Francesca Paci, La STampa 31/8/2008, pagina 14, 31 agosto 2008
I tavoli di Broasted Food, una delle migliori friggitorie di Gerusalemme Est, sono rivolti al maxischermo, icona profana accanto all’altarino di Arafat
I tavoli di Broasted Food, una delle migliori friggitorie di Gerusalemme Est, sono rivolti al maxischermo, icona profana accanto all’altarino di Arafat. Tra ventiquattr’ore inizia il mese sacro di Ramadan, trenta giorni d’astinenza da cibo e acqua intervallati dall’iftar, il pasto serale a base di datteri, zuppa di lenticchie, succosa carne di agnello, infuso di carruba e un paio d’ore di musalsalat, le popolari soap opera che da qualche anno accompagnano il digiuno rituale dell’islam. Dalla vetrina, Salah Eddin street, cuore della città araba, brulica di uomini e donne velate alle prese con gli acquisti per la festa. «Ho bisogno di tonnellate di miele per i dolci che consumiamo davanti alla tv, incollati a Bab el Hara», racconta Heba Hamdan. Bab el Hara, in arabo «la porta dei vicini», è la telenovela siriana in onda sul network saudita Mbc che lo scorso settembre ha monopolizzato il mondo musulmano rubando la scena al leader di Hezbollah Nashrallah, eroe della guerra contro Israele. Quest’anno c’è una novità. A sfidare il prime-time made in Damasco arriva una produzione locale, Matabb («Dossi»), la prima soap opera palestinese finanziata dall’Unione Europea con 152 mila euro e trasmessa dalla Pbc, Palestinian Broadcasting Corporation, il canale satellitare di Ramallah. Come Noor, donna emancipata «Il nostro obiettivo principale è divertire», spiega il produttore Fareed Majari al termine della presentazione al Kasaba, il cinema di Ramallah. Quello secondario, come nella migliore tradizione delle musulsalat, «educare» il pubblico. Majari però, a differenza del presidente egiziano Nasser, pioniere nel 1970 nell’intercettare il potenziale didattico delle telenovelas arabe, non è interessato al messaggio morale «governativo». L’intrattenimento «può indurre cambiamenti importanti nella società», continua. Il modello è Noor, il serial turco appena concluso che negli ultimi mesi ha monopolizzato il dibattito nelle case musulmane più del futuro della Terra Santa. La famiglia araba del XXI secolo è pronta per una donna emancipata e indomita come l’attrice di Istanbul? A Hebron, roccaforte conservatrice della Cisgiordania, le mamme chiamano i figli Mohannad e Noor come gli eroi della supersoap, i cui poster hanno sostituito quelli di Saddam sulle bancarelle di Nablus e Gaza City. Amori, check-point e inflazione Matabb rilancia la sfida. Non solo il passato al centro della serie egiziana King Farouk o la minaccia jihadista messa in scena da Al Irhab wal Kebab e Al Ailah. Il modello è occidentale, Fareed Majari ha studiato la telenovela anglosassone Eastenders e la tedesca Lindenstrasse. I protagonisti di Matabb, Abdallah e Sameer, guardano oltre il conflitto tra sessi di Noor. C’è il ragazzo che traffica in automobili israeliane rubate e la ragazza che, incauta, s’innamora di lui; c’è l’uomo che lavora in un’organizzazione non governativa internazionale e ogni giorno affronta il gorgo del check point; c’è la mamma che fa la spesa in shekel e i conti con l’inflazione, ideali, meschinità, contraddizioni. C’è un piccolo mondo antico e moderno, «il caleidoscopio della società musulmana», secondo Islah Jad, docente di storia delle donne all’università palestinese di Bir Zeit. Una finestra aperta sulla società palestinese, sogni e frustrazione, l’eterna adolescenza archetipo dell’immaginario arabo contemporaneo. Resta l’incognita spettatore: chi sceglierà Matabb domani sera contro i rivali egiziani e siriani? «La causa nazionale non c’entra, io preferisco Bab el Hara», ammette la diciassettenne di Jenin Ala Hamami. Gaza, neppure a parlarne. L’altra metà del cielo palestinese controllata da Hamas si è separata da Ramallah oltre un anno fa e lo ha ribadito venerdì, anticipando di tre giorni l’ora legale che nel resto della Cisgiordania scatta tra ventiquattr’ore: a Jabalya, Rafah, Khan Younis qualsiasi scelta è meglio di Ramallah. I proprietari di Broasted Food attendono, pronti alle richieste dei clienti, menù e telecomando. Francesca Paci