Nello Ajello, la Repubblica 24/8/2008, pagina 36, 24 agosto 2008
«PICCOLI AMICI
così viene presentato, il 27 dicembre 1908, uno smilzo supplemento appena uscito dalla tipografia di un grande quotidiano milanese - il Corriere della Sera ha pensato a Voi. Abbiamo chiesto ai più celebri dei nostri scrittori, poeti, romanzieri, scienziati, storici, giornalisti, di preparare qualcosa per questo minor Corriere. Tutti hanno risposto di sì con entusiasmo». Ogni settimana, essi «vi diranno i loro pensieri più chiari, i loro sogni più luminosi, le loro speranze più liete. E accanto alle loro pagine vi offriremo le più belle pagine scritte da stranieri per i bambini del loro Paese».
Si apre con queste promesse la storia del Corriere dei Piccoli, cioè di quello che sarà per decenni il settimanale-simbolo dell´infanzia italiana, restando in vita fino a quindici anni fa, il 27 agosto del 1993. In quel testo inaugurale, il richiamo ai più noti modelli internazionali di narrativa infantile non è affatto casuale. Preannunzia una «rivoluzione».
Ai primi del Novecento, la stampa destinata all´infanzia era di marca strettamente nazionale, legata alla pedagogia del Risorgimento. Bastarono invece pochi numeri del nuovo settimanale a segnare un passaggio d´epoca. Il successo del minor Corriere fu infatti dovuto all´adozione dei "comics" americani, cioè di quei pupazzetti alla cui invenzione si dedicava, oltre Oceano, una leva di raffinati disegnatori. E fu al seguito di questi nuovi eroi che l´editoria per bambini conquistò anche da noi un universo tutto suo.
Fu un successo travolgente. Quando, nelle paginette del Corriere dei Piccoli, il repertorio yankee si trovò a competere con i tradizionali soggetti nostrani, si capì subito quale delle due forme espressive avrebbe avuto la meglio. I personaggi infantili stile De Amicis si rivelarono incapaci di rivaleggiare - per fare un esempio - con Bibì e Bibò, traduzione nostrana dei Katzenjammer kids: si trattava di due gemelli sottoposti alle manesche intemperanze di uno zio, Capitan Cocoricò, e della sua consorte, la Tordella, sempre armata di matterello. Questa famiglia, creata nel 1897 da Rudolph Dirks, fu l´apice espressivo di un´autentica invasione. Vi partecipò, tra i primi, la Checca, una muletta dispettosa, vittima delle vendette del suo anziano padrone Ciccio: era una serie che, disegnata da F. Opper, appariva sul N. Y. American & Journal. Poi, in successione, apparvero sul settimanale Fortunello (nato in America nel 1899 con il nome di Happy Hooligan), Mimmo e Mammola con il loro cane Medoro, il gatto Mio Mao (Felix the Cat). Vi si stabilirono Arcibaldo e Petronilla (Jiggs e Maggy, in origine), inventati da quel George MacManus che fu anche l´autore di Cirillino, un neonato urlante.
La spontaneità dei characters statunitensi entusiasmò i piccoli lettori di casa nostra. L´unica variante rispetto a quei modelli fu l´abolizione della nuvoletta che conteneva le battute di dialogo. Venne sostituita, in calce ad ogni vignetta, da ottonari a rima baciata, del tipo: «Dove il muro la nasconde - va la Checca e non risponde». Versicoli al posto di fumetti.
Il messaggio trasmesso da quelle storielle era semplice, contagioso. Parlava di libertà. Emanava una modernità sorridente. Il suo innesto in Italia si prestò all´imitazione. Personaggi "made in Italy" fraternizzarono con quelli importati. Alle vignette tondeggianti e fiabesche di Antonio Rubino si affiancavano, in questa produzione nostrana, le figure nervose di Attilio Mussino e le tavole eleganti di Umberto Brunelleschi. Nella fantasia dei lettori s´installarono il signor Bonaventura di "Sto" (Sergio Tofano), il Sor Pampurio di Carlo Bisi, il soldato Marmittone di "Ang" (Bruno Angoletta). I padri di famiglia tornavano dall´ufficio con in mano il Corriere dei Piccoli accanto ai giornali per i grandi, e magari si scoprivano a dargli uno sguardo curioso o - col passare degli anni - nostalgico. Nella percezione di molti, quel fascicolo multicolore segnava un tramite psicologico fra genitori, maestri e bambini. Gli eroi venuti da fuori e quelli nati da noi formarono un´unica banda.
Le differenze si profilarono quando la cronaca nazionale offrì eventi di così forte richiamo emotivo da postulare la «mobilitazione degli animi» (così la si chiamava). Nel corso della Grande Guerra fece irruzione nella pagine del giornalino un drappello di inediti personaggi in grigioverde. Molti disegnatori per l´infanzia erano al fronte. Il capitano Brunelleschi, il sottotenente Rubino, i soldati Bisi e Mussino continuavano a mandare, dalle trincee, le loro storie al Corriere dei Piccoli.
Le narrazioni di guerra si installarono nel recinto delle funny pictures. Cirillo Schizzo di Mussino e Italino, inventato da Rubino, si specializzano in tiri birboni ai danni del nemico. Antagonista consueto di Italino è Kartoffel Otto, un teutone obeso, sempre perdente e deriso. Comincia a prodursi quel «circolo vizioso tra la guerra giocata e la guerra vera» di cui ha parlato Antonio Gibelli nel suo volume Il popolo bambino (Einaudi 2005).
I fatti d´armi vengono narrati in chiave d´avventura. La generazione cui io appartengo ha fatto appena in tempo a godersi le filastrocche che il Corriere dei Piccoli dedicava all´impresa d´Etiopia (1935-36): «Catturar dobbiamo un fiero - Abissino prigioniero», promettono ad esempio Romolino e Romoletto, piccoli gemelli in armi inventati dal disegnatore Angoletta. Poco più tardi, sarà la guerra di Spagna a farsi raccontare in versi e vignette. Ai «macellai rossi» si attribuiranno slogan minacciosi, del tipo: «A ferro e a fuoco il mondo!». Niente paura, interveniva il giornalino: «La sorella Italia veglia a difesa della civiltà. La vedremo». In quei racconti campeggiava un ragazzo-soldato, terrore dei rossi e presidio della Fede. Si chiamava Diego Ribera. La serie s´intitolava L´eroe di Villahermosa.
La partecipazione del settimanale alla Seconda guerra mondiale avrà un tono in parte diverso. di scena, adesso, la tecnologia che esalta le gesta umane. «L´atto più sublime è formare della propria macchina, della propria arma e del proprio corpo un proiettile e lanciarsi contro il bersaglio». I redattori sfruttano a fondo la potenzialità umoristica (ahimè scarsa), offerta dal conflitto. Domina la figura dell´infingardo «inghilese» dai cinque pasti, con chiome color polenta e lunghi denti gialli. L´anglofobia si sfoga in filastrocche («Re Giorgetto d´Inghilterra - ha paura della guerra. - Chiede aiuto e protezione - al ministro Churchillone»). La satira anti-americana ispira una serie intitolata Mister Dollar. Antichi eroi si esprimono in chiave di attualità: «Sor Pampurio è arcicontento - d´esser qui per sfollamento, - né la moglie sua si lagna - di risiedere in campagna».
Dell´efficacia di simili sorrisi politici si può dubitare. Scrive sul Bertoldo Giovanni Mosca, un umorista sottile che in anni più tardi dirigerà proprio il Corriere dei Piccoli: «Come c´è una retorica per adulti, c´è quella per ragazzi, e con questi la retorica attacca meno ancora che con quelli». il febbraio del ”43. Si prevedono tempi cupi. Pochi hanno voglia di scherzare.
Nel dopoguerra il virtuale monopolio del settimanale milanese volgerà al tramonto. Il ritorno delle funny pictures americane, epurate durante il conflitto, non basta a ridargli smalto. La concorrenza lo assedia. Le creazioni di Walt Disney - a cominciare da Topolino (Mickey Mouse), anche lui sloggiato in tempo di guerra e surrogato da un ricalco nostrano, Tuffolino - dominano ormai nel mondo dei fumetti non più mascherati da poesie. Si consolidano sul mercato testate più recenti, come Il Vittorioso, L´Avventuroso, L´Intrepido. Nel campo della tipizzazione umoristica, le aggrovigliate tavole di Jacovitti - che aveva esordito nel ”40 sul Vittorioso, con una serie dal titolo Pippo e gli Inglesi - dimostrano che i bambini ridono ormai in modo diverso.
Si sviluppa una nuova iconografia, quella della «maniera forte» a fumetti. La capeggia Dick Fulmine: un incrocio fra Superman e Li´l Abner, rifatto sulla figura di Primo Carnera. L´illusionista Mandrake - una vedette dell´Avventuroso - richiama schiere di cultori. Le edicole si gremiscono di albi d´avventure. Si esibiscono nuove coppie, come quella formata da Nembo Kid e dalla sua partner Nembo Star, mentre gli Albi di Urania eccitano le curiosità dell´infanzia tra fantascienza e robotica.
L´epoca d´oro del Corriere dei Piccoli si avvia così a diventare un ricordo. Dei suoi ottantacinque anni di vita, quelli davvero leggendari si collocano nella prima metà. Nell´era della fumettizzazione universale, il settimanale dei bimbi borghesi può paragonarsi a una bestiola da salotto che si svegli in una foresta popolata da uno zoo che non le somiglia... Va detto che il Corriere dei Piccoli ce la metterà tutta per non passare di moda. La sua battaglia per cambiare restando se stesso sarà lunga e faticosa. Sbandando rispetto alle proprie origini, esso attenuerà quell´approccio "bambinocentrico" che è stato tutto suo. Accorderà spazio a fotografie di attualità. Coltiverà la cronaca romanzata, in rubriche del tipo Al di là del verosimile. Inclinerà al genere "serio" raccontando episodi della Resistenza. Rievocherà a puntate la storia d´Italia. Rivisiterà le avventure di Don Chisciotte. Si rifarà all´Odissea e alla Bibbia. Ricorrerà al filone western col mettere in scena - anni Settanta - un pistolero tonto e fortunato, Lucky Luke.
Chi consulta le annate d´addio del glorioso settimanale, a quasi un secolo dalla nascita e a quindici anni dalla sua scomparsa, incontra un prodotto non più concepito per schiere di «piccoli amici» da divertire, ma cucito sulla misura di un pubblico da conquistare al consumismo universale. Quiz a premi, réclame di merendine, bolidi di formula uno che emettono rombi terrificanti. Adozione di goffi neologismi alla moda. Per meglio presentare un argomento, lo si dice «supertosto». «Idea supermegafavolosa» viene definita l´istituzione di quattro pagine in bianco e nero, dedicate alle «ultimissime dal mondo», e così presentate nell´estate del ”92: «Notiziario settimanale scritto e pensato alla maniera del Corriere della Sera!». Quasi un insulto. Per molto meno, la Tordella avrebbe impugnato il matterello.
Nello Ajello