Luca Iezzi, la Repubblica 30/8/2008, pagina 32, 30 agosto 2008
Ogni secolo ha la sua febbre dell´oro. Nel 1500 spagnoli e portoghesi affollavano le navi per cercare l´Eldorado, nel 1800 immigrati da tutto il mondo invasero foreste e montagne nell´Ovest nordamericano, in Sudafrica, Australia e Nuova Zelanda
Ogni secolo ha la sua febbre dell´oro. Nel 1500 spagnoli e portoghesi affollavano le navi per cercare l´Eldorado, nel 1800 immigrati da tutto il mondo invasero foreste e montagne nell´Ovest nordamericano, in Sudafrica, Australia e Nuova Zelanda. I cercatori del 21esimo secolo hanno sostituito pale e setacci con computer, quotazioni in tempo reale e strumenti finanziari come Etf e futures. Rimane invariato l´obiettivo: il metallo giallo rappresenta da sempre la vera ricchezza, indistruttibile, incontestabile. L´oro, non è più direttamente connesso alle banconote del nostro portafoglio, ma è una sorta di moneta globale e parallela capace di non risentire dell´erosione dell´inflazione e delle difficoltà delle singole economie. La risposta ideale a chi cerca in questi mesi cerca un rifugio dalle trappole dei subprime, dalle svalutazioni delle banche americane e dalla incipiente recessione europea. Il 2008 è stato l´anno "d´oro": una corsa inarrestabile fino al record storico di 1000 dollari l´oncia registrato a marzo, rispetto ai 700 dollari di inizio 2007 o addirittura i 250 di dieci anni fa. In quei mesi gli analisti sottolineavano la parentela con il resto delle materie prime: domanda che cresce, soprattutto nei paesi emergenti, e offerta statica. Le prospettive per i possessori di miniere sono talmente buone che da quest´anno quasi nessuna società mineraria si "copre" per avere un prezzo di vendita certo. La produzione globale si riduce anno dopo anno (-4% a giugno rispetto al primo semestre 2007) e l´offerta riesce a pareggiare la domanda grazie all´oro "vecchio" già in circolazione. Ma il prezioso metallo ha dimostrato la sua forza proprio quando i prezzi delle materie prime (petrolio, rame, cereali) hanno segnato il passo per il rallentamento delle principali economie, a cominciare dagli Usa. La domanda per gli usi consueti, gioielleria e industria, si è ridotta in maniera consistente (-25% stima l´associazione mondiale degli orafi World gold council), ma il prezzo non è crollato: il trend ribassista si è alternato a rimbalzi consistenti che hanno portato il prezzo all´oncia a 978 dollari di nuovo a metà luglio. Nella pausa agostana è sceso sotto gli 800 dollari, ma non appena i volumi di scambio sono tornati sopra le quantità "estive" il trend si è invertito. L´unico vero freno è il dollaro, è stato il recupero del biglietto verde sulle altre valute a raffreddare i compratori d´oro. In particolare, in dollari si possono comprare i titoli di Stato americani gli unici che in tema di sicurezza dell´investimento possono rivaleggiare con l´oro; inoltre, gli anni di debolezza del biglietto verde, secondo molti ormai ad un mimino invalicabile, hanno dato agli investitori un´ulteriore garanzia sul rischio. Non è un caso che mentre in Europa e Giappone soffiavano venti di recessione e il profondo abisso scavato nei bilanci delle banche americane dai mutui subprime toglievano ai mercati ogni punto di riferimento, miliardi di dollari si sono scaricati sui titoli del Tesoro americano, alzando i prezzi e deprimendo i rendimenti. Un T bond con scadenza di 2 anni rende il 2,37%, quello a dieci il 3,83%. L´inflazione Usa viaggia al di sopra del 5%, vuol dire che al momento la ricerca di un porto sicuro per i propri capitali è la priorità per tutti tanto da accettare rendimenti reali negativi. E le prospettive nel breve non cambiano: anche nel caso l´economia americana che sarà la prima a ripartire ma dovrà comunque fari i conti con i debiti accumulati dal proprio sistema finanziario. L´Europa sembra giunta al capolinea: Pil in ritirata e euro sopravvalutato. Nel migliore degli scenari, l´economia mondiale crescerà meno degli anni precedenti e sopportando un´inflazione più elevata. L´oro tornerà ad essere l´oggetto dei desideri: sicuro, scarso e sempre più costoso. Così si tornerà a guardare alle uniche vere "miniere" ancora esistenti: i caveau della banche centrali. Luca Iezzi