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 2008  agosto 27 Mercoledì calendario

La furia omicida contro le comunità cristiane nello Stato dell´Orissa rivela una feroce contraddizione in cui si dibatte oggi l´India

La furia omicida contro le comunità cristiane nello Stato dell´Orissa rivela una feroce contraddizione in cui si dibatte oggi l´India. L´induismo è una delle religioni più praticate del mondo, con un miliardo di fedeli. E´ anche l´unica importante religione che sancisce il principio di non eguaglianza degli esseri umani fin dalla nascita. La sopravvivenza delle caste è la ragione per cui il cristianesimo – come anche l´islam e il buddismo – continuano a reclutare nuovi adepti nei ceti più diseredati. L´induismo, che non pratica il proselitismo, vive le conversioni come un´offensiva mortale (parallela alla minaccia «demografica»: il più alto tasso di natalità dei musulmani indiani). Queste angosce sono strumentalizzate dai fondamentalisti indù da un secolo a questa parte, con movimenti violenti che si ricollegano apertamente al nazifascismo. La tragedia dell´Orissa nasce anche da un´altra debolezza: l´incapacità del governo indiano di sconfiggere la guerriglia maoista dei naxaliti, che ha le sue radici nelle comunità tribali più povere. Sono stati i naxaliti ad assassinare un guru indù, scatenando la rabbia e una ritorsione cha in loro vece ha preso di mira i cattolici. Anche il permanere dei focolai di guerriglia maoista è legato a problemi sociali non risolti. Le minoranze tribali sono eredi di culti ancestrali e sciamanici, pre-induisti, quindi sono addirittura inferiori alla casta degli intoccabili. L´industrializzazione sradica le popolazioni tribali dai loro ambienti accentuandone l´emarginazione. Che il cristianesimo sia una minaccia per l´identità dell´India lo teorizza perfino Rajnath Singh, leader del partito nazionalista indù Bjp che è la maggiore forza d´opposizione a New Delhi, nella mappa del potere locale controlla diversi Stati importanti, e potrebbe vincere le elezioni federali tornando al governo l´anno prossimo. «I missionari cristiani - ha dichiarato- usando come copertura le loro opere sociali convertono i poveri di tutta l´India. Le conversioni sono il pericolo più grande per la nostra società, rischiano di cambiare gli equilibri demografici del paese. Qualcuno ha previsto che di questo passo noi indù saremo una minoranza fra meno di 50 anni. Non possiamo permetterlo». Nelle zone dove le forze dell´integralismo sono determinanti per governare, queste parole sono già diventate legge. Lo Stato del Gujarat ha promulgato una «legge anti-conversione»: chiunque voglia cambiare credo, o convertire un´altra persona alla propria religione, ha l´obbligo di ottenere un permesso speciale dal magistrato distrettuale. L´infrazione è punibile fino a tre anni di carcere, quattro anni se il convertito è un soggetto «debole» come i membri delle caste inferiori. Leggi anti-conversione sono state varate anche negli Stati del Tamil Nadu, nell´Orissa e nel Madhya Pradesh. Nel Karnataka il 20 marzo 2007 la polizia ha arrestato 22 missionari cristiani accusandoli di avere «invitato un villaggio a convertirsi per avere una vita più felice». Il tribunale locale li ha incriminati dei reati di «offesa ai sentimenti religiosi» e «turbativa della pace». Da secoli l´India subisce la penetrazione di religioni più «aggressive» come l´islam e il cristianesimo. Nell´epoca moderna il proselitismo delle grandi fedi monoteiste ha incrociato i movimenti per l´emancipazione socio-economica delle caste inferiori. I dalit (intoccabili) e altre caste sfavorite hanno sentito l´attrazione di religioni più egualitarie del bramanesimo. Perciò le conversioni sono diventate un punto dolente per un pezzo di società indiana, soprattutto quella fascia di bramini decaduti, piccola aristocrazia rurale impoverita dalla modernizzazione, che è il nerbo del nazionalismo più intransigente. L´eccidio dell´Orissa è solo l´ultimo episodio in una catena di rappresaglie. Il 17 marzo 2006 è stato assassinato padre Eusebio Ferrao, parroco di Goa, l´ex colonia portoghese che fu evangelizzata da San Francesco Saverio. Goa, ancora segnata dall´impronta barocca del Portogallo, è stata a lungo un modello di convivenza tra le comunità religiose. Adesso anche lì le punte più radicali del movimento indù rivangano il colonialismo per auspicare che i cristiani «tornino a casa». Nel 2007 altre violenze ci sono state a Udaipur nel Rajasthan, dove un sacerdote cattolico è stato pestato, minacciato di morte e cacciato da una folla di integralisti indù, e nel Karnataka dove il carmelitano Sylvester Pereira e tre fedeli sono stati aggrediti mentre erano in un ospedale. Nell´Himachal Pradesh una squadra dell´Rss (la formazione paramilitare di impronta fascista dei nazionalisti indù) ha torturato e rasato a zero due missionari cristiani, poi li ha immersi nel Gange scimmiottando così una loro conversione all´induismo. «Le attività dei missionari - ha commentato il leader Rss Madan Das Devi - sono in aumento da quando c´è il Congresso al potere». L´accusa implicita è alla presidente del partito del Congresso, Sonia Gandhi, di origine italiana e quindi additata come una quinta colonna del Vaticano. Ma la prima vittima illustre dell´integralismo indù fu un altro Gandhi, il Mahatma, il profeta della non violenza e il padre dell´indipendenza indiana: assassinato il 30 gennaio 1948 da un suo fratello di fede. Federico Rampini