Teodoro Chiarelli, La Stampa 30/8/2008, 30 agosto 2008
I maligni parlano di inusuale asse con il governatore di Bankitalia, Mario Draghi: entrambi avrebbero interesse a riaprire i giochi per riconquistare un ruolo di prima fila
I maligni parlano di inusuale asse con il governatore di Bankitalia, Mario Draghi: entrambi avrebbero interesse a riaprire i giochi per riconquistare un ruolo di prima fila. Di qui il missile a testata multipla contro Cesare Geronzi («Il dibattito sulla governance di Mediobanca è ancora aperto») e Corrado Passera («L’Alitalia? Si viaggerà peggio e si pagherà di più») lanciato giovedì scorso da Alessandro Profumo. Con Passera, si sa, la rivalità e le ruggini sono di antica data. Entrambi McKinsey boys, area più o meno marcata di centrosinistra, banchieri giovani e di successo: insomma due galletti che dopo essere riusciti a costruire due banche di livello mondiale in un cortile angusto come quello creditizio italiano, hanno inevitabilmente finito per beccarsi. A dividerli è, anche, una visione diversa del ruolo e della mission. Profumo crede nella banca ”pura”, che delle imprese non vuole essere azionista. Passera pensa alla banca al servizio del Paese e dei suoi progetti politico-economico-sociali: entra nel capitale delle aziende, acquisisce fior di partecipazioni e le accompagna nello sviluppo. Crea, organizza e partecipa a operazioni come il salvataggio di Alitalia. E proprio alla domanda sul salvataggio della Compagnia di bandiera il banchiere genovese ha replicato con sarcasmo («So solo che mi hanno tolto il volo con Varsavia») e buttato lì la facile battuta su costi e servizi. La business community non ha molto apprezzato. «Dev’essere un po’ nervoso», chiosa un collega banchiere che non lo ama particolarmente. Passera, letti i giornali, fa spallucce. A Rimini per il meeting di Cl, i suoi collaboratori alzano un muro sapendo che il solo pronunciare il nome di Profumo lo farebbe andare in bestia. E poi questi per l’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo sono i giorni del trionfo, può permettersi di guardare tutti dall’alto in basso. E viste le ultime vicende di Mediobanca, con lo scontro Profumo-Geronzi, è anche rassicurato sul fronte degli equilibri bancari. Intesa Sanpaolo, in primis attraverso Giovanni Bazoli, ha sin dall’inizio guardato con sospetto al matrimonio fra Unicredit e Capitalia che ha proiettato Geronzi al vertice di Piazzetta Cuccia e portato il nuovo gruppo a diventare il principale socio (con l’8,6%)di Mediobanca, azionista di riferimento delle Generali le quali hanno il 5% di Intesa Sanpaolo. Un conflitto di interessi insopportabile per Cà de’ Sass o comunque un cavallo di Troia fastidioso. Il fatto che ora il legame fra Profumo e Geronzi e, quindi, fra Unicredit e Mediobanca, non si possa più considerare così saldo tranquillizza Passera. Il quale, oltretutto, sembra aver superato le difficoltà sul piano interno (tacitando dubbiosi e perplessi sull’operazione Alitalia) e ritrovato, almeno per il momento, il vecchio modus vivendi con Bazoli. E torniamo, allora, a Mediobanca che, come dice Profumo, è uno snodo sensibile del potere economico-politico avendo voce in capitolo su Generali, Telecom e Rcs. Il blitz di Geronzi per il ritorno a una governance tradizionale con lui presidente e Alberto Nagel amministratore delegato non convince affatto il boss di Unicredit, che pure in un primo tempo aveva avallato la scelta: troppo potere concentrato nelle sue mani. Preferisce l’ultimo grande vecchio della finanza nel ruolo di presidente del consiglio di sorveglianza, con una gestione indipendente della banca affidata al management guidato da Renato Pagliaro e da Nagel. Inoltre Profumo ha notato il costante avvicinamento fra l’establishment politico al governo e Geronzi, che già può contare su solidi alleati come Vincent Bollorè e Tarak Ben Ammar. In particolare Geronzi sarebbe molto in sintonia con il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, mentre, finita l’era di Antonio Fazio, mantiene rapporti buoni ma formali con il successore Draghi. Guarda caso lo stesso Draghi ultimamente punzecchiato da Tremonti. «Ha ragione Giulio Andreotti - sottolinea il nostro anonimo banchiere - A pensar male si fa peccato, ma quasi sempre si azzecca. A un Draghi che non riesce a rapportarsi con Tremonti non può che far piacere essere chiamato a un ruolo di mediazione su una Mediobanca dilaniata da guerre per bande». A voler credere a questo scenario, un Profumo pressato da alcuni suoi azionisti (proprio perché il gioco è grosso e Mediobanca vuol dire Generali, Telecom e Rcs) avrebbe finito per trovare una convergenza quasi naturale con il governatore. Solo che i tempi non sembrano essere stati dei più felici. Geronzi ha tessuto pazientemente la sua tela e al ritorno di Nagel dalle vacanze sull’isola greca di Simi (recentemente scoperta anche da Silvio Berlusconi) gli ha spiegato che per lui, dopo una lunga gestione collettivistica di Mediobanca, c’è ora un ruolo di vero capo azienda. Chi è vicino al delicato confronto fra il vecchio banchiere e i giovani leoni di piazzetta Cuccia giura che il messaggio è stato recepito. La prossima settimana Geronzi si fermerà per quattro giorni a Milano: premesso che ha dalla sua la maggioranza degli azionisti e che intende andare avanti, è convinto di portare il management dalla sua parte. Teodoro Chiarelli