Marco Belpoliti, La Stampa 25 agosto 2008, 25 agosto 2008
In nessun momento dell’anno s’apprezza la cerniera lampo come durante l’estate. Certo, anche d’inverno abbassare la cerniera di un vestito con un piccolo gesto della mano, invece che cercare di far uscire un bottone alla volta dall’asola, è proficuo, date le temperature rigide
In nessun momento dell’anno s’apprezza la cerniera lampo come durante l’estate. Certo, anche d’inverno abbassare la cerniera di un vestito con un piccolo gesto della mano, invece che cercare di far uscire un bottone alla volta dall’asola, è proficuo, date le temperature rigide. Tuttavia viviamo da alcuni decenni in case super-riscaldate, e dunque la velocità con cui ci spogliamo - o spogliamo un altro o un’altra - è davvero relativa. Il fatto è che la temperatura estiva e l’aumento di incontri erotici tipico della stagione - l’estate come stagione del sesso contrapposta all’autunno e all’inverno stagioni dell’amore - rendono la cerniera, inventata nel 1893 da Whitcomb Judson, molto utile. In origine lo zip era una sorta di «chiudi-ganci» con cui si allacciavano le scarpe: due file di gancetti metallici dall’aspetto sgraziato, chiusi da un cursore di metallo, assai differenti dallo zipper attuale. A causa della loro bruttezza, e scarsa efficienza, rimasero confinati alle calzature. Tuttavia Gideon Sundback, uno svedese immigrato in America, racconta William Willes in Phaidon Design Classic, in cinque anni di lavoro nel 1913 riuscì a ridurre l’invenzione di Judson, diminuendo le proporzioni del design: portò a dieci per pollice (2,54 cm) il numero dei «denti» e da buon americano mise anche a punto un sistema per produrlo industrialmente. Tuttavia, anche perfezionato, il nuovo «oggetto» rimase legato alle scarpe sino a che una società, la BF Goodrich, nel 1923 decise di usarle per le sue galosce. Lì nacque anche il nome: zipper, da cui zip, per la velocità con cui si chiudevano e per il rumore: onomatopeia della cerniera. L’inventore del nome fu uno dei responsabili del marketing della Goodrich. Dalle scarpe ai vestiti il passo è breve. Prima i vestitini dei bambini - diventati più rapidi da far indossare -, poi i pantaloni maschili - stesso problema -, e quindi gli abiti femminili: la praticità al potere. Lo zip, scrive giustamente Willes è qualcosa di più di un oggetto: mobilita un intero immaginario collettivo. Senza lo zip non ci sarebbero i vestiti dei motociclisti, che alimentano sia l’immaginario macho sia quello gay, e poi l’abbigliamento punk degli Anni 70 (Malcolm McLaren e Vivienne Westwood), dove la cerniera trionfa: i denti metallici contro i bottoni borghesi. La lampo accende molte fantasie erotiche: maschili e femminili. L’attore che passa la mano sulla schiena di lei, e le abbassa la cerniera del vestito, in una scena del film arriva solo negli Anni 60 (con qualche eccezione nei film americani degli Anni 40), mentre la mano di lei (ma anche di un lui), che corre veloce sulla lampo dei calzoni di lui, appare sugli schermi dopo il Sessantotto, e non solo nel cinema porno. La zip è senza dubbio un oggetto bisex. Mentre tutta la moda si femminilizza, la cerniera lampo conserva un elemento di bisessualità. Non è infatti un caso che sia stata scelta dagli stilisti punk per chiudere (o aprire) gli abiti. La moda punk ha perseguito per oltre un decennio l’ibridazione di maschile e femminile, la loro provocatoria confusione. Merito della lampo? Di certo ha contribuito al cambio di costume. Probabilmente per questo ad un certo punto nei jeans della Levis si è tornati al bottone, allo scomodo e ruvido bottone di metallo tipo «pioniere». Qualcuno ha sentito il bisogno di rimarcare l’estetica maschile, rendendo in questo modo difficile l’azione di uomini e donne. Potenza dello zip, al negativo. Stampa Articolo