Fabio Poletti, La Stampa 29/8/2008, pagina 11, 29 agosto 2008
La Stampa, venerdì 29 agosto Di lui si ricorda solo una frase memorabile: «In una società che si prospetta globale, bisogna usare lo sport per lanciare messaggi politici»
La Stampa, venerdì 29 agosto Di lui si ricorda solo una frase memorabile: «In una società che si prospetta globale, bisogna usare lo sport per lanciare messaggi politici». Renzo Bossi, vent’anni e riccetti pasoliniani, riesce a far quadrare il ragionamento anche se la palla è rotonda. Figlio di secondo letto di Umberto Bossi, Renzo da Gemonio ufficialmente è solo il Segretario generale della nazionale padana di calcio, quella che ha conquistato la coppa dell’altro mondo in Lapponia e ha fatto a pezzi il Tibet. I pissi pissi nel Carroccio e le investiture di famiglia - «Quando mi farò da parte, ci sarà sempre un Bossi nella Lega» - sembrano aver già segnato il destino di questo rampollo il cui esordio politico risale a tre anni fa, affacciato al balcone della clinica di Lugano dove era ricoverato suo padre, a urlare con voce fessa da ragazzino: «Padania libera». Dicono che sarà lui a sollevare l’ampolla con l’acqua del Po sul Monviso. E ci sarà ancora lui a fianco del padre a Venezia, quando Umberto Bossi verserà l’acqua in Laguna. Che Bossi senior punti molto su junior, lo si è capito l’altra sera quando il ministro se l’è portato dietro a Palazzo Grazioli da Silvio Berlusconi. Roba da far venire il mal di fegato ai colonnelli della Lega. Qualche puntura di spillo se la permette suo fratello Riccardo, 29 anni, un passato da addetto parlamentare a Strasburgo, un presente da pilota di rally, universitario e impiegato in una società di marketing. Il primogenito che voleva andare all’Isola dei famosi - «A calci nel culo ce lo mando», disse suo padre - non ha mai nascosto i rapporti più che freddi con l’altro ramo della famiglia di suo padre: «Anch’io una volta sono stato a casa di Berlusconi per fare gli auguri di Natale. Capisco che per Renzo sia stata una bella occasione. Speriamo che abbia capito quello che si sono detti mio padre e il premier». Sulla cultura di Renzo Bossi c’è poco da discutere. L’anno scorso è stato bocciato all’esame di maturità. Quest’anno pure, malgrado un certo entusiasmo dopo la discussione della tesina su «Carlo Cattaneo e la valorizzazione romantica dell’appartenenza delle identità», presentata come privatista davanti alla commissione del collegio arcivescovile Bentivoglio di Tradate: «Non è ancora ufficiale, ma ce l’ho fatta». Trombato senza nemmeno la possibilità di giocare la partita di ritorno, Renzo Bossi deve essersi rivolto al suo illustre genitore che ne fece un caso politico: «Troppi professorti del Sud!». Dentro e fuori il partito, qualcuno arrivò addirittura a mettere in discussione che la tesina di Renzo Bossi fosse tutta farina del suo sacco: «Ho letto i libri di Gianfranco Miglio, quelli sullo stato nazionale in crisi. E pure gli scritti di Carlo Cattaneo. Ne ho parlato partendo dall’Illuminismo per arrivare al Risorgimento». Suo fratello Riccardo nutre qualche dubbio: «Alla biblioteca della Camera, nei primi mesi della legislatura, non risultano libri chiesti dalla Lega. Prima dell’esame di mio fratello qualcuno ha voluto gli scritti di Miglio e di Cattaneo». E’ possibile che tra i compiti dei parlamentari del Carroccio ci sia pure quello di scrivere la tesina al figlio del capo. Nel partito le intelligenze non mancano. La svogliatezza a scuola è pure un vizio di famiglia. Visto che Umberto Bossi non ha mai dato la tesi in Medicina pur avendo festeggiato tre volte la laurea. Ai libri anche Renzo Bossi preferisce il calcio, i viaggi incollato al padre con cui ancora vive nella villetta di Gemonio, le ragazze, l’informatica. Su Facebook, tanto per dire, Bossi junior vanta più di duemila contatti. Suo fratello Riccardo lo capisce e un po’ lo compatisce: «Ha vent’anni, non si può pretendere di più... Certo che non si può dire che in politica sia entrato in punta di piedi. Ma non so dove sarebbe se non avesse quel cognome lì». Magari sarebbe al palazzetto dello sport di Varese a tifare per il Cimberio basket. O meglio ancora allo stadio Franco Ossola a imparare nuovi schemi per gli undici della Padania. Un chiodo fisso anche il giorno della maturità, quando tutto orgoglioso disse a un amico: «Ho dato gli esami con il figlio di Carlo Ancelotti». Identico il match, diverso il finale di partita. Del resto si sa, dietro l’allenatore del Milan c’è pur sempre Silvio Berlusconi. Fabio Poletti