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 2008  agosto 30 Sabato calendario

MARTINI Nello

MARTINI Nello Veronella (Verona) 11 marzo 1947. Farmacologo. Ex presidente dell’Agenzia italiana del farmaco (2004-2008), sostituito nel 2008 da Guido Rasi. Indagato dalla procura di Torino per disastro colposo nell’ambito di un’inchiesta su mancate verifiche sui medicinali. «Troppo potere in una sola persona: è questo il commento di molti addetti ai lavori alla notizia del licenziamento di Nello Martini dalla direzione generale dell’Aifa, l’agenzia preposta all’autorizzazione e commercializzazione dei farmaci in Italia, e quindi a gestire un business da 17 miliardi di euro, di cui 16 per la sola parte pubblica. Per come è congegnata l’Aifa, e per come è fatto Martini, questa fetta della torta negli ultimi quattro anni è stata nelle mani dei tecnici dell’agenzia, che hanno deciso tutto, dal tipo di farmaci in vendita al prezzo. Oggi a dirigerla è Guido Rasi, professore di microbiologia, consigliere di amministrazione dell’Istituto superiore di sanità, in quota ad An. E il governo si avvia a una “riorganizzazione” dell’agenzia, con una divisione delle competenze che molti chiamano smantellamento. Troppo potere, in una sola persona senza un definito colore politico e in un solo organismo tecnico. Sulla carta, però, Nello Martini è caduto sotto i colpi dell’inchiesta del giudice torinese Raffaele Guariniello che, nel maggio 2008, ha ipotizzato il reato di corruzione per Pasqualino Rossi e Antonella Bove, funzionari dell’Aifa, e per sei lobbisti incaricati da diverse aziende farmaceutiche di ammorbidire i funzionari dell’agenzia. E ha accusato Martini di “disastro colposo” per aver tardato a aggiornare 22 foglietti illustrativi sui possibili effetti collaterali dei farmaci. Ma l’accusa sembra flebile alla luce del parere [...] redatto per il collegio di difesa di Martini da nove esperti tra i più autorevoli d’Italia: cinque farmacologi (Montanaro, Tognoni, De Ponti, Caputi, Tagliamonte) e quattro clinici (Pagliaro, Del Favero, Bobbio, Brignoli). Gli scienziati hanno concluso che l’aggiornamento dei 22 foglietti era “spesso solo di riformulazione stilistica”. E negano che i ritardi “abbiano costituito un pericolo per la salute pubblica”. In particolare, scrivono gli esperti: “Le valutazioni della professoressa Adriana Ceci (la farmacologa perito di parte dell’accusa, ndr) rilevano una mancata padronanza dei princìpi alla base della valutazione del profilo rischio-beneficio dei farmaci. Ella sembra ritenere che la menzione degli effetti indesiderati dei farmaci in una data forma piuttosto che in un’altra, formalmente diversa ma identica nel significato, possa scongiurarne l’eventuale comparsa”. Non solo, aggiungono: “Adriana Ceci, nella sua perizia, giunge a argomentazioni e valutazioni sull’organizzazione complessiva dell’Aifa e della direzione generale, andando oltre il mandato ricevuto e rivelando un’animosità che non sembra compatibile con l’imparzialità propria del consulente d’ufficio e compromette gravemente la validità dell’impianto complessivo della relazione”. Periti di parte, si dirà. Ma a confermare il giudizio complessivo è persino la commissione convocata dallo stesso ministro del Welfare e della Salute che ha destituito Martini, Maurizio Sacconi, per decidere se è in atto il “disastro colposo”, che ha deliberato: pericoli non ce ne sono per nessuno. Così, come un mantra, ritorna quel “troppo potere in una sola persona”, a suggerire che l’inchiesta di Guariniello, meritoria nell’individuare alcune mele marce dentro l’Aifa, ha finito per dare l’occasione che tutti aspettavano da anni. Levare di mezzo Martini, il ras dell’Agenzia, lo schivo veronese che nessuno ha mai incontrato in nessun salotto, il più bipartisan dei gran commis, l’amico di Rosy Bindi che Girolamo Sirchia ha nominato all’Aifa. Ma, nei fatti, l’uomo che ha tagliato i prezzi dei farmaci del 15 per cento in quattro anni (l’Aifa è nata nel 2004). E che ha costretto i lobbisti di Big pharma a ore di anticamera per entrare nella sala delle negoziazioni, l’incubo degli uomini delle aziende, dove, a colpi di studi clinici, di dati epidemiologici, ma anche di blandizie e minacce, le due parti arrivavano a definire il prezzo di un farmaco; sempre troppo basso e frutto di intollerabili aut aut di Martini, a sentire i lobbisti. Che poi salivano e scendevano col cappello in mano le scale di via della Sierra Nevada, per avere informazioni sulle registrazioni, sugli iter, su tutto, insomma. Perché i funzionari erano blindatissimi e per sapere a che punto erano le procedure, i controlli e le autorizzazioni, per avere delle indiscrezione sulla linea che intendeva tenere Martini nelle negoziazioni, gli uomini delle industrie erano costretti a decine di telefonate e a dispensare sorrisi, inviti a pranzo, come anche, a sentire il giudice Guariniello, regalini a Rossi. L’Agenzia di Martini era come un bunker dove la stragrande maggioranza delle decisioni passava sul tavolo del direttore. Il comandante ombroso che sorrideva a tutti, ma riceveva solo chi pareva a lui, ovvero chi dava garanzie di abbassare i prezzi e la cresta. E la cresta le aziende in questi anni l’hanno abbassata: “Martini non lo riceve”, si sussurrava di questo o quel manager farmaceutico, e subito le nuvole si addensavano sulla sua testa. E le case madri di New York o Londra si rabbuiavano: che razza di lobbista sei se Martini non ti riceve? È stato come assistere a un match durato anni, con le aziende da una parte e il gran commis dall’altra. Impegnato a mettere ordine nel delirante mercato dei farmaci italiano, frutto di una storia e di un sistema che hanno spinto duplicazioni e sprechi per anni. E dove raramente i numeri della diffusione di una malattia coincidono con quelli dei farmaci per curarla, a dimostrare inequivocabilmente che molti prendono medicine non necessarie che lo Stato paga. Impossibile controllare fino in fondo il rapporto tra medici di base, che prescrivono le medicine, e gli uomini delle aziende, che li convincono a prescrivere. E così, nella Finanziaria 2007, compare il pugno duro di Martini: da oggi sarà l’Aifa a decidere quanto può fatturare un’azienda, assegnandole un budget complessivo basato sul fatturato dell’anno precedente più un incremento fisiologico. Con una clausola di questo genere l’intera macchina del marketing subisce un colpo durissimo. Non solo: a mettere le briglie a un’altra voce discutibile dei bilanci farmaceutici arriva [...] l’algoritmo per definire esattamente cosa rende un farmaco davvero innovativo, e quindi meritorio di prezzi più alti e accesso al mercato. Spiega Montanaro, lo scienziato che lo ha messo a punto: “Per la prima volta si è definito con esattezza un metodo, condiviso con l’industria, per decidere quali farmaci rappresentano una vera innovazione terapeutica. E questo ci permette di mettere a disposizioni dei pazienti medicine davvero utili, scremandole dalle tante novità che arrivano sul mercato e sono per lo più innovazioni di marketing”. Insomma, tutti reputano grandi onori all’Aifa, governo e industriali in testa. E allora, molti si chiedono se i regalini presi da Rossi (una finestra, un mobile, un migliaio di euro in contanti) e altre furfanterie riscontrate dagli investigatori ma senza un qualche impatto sulla salute pubblica, come rileva la commissione del ministro Sacconi, siano sufficienti a giustificare il licenziamento di Martini e lo smantellamento dell’Agenzia. Ma l’occasione è ghiotta e irripetibile. Perché Martini sembrava inamovibile: weltanschauung democristiana, grande diplomatico, invisibile e onnipresente; il Gianni Letta della sanità, come è chiamato, ha bastonato gli industriali, accentrato tutti i poteri nelle sue mani creandosi non pochi nemici interni, imposto agli italiani di usare i farmaci generici che non piacciono a nessuno. Eppure ha costruito una rete bipartisan di amicizie politiche solidissime che l’ha tenuto in sella per anni, a prescindere dai governi in carica. E con lui in sella l’operazione annunciata di fare a pezzi l’Aifa sarebbe difficilmente andata in porto. Il sottosegretario Ferruccio Fazio ha detto che l’Agenzia sarà organizzata diversamente, anche “attraverso una chiara suddivisione dei compiti e delle responsabilità”. Una suddivisione dei poteri, insomma. Più poltrone che contano, a gestire settori milionari. Più potere per i partiti che piazzeranno i loro uomini. Ma in molti si chiedono se con tanti piccoli ras in azione non si moltiplichino i rischi di corruzione che in questo settore sono sempre in agguato. E, in sintesi, ciò che sfugge alla comprensione dell’opinione pubblica è: se l’Aifa ha abbassato i prezzi, garantito i farmaci utili, e limitato a episodi risibili la corruzione, perché cambiare? Troppo lunghi i tempi di registrazione, è l’accusa degli industriali, del governo (nelle parole di Fazio) e di molte associazioni di consumatori. Ma c’è chi, come il farmacologo Silvio Garattini, non manca di ripetere a ogni occasione che più lunghi sono i tempi, maggiori sono le garanzie che un farmaco non abbia effetti collaterali disastrosi e sia davvero utile. [...]» (Daniela Minerva, “L’espresso” 31/7/2008).