Vittorio Sabadin, La Stampa 29/8/2008, pagina 39, 29 agosto 2008
La Stampa, venerdì 29 agosto Si dice che ogni persona abbia una storia da raccontare e desideri scriverla, ma la maggior parte non sappia come farlo
La Stampa, venerdì 29 agosto Si dice che ogni persona abbia una storia da raccontare e desideri scriverla, ma la maggior parte non sappia come farlo. Molti brillanti scrittori hanno la sindrome del secondo libro, i dilettanti hanno quella della seconda pagina. Tempo fa, l’autore inglese Roland White aveva simpaticamente descritto sul Sunday Times come spesso nasce un romanzo. Ti siedi al computer al mattino e osservi per alcuni minuti le parole che hai appena scritto: «Capitolo Uno». Subito dopo ti prendono i dubbi, e per scacciarli vai in cucina e ti prepari un tè. Poiché sono rimasti piatti da lavare e camicie da stirare, tanto vale finire i lavori domestici. Si torna al computer, solo per cambiare «Capitolo Uno» in «Parte prima». Verso sera, dopo decine di altre tazze di tè, si decide che «Capitolo Uno» era meglio. Ma questi dubbi e queste incertezze sono finiti. Con sole 29,99 sterline (38 euro) si può ora acquistare un programma che, installato nel proprio computer, metterà finalmente ordine nella vita degli aspiranti scrittori e li guiderà nel processo creativo, aiutandoli a decidere genere, trame, nomi dei personaggi, colpi di scena e finali travolgenti. «NewNovelist» ha già venduto 100 mila copie in Gran Bretagna diventando il software preferito tra decine di altri disponibili, come «StoryWeaver» e «Dramatica Pro», tutti ideati per superare il terrore e il senso di impotenza che si prova di fronte alla pagina bianca. Ma è davvero possibile diventare scrittori solo grazie a un programma di computer? Lucinda Hawksley, pronipote di Charles Dickens e direttrice di «NewNovelist», non ha dubbi. Dai tempi di Aristotele si sa che ogni storia raccontata - che sia l’Epopea di Gilgamesh o Dalla Russia con amore di Ian Fleming - si basa su un limitato numero di trame. La letteratura ha prodotto capolavori irripetibili, ma la maggior parte dei romanzi ruota intorno a linee strutturali molto simili che vengono mescolate in modo diverso, come si fa con le sette note della musica. dunque possibile catalogare i generi e le trame, i caratteri dei personaggi, gli sviluppi possibili e formare uno scheletro lungo il quale procederà la storia. La prima cosa da fare è scegliere un genere tra tre diverse opzioni («intrigo», «epico», «personaggio») e poi il tipo di storia tra 21 possibili, che vanno dalla trama d’amore al soprannaturale, alla vendetta, alla crescita interiore, alla «cattura e fuga». Il programma invita a immaginare la propria storia come se fosse il titolo di un giornale, cosa che a Londra ha provocato qualche ironia: se il libro fosse La fattoria degli animali di George Orwell, il Sun lo intitolerebbe: «Shock tra i laburisti!! I maiali al potere»; il Guardian preferirebbe invece: «I diritti degli animali priorità del nuovo governo». «NewNovelist» non scrive al posto dell’autore, ma aiuta a organizzarne il lavoro. Se si hanno incertezze sul nome di un personaggio, c’è una banca dati disponibile, basata su nomi ricavati dalle liste elettorali mescolati con nomi della mitologia nordica, che producono accostamenti come «Daruka Channel» o «Artbranan Kuan». La critica letteraria del Financial Times, Rosie Blau, ha provato a scrivere un romanzo con l’assistenza del programma, che le ha anche consigliato di dedicare il due per cento del testo alle convinzioni maturate dal personaggio nella sua infanzia, il sei per cento agli avvenimenti che mettono in discussione queste convinzioni, il cinque alla consultazione di un Maestro, il dieci alla lotta interiore bambino/adulto e così via. Più o meno il percorso di Luke Skywalker in Guerre stellari. Si è arresa dopo qualche giorno, cliccando sull’opzione che rilegge il testo con la voce metallica di un computer, e decidendo che quello che ascoltava faceva pena. Ma non tutti gli scrittori sono concordi nel definire inutile l’aiuto che un software può dare al processo creativo. Vikram Chandra ha scritto Giochi sacri in sette anni organizzando le 900 pagine del testo con il programma «Project» di Microsoft, Richard Powers ha usato un software analogo per Il fabbricante di eco e se Conan Doyle avesse avuto «NewNovelist» a disposizione probabilmente si sarebbe risparmiato l’imbarazzo di fare emigrare la ferita di guerra del dottor Watson dalla spalla (dove si trovava in Uno studio in rosso) alla gamba (nel Segno dei quattro). Secondo la scrittrice inglese Harriet Smart, questi programmi hanno il vantaggio di creare un ambiente nel quale lo scrittore lavora, un unico luogo nel quale si trovano gli appunti, i link, il testo, i suggerimenti, gli accostamenti tra nomi e situazioni, il riassunto di quello che hai già fatto. Se non si possiede talento, nessuno diventerà uno scrittore grazie a un software e Charles Dickens ha creato circa mille personaggi senza l’aiuto di un database. Ma non c’è dubbio che la tecnologia può offrire qualcosa di più degli ormai antiquati programmi di scrittura come «Word». Invece di stare paralizzati davanti al foglio bianco, ha alla fine concluso Roland White, si possono prendere appunti, organizzare un percorso, delineare caratteri. Con l’unico inconveniente che i piatti resteranno da lavare. Vittorio Sabadin