Evgeny Utkin, La Stampa 28/8/2008, pagina 14, 28 agosto 2008
Tra America e Russia sale la tensione per la questione caucasica, ma il business tra i due Paesi non si ferma
Tra America e Russia sale la tensione per la questione caucasica, ma il business tra i due Paesi non si ferma. Anzi, il 22 agosto, nel pieno della crisi, il miliardario russo Aleksey Mordashov ha fatto «shopping» - uno shopping alla grande - negli Stati Uniti. La sua controllata, «Severstal Resources», ha dichiarato che comprerà la compagnia americana «Pbs Coals Corporation» per un miliardo e 300 milioni di dollari. Mordashov rileverà 6 miniere e 6 cave di carbone di alta qualità, per 4 milioni di tonnellate all’anno, in Pennsylvania. Il miliardario russo, che ha già investito l’anno scorso 1,7 miliardi di dollari in stabilimenti siderurgici americani (l’ultimo «acquisto», il 5 agosto scorso, riguarda la «Esmark Incorporated») adesso controlla circa il 10 per cento dell’industria dell’acciaio Usa. L’uomo d’affari non si fa minimamente turbare dai nuovi venti di guerra, calda o fredda che sia, ed arricchisce il suo impero. Allo stesso modo non si è fatto influenzare Vladimir Lisin, altro oligarca dell’acciaio (controlla l’enorme stabilimento di Novo Lipezk – l’«Nlmk»). Al culmine del conflitto caucasico, il 13 agosto, ha deciso di sborsare 3,53 miliardi di dollari per comprare la «John Maneely Company», la maggior compagnia americana che produce tubi di metallo. Si è trattato del maggior investimento dell’«Nlmk» all’estero e al tempo stesso del maggior investimento russo in una compagnia americana. D’altro canto, alla vigilia della crisi, «Pepsi Bottling Group Russia» ha aperto una nuova linea di produzione a Ekaterinburg di 60.000 bottiglie all’ora e pensa di costruire un’altra, da 45.000 bottiglie, quintuplicando la produzione dello stabilimento. Gli americani evidentemente puntano sulla grande sete dei russi non temendo un eventuale boicottaggio di prodotti Usa in Russia. Gli acquisti russi non si fermano neppure in Italia. Il 4 agosto il miliardario Mordashov, che già aveva acquisito nel 2005 la «Lucchini», attraverso una sua controllata, la «Severstal Metiz», ha rilevato «Radaelli Tecnica» di Gardone Valtrompia, società specializzata nella produzione di cavi d’acciaio, armature per cemento armato, cavi elettrici, cavi per ponteggi, catene e altre strutture portanti. «Business is business» e fioriscono i rapporti commerciali italiani in Russia: dall’Eni all’Enel, dall’Indesit alla Pirelli, dalla Fiat alla Marazzi. Nel Paese dove il rispetto per le migrazioni degli uccelli è di ostacolo all’utilizzo della pale eoliche e dove il nucleare è stato bloccato da un ventennio, una buona metà dell’elettricità si produce bruciando gas. Difficile immaginare di poter fare a meno del gas russo. Infatti il 30 per cento del gas nella Penisola proviene dalla Russia. Un discorso analogo vale per il resto dell’Europa: la diminuzione della produzione di casa e l’aumento della richiesta rende indispensabile il gas targato Mosca. Un altro Paese ha un’enorme sete di energia: la Cina. Pechino guarda con un particolare interesse al raffreddamento dei rapporti tra Russia e Occidente. Pronta ad approfittarne per spostare i flussi di energia russa verso il proprio mercato. Sergei Guriev, direttore del «Nuovo Istituto Economico» e direttore del «Centro per le Ricerche Economiche e Finanziarie» di Mosca, non crede che rapporti con i Paesi occidentali si possano bloccare. «Possono subire un contraccolpo - osserva - i grandi progetti d’investimento. Ma i rapporti commerciali non si interromperanno. L’Europa non smetterà di importare il gas russo. Il conto potrebbe essere troppo salato per gli elettori europei». Invece per colpa della guerra soffre la Borsa russa. Ha perso il 20 per cento dall’inizio della crisi e, secondo alcuni analisti, la crisi potrebbe continuare. Evgeny Utkin