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 2008  agosto 30 Sabato calendario

ROMA - Un quarto dei profitti degli ultimi 36 anni. Tanto è costata a Merrill Lynch la crisi dei mutui subprime, capace di cancellare in soli diciotto mesi il 25% circa di ciò che la banca americana aveva guadagnato dalla sua quotazione, nel lontano 1971

ROMA - Un quarto dei profitti degli ultimi 36 anni. Tanto è costata a Merrill Lynch la crisi dei mutui subprime, capace di cancellare in soli diciotto mesi il 25% circa di ciò che la banca americana aveva guadagnato dalla sua quotazione, nel lontano 1971. A sottolinearlo è uno studio compiuto dal Financial Times su dati della Thomson Reuters Fundamentals, che ha preso in considerazione la performance di dieci fra i principali gruppi finanziari del mondo, analizzando il rapporto delle perdite subite durante il credit crunch con i profitti storici. In questa particolare classifica, il primato è toccato proprio a Merrill Lynch. Il gruppo guidato da John Thain ha subito nell´ultimo anno e mezzo una perdita netta di oltre 14 miliardi di dollari, a fronte di profitti negli ultimi 36 anni pari a circa 56 miliardi, 21 dei quali accumulati soltanto fra il 2003 e il 2006. Al secondo posto si piazza invece Ubs, che durante la crisi ha accumulato perdite per oltre 15 miliardi, ma che può vantare profitti storici più alti. Molto male anche Citigroup, che nel solo secondo trimestre del 2008 ha registrato una perdita netta di 2,5 miliardi di dollari. I dati del Financial Times confermano un quadro che per i gruppi finanziari sembra ogni giorno più complicato. Nelle ultime settimane Goldman Sachs aveva tagliato le previsioni dei profitti di tutte le principali banche d´investimento. Il rischio che una banca possa presto andare in fallimento era stato confermato anche da Kenneth Rogoff, ex chief-economist del Fondo Monetario Internazionale, convinto di come, per i mercati finanziari, «il peggio debba ancora arrivare». Quel che è certo, invece, è che i profitti accumulati dalle banche d´investimento durante il boom degli scorsi anni siano ormai soltanto un lontano ricordo. Il modello di business spregiudicato seguito negli ultimi anni sarà infatti molto più difficile da mantenere in futuro, proprio in virtù della stretta di regolamentazione portata dai governi e in particolare da quello Usa in seguito alla crisi dei subprime. Un´ulteriore ragione per la debolezza delle aziende finanziare potrebbe venire dalla loro esposizione al mercato delle materie prime, in forte discesa nelle ultime settimane. Credit Suisse ha infatti calcolato come il il value-at-risk dovuto alle materie prime per nove grandi banche d´investimento si sia moltiplicato di ben cinque volte dal 2002, fino a raggiungere i 360 milioni di dollari. Ciò costituisce un quarto del rischio netto totale di queste banche, un´esposizione sufficiente a far temere il peggio nel caso in cui il mercato delle materie prime dovesse risultare ulteriormente instabile. FERDINANDO GIUGLIANO