londinese: «Rusca mi ha comunicato che Badoglio è sicuro che gli Alleati vinceranno la guerra e che, se non si agirà in maniera drastica, l´Italia farà un balzo indietro di ottant´anni». I colloqui fra "Vulp" e JQ continuano anche a ottobre e a novembre. La polizia segreta italiana - l´Ovra - in qualche modo ne viene a conoscenza. Comincia a insospettirsi. Rusca confida a JQ «di avere sempre più difficoltà a ottenere un passaporto per recarsi a Berna». Da quel momento non si vedranno più per molte settimane. La trattativa si ferma. Badoglio teme che il collegamento con gli inglesi si perda per sempre. già Natale. "Vulp" approfitta delle sue vacanze per eludere la sorveglianza dell´Ovra e - ai primi di gennaio del 1943 - incontra nuovamente JQ in Svizzera. E consegna una proposta di Pietro Badoglio. Non c´è più tempo per esitazioni o dubbi, il Maresciallo si gioca il tutto per tutto. Il telegramma numero 854 - most secret - spedito da JQ a Londra alle 13,23 del 5 gennaio 1943 riferisce l´ultima drammatica conversazione con Luigi Rusca: «Badoglio comunica che il generale Gustavo Pesenti è pronto a partire per la Cirenaica, a patto che gli sia garantita la possibilità di creare un´Armata italiana composta da prigionieri di guerra e da italiani residenti all´estero». Dopo la battaglia di El Alamein la Libia è persa. già sotto il controllo delle truppe di Montgomery. Il piano del Maresciallo Badoglio è diviso in due tempi. La prima parte prevede che il generale Pesenti faccia in Cirenaica un «pronunciamento» per «un´Italia libera». La seconda è quella più delicata e rischiosa: Badoglio farà sponda all´iniziativa di Pesenti per sostenerlo e poi procedere con l´arresto del Duce. Il 5 gennaio ”43 è una giornata convulsa. L´accordo con Badoglio sembra imminente. Nel pomeriggio, quattro ore dopo il primo messaggio spedito a Londra, JQ ne manda un altro. dettagliato. Otto i punti che elenca. Poi tira le sue conclusioni: « chiaro che Badoglio e i suoi amici si muovono ora perché convinti che noi stiamo vincendo la guerra. Puntano ad ottenere un posto per l´Italia al tavolo della Conferenza di pace». sempre la sera del 5 gennaio che Anthony Eden, il ministro degli Esteri britannico (informato presumibilmente da pochi giorni sulle trattative in corso), decide di mettere al corrente americani e russi sulla mossa a sorpresa di Badoglio. Ormai si gioca a carte scoperte. Il 14 gennaio 1943 il War Cabinet comincia a discutere a Londra la proposta definitiva del Maresciallo. A Kew Gardens il documento è catalogato con la sigla FO954/13 WP (43) 27. Il timbro top secret in prima pagina, sotto c´è la dicitura «da tenere chiuso a chiave», alla fine la firma di Anthony Eden. Il colpo di scena però arriva quattro giorni dopo. Alle 11,30 del 18 gennaio il War Cabinet emette un freddo comunicato interno: «Gli svantaggi della proposta superano i vantaggi... Non siamo sicuri che le forze di Badoglio posseggano un reale valore militare... tuttavia, se prendesse corpo una rivoluzione in Italia e arrivasse al potere un nuovo governo al posto di quello fascista, potremmo aprire un nuovo negoziato...». Londra teme di finire in un vicolo cieco, non vuole rischiare di puntare su un cavallo che potrebbe rivelarsi perdente. Ma già il 21 gennaio emergono i primi dissidi all´interno nel War Cabinet. Sir Orme Sargent, il vice ministro degli Esteri, commenta in una lettera (RC43/168/G) al capo dello Special Operations Executive: «Personalmente non sono d´accordo con la decisione presa il 18 gennaio». Meno di un mese dopo è il ministro Eden in persona che scrive a Churchill per difendere la posizione ufficiale del War Cabinet: «Considerato il carattere degli italiani, sono convinto che raggiungeremo i nostri obiettivi perseguendo la nostra attuale linea dura: bombardamenti a tappeto e la minaccia permanente di invasione». A Londra «il problema italiano» spiazza tutti, a cominciare dal Primo ministro Churchill. Ma il 5 marzo del ”43 le alte sfere del Soe annotano: «Il War Cabinet a breve riconsidererà la proposta di Badoglio». Le spie sono molto informate su ciò che sta accadendo. Due settimane dopo il War Cabinet infatti farà sapere che «è d´accordo a ricevere un emissario di Badoglio». il piano che il Soe aveva caldeggiato fin dalla primavera del 1942. Parte ufficialmente l´"Operazione Fanfare". Ormai gli inglesi sono così certi che Pietro Badoglio rovescerà il governo fascista e firmerà poi la pace con gli Alleati che - il 26 maggio 1943 - il Foreign Office prepara una bozza dell´armistizio con l´Italia. un documento allegato a una lettera protocollata con la sigla U1840/324/G e inviata a tutti i membri del governo inglese. Undici pagine e quarantacinque articoli. Il resto è storia. Il Duce sarà arrestato due mesi più tardi, il 25 luglio 1943. E Badoglio prenderà il suo posto come capo del governo italiano. Il 3 settembre, dopo trenta giorni di incontri fra Madrid e Lisbona, il generale Giuseppe Castellano firmerà l´Armistizio. In Sicilia, a Cassibile. Attilio Bolzoni **** Come si è arrivati all´8 settembre? Una guerra sbagliata, una guerra perduta. Come uscirne? il grande problema dell´Italia tra il ”42 e il ”43. Lo sganciamento dagli alleati nazisti, dopo un tremendo seguito di sconfitte, è inevitabile. Ma perché - ci si chiede ancora oggi - l´operazione sarà condotta in maniera così catastrofica? Insipienza? Destino? Sfortuna? Le carte trovate da Repubblica negli archivi inglesi ci aiutano a capire qualcosa in più di questo sciagurato mistero. Apprendiamo che, fin dall´aprile del 1942, uno dei grandi uomini dell´esercito italiano, il Maresciallo Pietro Badoglio - dopo essere stato messo a riposo da Mussolini - aveva preso contatto con gli inglesi per sondaggi di pace. Era stato uno dei vincitori della Prima guerra mondiale. Poi dal ”25 al ”40 capo di Stato Maggiore dell´esercito, nonché comandante delle truppe che avevano conquistato l´Etiopia, l´Impero di Mussolini. Molto legato a casa Savoia, come tutti, o quasi, i militari di carriera, fu mandato a casa da Mussolini dopo le tremende sconfitte dei primi mesi di guerra. Soprattutto per la Grecia. Mussolini lo voleva far passare come responsabile, appunto, delle batoste subite e in genere della nostra impreparazione. Era il capro espiatorio, la testa di turco ideale date le circostanze. i l tonfo della sua caduta fu clamoroso. Era stato circondato di gloria, di onori e di prebende come pochi. Ebbe il titolo di marchese del Sabotino (vittoria della Prima guerra mondiale), di duca di Addis Abeba, fu governatore della Libia. Presidente del Consiglio delle ricerche, Maresciallo d´Italia eccetera. Grandi onorificenze, d´accordo, ma anche grandi stipendi di cui era avidissimo, del resto. Mussolini non aveva tutti i torti nel prendersela con lui, ma neanche tutte le ragioni. Se l´esercito era malmesso, Badoglio ne andava certo biasimato, ma le sue responsabilità non erano maggiori di quelle di Mussolini. Gli va anche riconosciuto il merito d´avere, negli ultimi tempi, consigliato prudenza, per esempio per ciò che riguarda la Grecia, facendo così infuriare il duce che, prendendosela con lui, parlerà della «terribile onta di italiani che hanno paura a battersi con i greci». uno dei nodi cruciali di questa storia. Man mano che le cose girano male, aumenta nell´establishment italiano il numero di coloro che guardano a Badoglio come all´uomo adatto per liquidare Mussolini e portare l´Italia fuori dalla guerra. Quando nell´aprile del ”42 Badoglio manda un suo inviato, Luigi Rusca, per parlare con gli inglesi in Svizzera, ha quasi ricevuto una tacita investitura: a Roma si cerca qualcuno per sostituire il duce. Si faccia attenzione alle date. Nella primavera del ”42 l´Italia è pur sempre il primo degli alleati di Hitler in Europa, ha eserciti che si battono in Nord Africa e in Russia, dispone di una flotta importante, occupa parte della Grecia e della Jugoslavia. Il paese - certo bastonato - è tuttavia ancora in piedi. in grado quindi di ottenere condizioni di pace infinitamente migliori di quelle che dovrà accettare sconfitto, distrutto, disperato l´anno dopo con l´armistizio di Cassibile. I documenti inglesi ci permettono di capire quanto tempo si sia perso, mentre la casa andava a fuoco, prima di concludere. Troppo, molto troppo, verrebbe voglia di aggiungere. Per diciassette mesi nel ristretto cerchio del potere romano si è complottato, si è chiacchierato, si sono intessuti accordi ed alleanze senza che nessuno prendesse su di sé la responsabilità di dare un colpo di freno prima dell´abisso. Chiave di volta di tutto era Vittorio Emanuele III, personaggio peraltro cautissimo. Non riesce a vedere intorno a sé nessuno in grado di sostituire Mussolini tranne Badoglio. Ma tuttavia il Maresciallo non gli va bene. Dice al suo aiutante di campo, Paolo Puntoni: «C´è da avanzare molte riserve sul carattere di Badoglio. In ogni circostanza prima di tutto c´è lui, poi tutti gli altri. Quando c´è di mezzo il suo tornaconto personale, non bada a nulla pur di arrivare». Insomma, ha bisogno di Badoglio per liberarsi dal duce ma ne diffida. Il 19 novembre del ”42 dà segno di volersi muovere: chiede al ministro degli Esteri, Galeazzo Ciano, a questo punto dichiaratamente ostile ai nazisti, «di tener caro qualsiasi filo, anche se esile come una tela di ragno, che possa venir riannodato con Londra e Washington». Ma è tardi, sempre più tardi. In una intervista televisiva datami una trentina d´anni or sono, Maria José, principessa di Piemonte, moglie dell´erede al trono Umberto, ha raccontato di un suo coraggioso tentativo, effettuato insieme a Badoglio, per portare l´Italia fuori dalla guerra, nell´estate del ”42. La strada per gli Alleati era tuttavia diversa: intermediario era il Vaticano e monsignor Montini, il futuro papa Paolo VI. la stessa realtà che c´è stata rivelata dalle carte inglesi trovate da Repubblica. Grosso modo, mi sembra di capire, una storia identica vista da angoli diversi. Perché non andò in porto? Secondo Maria José la responsabilità fu del re: «Ha aspettato», mi disse, «non si decideva mai». «Badoglio», aggiunse, «si spazientiva e diceva lo farò io, lo farò da solo. Per arrestare Mussolini, diceva anche, basterebbero due reggimenti di granatieri». Colpa delle indecisioni del Piccolo re dunque? Le carte inglesi sollevano qualche dubbio in materia: il ministro degli Esteri inglese, Anthony Eden, consiglia di lasciar perdere. Joachim Fest, forse il più importante biografo di Hitler, ha minuziosamente ricostruito le vicissitudini dell´opposizione al nazismo tra i militari in Germania, che anche loro come Badoglio cercarono una via di uscita. Tra di essi vi fu chi tentò a più riprese, sempre come Badoglio, senza successo un rapporto con gli Alleati. Piaccia o non piaccia era questa l´Inghilterra di Churchill: il paese - semplifichiamo un quadro sostanzialmente esatto - si batteva con disperata energia per una causa giusta, ma non trattava: al nemico chiedeva la resa senza condizioni. E l´Italia fu stritolata. Lucio Caracciolo