ALBERTO CUSTODERO VINCENZO NIGRO, la Repubblica 30/8/2008, pagina 19, 30 agosto 2008
ROMA - Un´autostrada da 5 miliardi di euro. Duecento abitazioni. Il ripristino del pagamento delle pensioni di guerra ai libici che combatterono per l´Italia
ROMA - Un´autostrada da 5 miliardi di euro. Duecento abitazioni. Il ripristino del pagamento delle pensioni di guerra ai libici che combatterono per l´Italia. L´istituzione di un comitato di consultazioni politiche e di un partenariato economico. Il finanziamento di borse di studio. La fornitura da parte di Finmeccanica di un radar per il controllo delle frontiere meridionali della Libia. Ma, soprattutto, accordi per la lotta all´immigrazione clandestina e al terrorismo. , questo, il conto che l´Italia pagherà alla Libia per chiudere definitivamente il contenzioso sul risarcimento del colonialismo in Tripolitania e Cirenaica. Dell´intesa è stato informato il capo dello Stato dal premier, salito ieri al Colle accompagnato dal sottosegretario Gianni Letta e dal ministro degli Esteri Franco Frattini. Silvio Berlusconi, durante la cerimonia della firma dell´accordo che si svolgerà oggi a Bengasi, restituirà a Muammar Gheddafi il primo reperto archeologico fra i tanti che il nostro Paese s´è impegnato di riportare in Libia, la «Venere di Cirene». Gheddafi, incoronato ieri dai capi tribù «re dei re d´Africa», festeggerà così, con l´assegno italiano per i danni del colonialismo, il trentanovesimo anniversario del colpo di stato che lo portò al potere. Ma si tratta di un saldo, visto che un primo risarcimento fu anticipato nel 1951 con 5 milioni di sterline e la cessione dei beni demaniali italiani. E che lo stesso Gheddafi, nel 1970, si prese un altro acconto (circa 3 miliardi di euro), impossessandosi dei patrimoni dei 25 mila italiani rimpatriati a forza. A questo proposito, Giovanna Ortu, rappresentante dei profughi italiani - che otterranno in seguito all´accordo visti d´ingresso per la Libia - ha detto che «non si conoscono dettagli sulle richieste del governo Berlusconi in merito alla restituzione dei nostri beni. Né risultano notizie sui crediti per 1800 miliardi di euro vantati dalle imprese italiane». «Il nostro governo - ha polemizzato Ortu - non può attivarsi per pagare danni provocati dall´Italia quasi un secolo fa, dimenticarsi di quelli subiti da 25 mila italiani nel 1970». L´accordo, pur oneroso per l´Italia, «permetterà - ha dichiarato Berlusconi al giornale libico Oya - di voltare la pagina del passato». Soddisfatto anche il ministro dell´Interno Roberto Maroni. «Subito dopo la firma - ha fatto sapere il titolare del Viminale - partirà il pattugliamento delle coste libiche» già firmato nel dicembre del 2007 dal ministro Giuliano Amato (ma mai attuato), per bloccare le carrette del mare che, quest´anno, hanno trasportato in Italia il doppio dei clandestini di un anno fa. L´intesa italo-libica è stata in bilico fino all´ultimo, al punto che ieri mattina il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, a La7, aveva negato la conclusione delle trattative. La situazione si è poi sbloccata all´una, con l´annuncio ufficiale di Palazzo Chigi sia dell´accordo raggiunto, sia della partenza di Berlusconi per Bengasi. Lo scontro fra Italia e Libia si giocava, ovviamente, sull´ammontare del costo dell´autostrada, «il doppio - dicono fonti vicine alla Difesa - di quello che l´Italia era disposta a pagare». La Libia chiedeva 6 miliardi, l´Italia ne offriva 3. Il punto d´incontro s´è raggiunto a 5 miliardi da finanziare in 25 anni, 200 mila euro all´anno. Ma sul tavolo della diplomazia c´era anche la richiesta dei nostri politici di affidare la costruzione dell´autostrada al «sistema Italia», per evitare che Gheddafi appaltasse i nostri 5 miliardi di euro a società straniere. Non è chiaro come sia stato congegnato il meccanismo del trade-off, ma i 5 miliardi di euro in 25 anni dovrebbero derivare da un incremento nelle quote di petrolio libico commercializzate dall´Italia. Potrebbe essere creato un meccanismo simile a quello dell´Ali (azienda libico italiana), secondo cui le aziende italiane finanziavano un fondo libico. ALBERTO CUSTODERO VINCENZO NIGRO