Fabrizio Dragosei, Corriere della Sera 28/8/2008, pagina 6, 28 agosto 2008
Corriere della Sera, giovedì 28 agosto 2008 MOSCA – Dopo la Georgia a chi toccherà? Gli eventi di questi giorni, seguiti all’attacco georgiano contro l’Ossezia del Sud che ha scatenato l’intervento dell’orso russo in difesa dei «concittadini» osseti e abkhazi, hanno rilanciato la questione delle minoranze russe
Corriere della Sera, giovedì 28 agosto 2008 MOSCA – Dopo la Georgia a chi toccherà? Gli eventi di questi giorni, seguiti all’attacco georgiano contro l’Ossezia del Sud che ha scatenato l’intervento dell’orso russo in difesa dei «concittadini» osseti e abkhazi, hanno rilanciato la questione delle minoranze russe. In aiuto di chi potrebbe intervenire in futuro l’Armata russa? Quanto ha dichiarato ieri l’ambasciatore di Mosca in Moldova Valerij Kuzmin non lascia presagire niente di buono: il rappresentante del Cremlino ha messo in guardia il piccolo Paese perché eviti «uno sviluppo degli eventi sanguinoso e catastrofico». Certo, la Moldova non è nell’irrequieto Caucaso, ma «deve dare prova di saggezza». Il punto dolente è la regione della Transdniestria, mezzo milione di abitanti per il 70% russi e ucraini che dal 1990 si sono dichiarati indipendenti da Chisinau dopo una sanguinosa guerra civile con un migliaio di morti. Per anni Tiraspol, la capitale della piccola repubblica, è stata difesa dalla 14esima Armata russa, poi la situazione è rimasta congelata, con la Transdniestria diventata una specie di porto franco e centro per il traffico internazionale di armi e generi di contrabbando. Dal 2003 c’è un piano russo di soluzione della vicenda, con la creazione di una confederazione che assegna a Tiraspol il diritto di veto sulle leggi moldave. Lunedì Medvedev ha incontrato a Mosca il presidente moldavo Voronin ricordandogli la necessità di essere «ragionevole». La questione più grossa in ballo è quella dell’Ucraina, attraverso la quale passa il principale gasdotto diretto in Europa. In tutto il Paese i russofoni sono il 22 per cento, ma sono concentrati in alcune regioni, come la Crimea, dove arrivano al 50%. La Crimea faceva parte della Russia ma Krusciov nel 1954 la «regalò» all’Ucraina. Oggi è di importanza capitale per la Russia perché nella penisola, a Sebastopoli, si trova la flotta del Mar Nero. L’accordo con Kiev prevede il pagamento di un affitto di 98 milioni di dollari l’anno e scade il 28 maggio del 2017. Il presidente ucraino Yushchenko vuole portare l’affitto a uno o due miliardi di dollari. In più ha chiesto ai russi di notificare con 72 ore di anticipo qualsiasi richiesta di movimento e di attendere il via libera ucraino. Una vera provocazione per Mosca. Naturalmente se la Crimea guadagnasse l’indipendenza, il problema della flotta non si porrebbe più. Il resto dell’Ucraina russofona è la parte dove è concentrata l’industria pesante. Forti minoranze russe si trovano nei tre Paesi baltici. Rappresentano il 9% in Lituania, il 31% in Lettonia (ma a Riga sono il 40%) e il 30% in Estonia. In Lituania, dove 450 mila persone (su 3,4 milioni) sono senza cittadinanza, l’oleodotto che porta il petrolio russo venne bloccato da Mosca nel 2006. In Lettonia il conflitto è forte, anche perché la legge impone l’uso del 60% dei testi in lettone anche nelle scuole in lingua russa. L’Estonia è stato il primo Paese a sperimentare un attacco informatico da parte degli 007 russi. A Tallin si erano permessi di spostare dalla piazza centrale il monumento al «liberatore sovietico». Fabrizio Dragosei